Ru486 – Viale “Dall’Avvenire campagna mistificatoria. L’Aifa svolga il suo compito scientifico senza condizionamenti politici.”

REPLICA ALL’AVVENIRE: RU486 FARMACO SICURO ED EFFICACE COME HA RIBADITO L’EMEA NEL 2007. Alla vigilia della valutazione della richiesta di registrazione del Mifepristone (RU486) Silvio Viale, consigliere generale dell’Associazione Coscioni e esponente del comitato nazionale di Radicali Italiani, denuncia la campagna mistificatoria condotta dall’Avvenire per tentare di condizionare l’informazione.

Trattandosi di una Procedura europea mutuo riconoscimento, che si basa su solide evidenze scientifiche, su una ventennale esperienza europea e sulla recente revisione della scheda della Ru486 da parte dell’Agenzia Europea (EMEA), approvata dalla Commissione europea nel giugno scorso, le questioni scientifiche e quelle legate alla sicurezza ed all’efficacia del farmaco sono fuori discussione. Con il Portogallo la RU486 è registrata in 13 paesi della ex-Europa dei 15 (manca solo in Italia e in Irlanda), lo è già in altri paesi e presto sarà registrata in altri.

In venti anni di storia la pratica clinica ha sempre superato le polemiche. Nel 2007 l’Agenzia Europea del Farmaco (EMEA) e la FDA hanno ribadito la sicurezza del farmaco. L’OMS ha confermato il mifepristone nella lista dei farmaci essenziali.

Nella nuova scheda sul mifepristone, la cui procedura di revisione ha impegnato l’EMEA dal dicembre del 2005 al marzo del 2007, il limite per l’aborto medico è elevato da 49 a 63 giorni (da 7 a 9 settimane) e sono state approvate altre 3 indicazioni (preparazione del collo dell’utero per l’aborto chirurgico, preaparazione del collo dell’utero per l’aborto terapeutico e induzione del travaglio in caso di morte endouterina.

Anche grazie al fatto che le polemiche hanno sconsigliato la ricerca su altre centinaia di molecole analoghe, la RU486 è oggi il farmaco antiprogestinico e antiglucocorticoide più studiato, proprio perché è stata dimostrata la sua sicurezza nell’uomo. Oggi la RU486 è sperimentata per applicazioni in oncologia, ostetricia, ginecologia, psichiatria, endocrinologia, ostetricia e ginecologia, come è facilmente verificabile leggendo l’elenco degli studi ufficialmente in corso registrati su www.clinicaltrial.gow.

Nonostante le evidenze scientifiche e cliniche l’Avvenire guida una campagna di stampa per impedire la registrazione del mifepristone in Italia.

Silvio Viale, il medico ed esponente radicale, che nel 2001 chiese per primo di potere utilizzare la RU486, che nel 2005 avviò uno studio clinico al S.Anna di Torino e che questa mattina ha avuto un confronto radiofonico con Eugenia Roccella a “Vivavoce” su Radio 24, interviene per contrastare le manipolazioni dei “dossier” dell’Avvenire:

“Vorrei ricordare che la vicenda italiana della RU486 nasce come richiesta sanitaria e che sono stati gli oppositori a portarla in politica. La lobby politica dei favorevoli, che Eugenia Roccella e Luca Volontè, continuano a mettere all’indice, è nata per reazione La mia prima richiesta del 2001 fu alla direzione sanitaria del S.Anna e la studio clinico proposto e realizzato seguì l’iter previsto per le sperimentazioni cliniche, fino all’intervento “politico” del ministro Sirchia che mandò gli ispettori e con le intenzioni del ministro Storace di bloccare tutto.

Dal settembre del 2005, oltre 2000 donne italiane hanno potuto utilizzare la RU486 in ospedali di almeno sei regioni e centinaia lo hanno fatto recandosi nei paesi confinanti.

Il quotidiano l’Avvenire continua a elencare con gran risalto un elenco di donne decedute in relazione alla Ru486, inserendovi casi diversi. A riguardo, mi basterebbe citare la scheda dell’EMEA e la posizione della FDA (quest’ultima citata anche nella review pubblicata dal bollettino dell’AIFA di ottobre 2007), che li considerano eventi rari, la cui realzione con laRU486 non è provata, ma potrebbe sembrare uno svicolamento.

