Testamento Biologico: valutazioni dell’Associazione Luca Coscioni sul testo

Camera dei Deputati - Esterno Montecitorio

In questa pagina ci riferiamo al testo base del 7 dicembre 2016 uscito dal comitato ristretto coordinato dalla relatrice Lenzi e proposto alla Commissione Affari Sociali della Camera

Il testo base presentato dalla relatrice Lenzi è una buona base di discussione perché in particolare supera positivamente due elementi particolarmente negativi del Ddl Calabrò presentato nella scorsa legislatura. Lo fa prevedendo:

  1. la possibilità di sospendere nutrizione e idratazione artificiale;
  2. la vincolatività delle disposizioni – non solo quindi “dichiarazioni” – anticipate di trattamento.

Uno dei punti di maggiore criticità che riteniamo indispensabile inserire è il diritto ad esigere la sedazione palliativa profonda continua, sul modello della recente legge francese.

Complessivamente, i miglioramenti che si ritengono indispensabili sono i seguenti:

  1. rapporto medico-paziente;
  2. consenso informato;
  3. forma delle DAT;
  4. sedazione palliativa profonda continua;
  5. rispetto delle DAT.

RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE

All’articolo 1.2 viene “promossa la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico il cui atto fondante è il consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza professionale, l’autonomia e la responsabilità del medico”. Riteniamo che la competenza professionale del medico – meglio sarebbe parlare sempre di “sanitario” per includere anche tutte le altre categorie impegnate nella cura – è comunque un prerequisito essenziale del medico, da considerarsi ovvio e pertanto pleonastico riportare. L’autonomia del medico può invece scontrarsi con quella del paziente: se sono in contrasto – cioè il punto fondamentale della questione in oggetto – quale deve prevalere? Il rapporto, così come costruito in questo comma, è sbilanciato verso il medico, il quale facendo forza sulla propria autonomia potrà sempre impedire l’esercizio del diritto del paziente. Viene infine citata la responsabilità del medico: questa può essere diversamente interpretata. Si intende come una responsabilità contrattualistica? In questo caso è già regolata dal diritto civile e non necessita di ulteriori conferme. Oppure è un’ulteriore garanzia che si vuole dare all’autonomia del medico? E’ evidente che il rapporto medico-paziente così come descritto nel comma è sbilanciato fortemente a favore del medico anche solo per la molteplicità di elementi inseriti (competenza professionale, autonomia, responsabilità) rispetto al solo riferimento dell’autonomia del paziente.

All’articolo 4.1 si dice che “Nella relazione tra medico e paziente di cui all’articolo 1, rispetto all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante, può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità”. Questo riteniamo sia uno dei passaggi più delicati della proposta di legge, soprattutto l’aggettivo “condivisa”. Se poniamo come condizione essenziale la condivisione da parte di entrambi gli attori in causa – medico e paziente – per attuare una pianificazione terapeutica, è ovvio che qualora la condivisione non  sia raggiunta, vi sarà una inevitabile prevalenza della posizione del sanitario. Il medico, sia non applicando una terapia, sia rifiutando di sospenderla come eventualmente richiesto dal paziente, di fatto impone a quest’ultimo la sua volontà. Facendo ciò il paziente non vedrà rispettata la propria volontà. Riteniamo fondamentale eliminare l’aggettivo “condivisa” riferito alla pianificazione. Mentre è sottinteso che la stessa pianificazione proposta dal paziente nasca necessariamente dall’informazione che il sanitario è tenuto a fornirgli, come anche inteso dai successivi articoli 4.2 e 4.3.

CONSENSO INFORMATO

L’articolo 1.3 recita: “Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di ricevere le informazioni in sua vece. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l’eventuale indicazione di un incaricato vengono registrati nella cartella clinica o nel fascicolo elettronico”. Qui non è chiaro se è prevista la possibilità che il paziente non solo rifiuti di conoscere la informazioni che lo riguardano, ma anche che indichi una persona di riferimento. La questione, per quanto assai rara nella pratica, è invece attualmente molto discussa a livello bioetico, come argomento accademico filosofico. Una soluzione potrebbe essere che, qualora il paziente rifiuti di conoscere le informazioni che lo riguardano, ed anche di  indicare una persona di riferimento, sia automaticamente affidato al giudizio dei sanitari che potrebbero a loro volta affidarsi – per gli aspetti più delicati rilevanti e dirimenti – al giudice tutelare.

