Per accedere al suicidio assistito, una donna è costretta a sottoporsi ad un trattamento di sostegno vitale

Per Filomena Gallo si tratta di “una tortura di Stato chiamata trattamento di sostegno vitale obbligatorio”. Marco Cappato auspica che, sul tema, la prossima sentenza della Consulta faccia chiarezza

Toscana. Una donna di 54 anni affetta da sclerosi multipla progressiva ha diffidato l’azienda sanitaria competente per averle negato l’accesso alla morte assistita sulla base del fatto che, per potervi accedere, secondo la sentenza costituzionale Cappato-Antoniani (242/2019) occorre essere “tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale”.

Alla paziente, totalmente paralizzata, era stata prescritta la PEG, ovvero la nutrizione artificiale, in quanto costantemente a rischio di vita per polmonite da soffocamento. La paziente aveva rifiutato l’inserimento della PEG, in quanto, nella sua condizione, era considerata un accanimento terapeutico a cui non si voleva sottoporre.

Filomena Gallo, avvocata e Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, a cui la donna si è rivolta dichiara:

Il diritto di rifiutare trattamenti anche salvavita è previsto dall’articolo 32 comma 2 della Costituzione nonché dalla legge 219/2017.

Il parere di maggioranza del Comitato etico competente, riconosce tutte le condizioni previste dalla Consulta presenti, poiché la signora necessita dell’alimentazione artificiale ma la rifiuta senza che il requisito previsto dalla Corte venga meno, è sufficiente l’indicazione clinica con la prescrizione della PEG a caratterizzare le circostanze di una situazione equivalente a quelle dell’effettivo posizionamento della stessa.

La Commissione Aziendale dell’ azienda sanitaria toscana invece afferma che se la paziente avesse accettato la PEG, allora avrebbe avuto diritto alla morte assistita, prospettando dunque l’obbligo di sottoporsi ad un trattamento sanitario contro la sua volontà per poi poterlo interrompere.

Riteniamo quest’ultime affermazioni gravissime in quanto si vuole far passare il messaggio che per poter fruire di un diritto costituzionale occorre sottoporsi ad una tortura, ovvero ad un trattamento sanitario invasivo contro la propria volontà.

Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e presidente dell’Associazione Soccorso Civile, conclude: “il requisito del trattamento di sostegno vitale per poter ottenere l’aiuto alla morte volontaria determina anche queste situazioni di paradossale e assurda violenza che non fanno altro che amplificare le sofferenze di chi già si trova in condizioni irreversibili o terminali gravissime. Nonostante la condizione della paziente toscana sia chiara e il rifiuto dell’azienda sanitaria sia in palese violazione dei suoi diritti costituzionali, la prossima sentenza della Corte costituzionale sul trattamento di sostegno vitale sarà fondamentale anche per sciogliere definitivamente queste interpretazioni illegittime del requisito”.