“Sull’interruzione volontaria di gravidanza ancora troppe disparità regionali”

AMICA e Associazione Luca Coscioni commentano la Relazione al Parlamento sullo stato dell’applicazione della legge 194.

Le due associazioni al Ministro Roberto Speranza: “Richiami i Presidenti delle Regioni al dovere istituzionale di garantire la piena applicazione della legge”.

Il 16 settembre è stata resa nota sul sito del Ministero della Salute la relazione al Parlamento del Ministro della Salute sullo stato di applicazione della legge 194, che risulta trasmessa al Parlamento in data 30 luglio 2021 e che riporta i dati definitivi relativi all’anno 2019 e quelli provvisori relativi all’anno 2020. Ad oggi non risulta ancora pubblica l’analoga relazione del Ministero della Giustizia, ferma ai dati relativi al 2018.

La relazione conferma la tendenza alla riduzione del numero di interruzioni di gravidanza rispetto agli anni precedenti; questo dato, che colloca l’Italia, nei confronti internazionali, tra i paesi con più bassi tassi di abortività, viene costantemente letto come conferma della bontà e del buon funzionamento della legge, ma a nostro avviso potrebbe anche essere il segnale invece di una difficoltà di accesso all’aborto, che in alcuni casi può tradursi nel ricorso a pratiche al di fuori della legge”, hanno dichiarato Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Mirella Parachini, ginecologa e vicesegretario dell’Associazione Luca Coscioni e Anna Pompili, consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni e cofondatrice AMICA.

“A tal proposito, ci convince poco l’affermazione di una sostanziale esiguità e stabilità del fenomeno dell’aborto clandestino: in primo luogo perché se le stime indicano una relativa stabilità dei numeri relativi all’abortività clandestina, a fronte della diminuzione del numero totale di interruzioni volontarie di gravidanza, ne deriva un aumento percentuale delle procedure al di fuori della legge. In secondo luogo, perché riteniamo non significativi molti degli indicatori presi in considerazione dall’ISTAT, che non recepisce la sostanziale differenza, in particolare in termini di pericolosità e complicazioni, tra aborto clandestino chirurgico, praticamente ormai abbandonato, e aborto clandestino farmacologico”.

“Colpisce il dato relativo alle vendite dei contraccettivi di emergenza ormonali, che hanno sfiorato le 550.000 confezioni nel 2019, quando la prescrizione medica era ancora obbligatoria per le minori. Un dato che dovrebbe far riflettere sulla necessità di una reale promozione della salute sessuale e riproduttiva, che passa, in primo luogo, attraverso la gratuità dei contraccettivi sicuri, per tutte/i.

Nel complesso, la relazione sottolinea come l’autonomia regionale si traduca troppo spesso in disuguaglianze e difficoltà, che possono rendere irto di ostacoli il percorso di interruzione volontaria di gravidanza; in alcuni casi, tale autonomia viene persino invocata per giustificare la non applicazione, se non addirittura l’aperta violazione, del dettato della legge 194.

Chiediamo pertanto al Ministro della salute Speranza di richiamare i Presidenti delle regioni al dovere istituzionale di garantire la piena applicazione della legge 194 e di facilitare l’accesso alla contraccezione sicura. A lui e al ministro dell’Istruzione e della ricerca chiediamo inoltre di subordinare l’accreditamento degli insegnamenti universitari di medicina, e in particolare delle specializzazioni di ginecologia e ostetricia a programmi di insegnamento che includano obbligatoriamente tutti gli aspetti della salute sessuale e riproduttiva, compresi interruzione volontaria di gravidanza, contraccezione, procreazione medicalmente assistita.

L’emergenza legata alla pandemia SARS CoV-2 ha reso più stridenti le enormi differenze e le disuguaglianze tra le varie aree nel nostro Paese: “In alcuni casi è stata indicata dalle Regioni l’autonoma decisione di alcune strutture di riduzione del numero di interventi settimanali (in 4 Regioni), di sospensione delle procedure di interruzione volontaria di gravidanza farmacologica (4 Regioni) e di quella chirurgica (2 Regioni)”( p. 15 Relazione al Parlamento).

Nel 2019 il metodo farmacologico, è stato adottato nel 24,9% del totale delle IVG. Non sono stati fatti, in questo caso, confronti con gli altri paesi, ma è evidente come questo dato, che ci colloca tra gli ultimi nei confronti internazionali rappresenti di fatto l’impossibilità, per molte donne, di scegliere il metodo per l’interruzione volontaria di gravidanza, soprattutto nelle regioni che hanno apertamente dichiarato la loro ostilità all’aggiornamento delle linee di indirizzo ministeriali. Queste ultime hanno certamente comportato importanti cambiamenti, le cui ricadute saranno però visibili nelle rilevazioni dal 2020 in poi. Senza dubbio, l’introduzione del regime ambulatoriale è stata importante, ma vi è il grande rischio che non si traduca in una reale modificazione della pratica clinica. Proprio per questo, ribadiamo la necessità che le regioni, le Aziende ospedaliere e le ASL, oltre alle università, si impegnino realmente nella formazione e nell’aggiornamento del personale, come previsto dall’articolo 15 della stessa legge 194.

Ci rallegriamo per la lieve ma significativa riduzione della percentuale dei ginecologi obiettori, che nel 2019 erano il 67% del totale, a fronte del 69% nel 2018. Tuttavia, si evidenzia una enorme difformità tra le varie regioni, tra le quali si toccano punte dell’80-90%. Rifiutiamo, nella valutazione del fenomeno dell’obiezione di coscienza, il modo davvero troppo semplicistico, basato sul numero di procedure eseguite, con cui viene valutato il carico di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore;  si sminuisce, in tal modo, il valore di un lavoro che non si esaurisce nella mera esecuzione della procedura abortiva, ma che comporta un impegno professionale molto più gravoso di quello riconosciuto dalla relazione ministeriale.

L’ultimo punto critico riguarda i consultori: come ogni anno se ne sottolinea il ruolo centrale e tuttavia la bozza di riforma dell’assistenza territoriale nell’ambito dei progetti del PNRR ne prevede una disastrosa riduzione di numero, che ne snaturerebbe le funzioni.

L’Associazione Luca Coscioni e AMICA rinnovano il loro impegno per la piena applicazione della legge 194/78 e per la modifica di alcuni suoi punti, ormai necessaria per garantire realmente alle donne un diritto troppo spesso dimenticato.