FORMA DELLE DAT

L’articolo 1.4 riguarda il consenso informato “in forma scritta ovvero, nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, mediante strumenti informatici di comunicazione”. Questi ultimi andrebbero previsti a prescindere dalle condizioni fisiche del paziente. La Cassazione addirittura, nel caso Englaro, non ha posto di fatto alcun limite alle modalità di espressione in materia del soggetto, tanto che ne ha riconosciuto addirittura la “ricostruibilità” da testimonianze o scritti generici. Pertanto non limiteremmo la vincolatività alla sola forma scritta.

La prima parte dell’articolo 3.1 dice: “Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di una propria futura incapacità di autodeterminarsi può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento (“DAT”), esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali”. La prima parte di questo comma può essere interpretata in senso limitativo, ossia che solo coloro che hanno una prevedibile futura incapacità – ovvero coloro a cui viene fatta una determinata diagnosi – possono stilare le proprie DAT. Il dettato sembra escludere coloro che comunque vogliono esprimere volontà in materia di trattamenti sanitari pur essendo esenti da patologie significative. Sempre in questo comma vengono citate “convinzioni e preferenze” che sembrano creare ambiguità sulla vincolatività di quanto espresso dalla persona.

SEDAZIONE PALLIATIVA PROFONDA CONTINUA

L’articolo 1.6 recita che “il rifiuto del trattamento sanitario indicato o la rinuncia al medesimo non possono comportare l’abbandono terapeutico. Sono quindi sempre assicurati il coinvolgimento del medico di famiglia e l’erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15 marzo 2010, n. 38”. Non essendo esplicitamente citata nella legge 38/2010, riteniamo sia qui opportuno un riferimento alla sedazione palliativa profonda continua. L’argomento è stato oggetto di un ampio recente dibattito in Francia dove è stata alla fine promulgata la nuova legge sul fine vita che appunto introduce un riferimento chiaro sull’erogazione della sedazione palliativa profonda continua.

RISPETTO DELLE DAT

All’articolo 1.8 si dice che “nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico assicura l’assistenza sanitaria indispensabile, ove possibile nel rispetto della volontà del paziente”. Questa formulazione appare ambigua: la situazione di urgenza o emergenza non può infatti esimere il medico dal rispetto della volontà del paziente qualora queste gli siano prontamente note. Poniamo l’esempio di avere un paziente affetto da una patologia neurodegenerativa (come lo era Piergiorgio Welby) e che questo abbia espresso il rifiuto ad essere sottoposto ad un trattamento respiratorio invasivo. Giungendo in un Pronto soccorso, incapace di esprimersi, in condizioni cliniche tali che il collegamento al ventilatore si ponga come rimedio utile, ancorché esplicitamente rifiutato in un documento reso disponibile nell’immediato al sanitario che lo riceve, non dovrà essere sottoposto a tale trattamento. Il presente comma invece sembra dispensare il sanitario dall’osservanza del documento.

All’articolo 3.3 viene previsto che “il medico è tenuto al pieno rispetto delle DAT le quali possono essere disattese,  in tutto o in parte, dal medico, in accordo con il fiduciario, qualora sussistano motivate e documentabili possibilità, non prevedibili all’atto della sottoscrizione, di poter altrimenti conseguire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”. Riteniamo sia invece meglio lasciare alla sola discrezionalità del fiduciario – informato dal medico – la decisione di disattendere le DAT del paziente in virtù di nuove possibilità terapeutiche intervenute successivamente alla compilazione delle DAT, tali da ritenere che il compilante non ne abbia potuto ragionevolmente tenere conto. Diversamente si creerebbe un conflitto tra curante e fiduciario che necessariamente vedrebbe soccombere il secondo, cioè l’unico vero e riconosciuto interprete del volere del paziente. Inoltre lasciando discrezionalità al medico, questi potrebbe sempre appellarsi a nuove, rare, sperimentali ancorché incerte terapie per aggirare ed escludere l’applicazione della volontà del paziente.