Ru486/Viale “falso scoop del settimanale. Gasparri da querela. Leggete la 194″

silvio vialeDichiarazione di Silvio Viale, ginecolo e membro di direzione dell’Ass. Coscioni

Il settimanale Tempi ha scoperto l’acqua calda con un falso scoop. Che in Italia le donne non stiano in ospedale è ampiamente noto. Nell’ultimo anno l’ho detto in congressi scientifici a Roma, Firenze e Modena, e l’ho ripetuto in tutte le occasioni. Non era un segreto, non viola la legge 194 e, cosa più importante, da un punto di vista sanitario non comporta, e non ha comportato, più problemi del’aborto chirurgico.

Da quanto riportato nel servizio sono chiare due cose. La prima è che la finta paziente ha solo chiesto informazioni, in particolare se avesse dovuto rimanere in ospedale, senza attivare alcuna delle procedure previste dalla 194. La seconda che nella redazione del settimanale Tempi non hanno mai letto la 194 e devono conoscerla solo per le dichiarazioni di agenzia di Gasparri. Non sorprende, peraltro, che proprio Gasparri abbia subito rilanciato la sua proposta di un’inchiesta sulla Ru486 accusando gli operatori di “somministrarla senza cautele”.

Sarebbe da querela, ma preferisco lasciare perdere perché io non temo la prova del nove della pratica clinica e perché la sua commissione è destinata a finire nel ridicolo. Attendo con trepidazione il giorno in cui dovrà convocare l’EMEA, l’OMS e i responsabili della sanità dei paesi che utilizzano la RU486 da un ventennio. Voglio solo ricordare alla redazione di “Tempi” come la 194, all’articolo 8, dica che “l’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico ginecologico presso un ospedale generale” e che le leggi valgano per quello che c’è scritto. Sorvolando sul fatto che “presso” debba riferirsi al “medico del servizio ginecologico”, il fatto che “l’interruzione” (cioè l’azione abortiva attiva) sia “praticata” “presso un ospedale generale” non implica che la donna debba rimanere in ospedale al di là delle esigenze cliniche. Più avanti, sempre all’articolo 8, prevede la possibilità di “poliambulatori pubblici” e conclude con un eloquente “se necessario, il ricovero”.

Che l’aborto medico sia incompatibile con la 194 è raccontato dalla propaganda antiabortista e ripreso da chi la condivide o non ha mai letto la legge. Basti citare che le inchieste di Torino (Ospedale S.Anna) e Milano (Ospedale Buzzi) sono state archiviate, che nessuna donna è stata indagata come non è stata aperta alcuna indagine della magistratura nelle altre regioni che l’hanno utilizzata (Emilia Romagna, Toscana, Marche, Puglia e Provincia di Trento).