In un intervento pubblicato su Obstetrics &Gynecology, la rivista scientica dell’America College of Obstetricians and Gynecologists – ACOG), commentando nuove segnalazioni nell’ambito del sistema di sorveglianza messo in piedi dalle agenzie statunitensi, David Soper riporta come il rischio di mortalità per aborto medico sai stimabile in 0,8 per 100.000, non dissimile da quello per aborto spontaneo che è di 0,7 per 100.000. Lo stesso autore riporta come la mortalità in gravidanza a termine negli USA sia 12,1 per 100.000.

Nella tabella si riportano i rischi di mortalità in ostetricia negli USA.

MORTALITA’ per 100.000 in USA
Aborto legale

0.57 – 0,8

Aborto chirurgico < 9 settimane

0,1

Aborto chirurgico 9 – 10 settimane

0,2

Aborto medico

0,7 – 1

Aborto spontaneo

0,7 – 1,2

Gravidanza a termine

7,1 – 13,2

Gravidanza extrauteria

31,9

Morte endouterina

96,3

Globale in gravidanza

5,6-7,4

Come si vede il rischio che si verifichi un evento mortale, sebbene raro, è sempre presente in caso di aborto, ma è minore di quello che si corre in gravidanza. Ogni anno in Italia, per esempio, da 30 a 50 donne muoiono per la gravidanza. E’ quindi scorretto limitare la comparazione tra aborto chirurgico e medico, come se la scelta del medico dipendesse solo dal rischio relativo di mortalità. Non solo perché, quando si afferma che il rischio di morte per aborto medico è dieci volte superiore a quello per aborto chirurgico, bisognerebbe dire anche che il rischio di morte in gravidanza è 100 volte quello dell’aborto chirurgico, ma perché sono altre le valutazioni che occorre considerare di fronte ad una gravidanza non desiderata.

Inoltre i casi di mortalità associati al Clostridium sono 8 (sette negli USA e 1 in Canada) e nessuno in altri paesi. Da quando si è posta l’attenzione sul Clostridium sordellii si è osservato che è causa di shock settico in parecchi campi della medicina e che è particolarmente fatale in ostetricia e in neonatologia, sebbene i casi siano sempre da considerare rari. Peraltro, non è vero, come sostiene l’Avvenire che si discuta se attuare una profilassi di routine con antibiotici per l’aborto medico, se non nei termini con cui si discute da trenta anni per l’aborto chirurgico.

Solo in Inghilterra si fa la profilassi di routine, pur ammettendo che non vi sono evidenze a favore, mentre negli USA e negli altri paesi non la si fa. Per rassicurare l’Avvenire riporto come al S.Anna di Torno da circa un anno attuiamo la profilassi antibiotica di routine. L’Avvenire deve, però, sapere che i farmaci utilizzati per la profilassi, in Italia come in Inghilterra, non sono efficaci verso il Clostridium.

Attualmente le morti indagate per shock settico da Clostridium in relazione alla RU486 sono 8 (7 negli USA e 1 in Canada), sei erano note al momento della pubblicazione del Bolettino AIFA di Ottobre, due sono state segnalate ad ottobre. Il caso cubano, riportato dall’Avvenire, la cui comunicazione avvenne a Roma durante il congresso della FIAPAC, non centra nulla con la RU486.

La questione della mortalità, anche qualora dovesse essere confermata la stima USA di 0, 8 per 100.000, è irrilevante rispetto alle problematiche della registrazione per mutuo riconoscimento in Italia della RU486.

Allo stesso modo, sono esagerate le descrizioni sulla sintomatologia, poiché un terzo delle donne ha una sintomatologia poco superiore a quella del flusso mestruale, un altro terzo facilmente sopportabile e solo un terzo avrà bisogno di farmaci sintomatici, con un 5% che ha bisogno dell’intervento chirurgico. Nel caso dell’aborto chirurgico il dolore può essere importante e persistere a lungo, nonostante l’effetto analgesico dell’anestesia locale o generale, e l’1% deve ripetere l’intervento. Si tratta di due tra gli interventi più sicuri in medicina, con un basso tasso di complicazioni per entrambi, che non possono implicare l’esclusione dell’uno a svantaggio dell’altro.

Sulle questioni legali, gli oltre 2000 casi italiani testimoniano come non vi sia incompatibilità con la legge italiana, e sarebbe opportuno che l’IVG venisse considerato dai politici e dai responsabili sanitari con gli stessi criteri che si utilizzano per gli altri interventi, piuttosto che continuare a relegare l’aborto ai margini della sanità, dell’aggiornamento e della ricerca. Sulla vicenda giudiziaria, che mi vede coinvolto e che è iniziata nel gennaio del 2006, ribadisco la fiducia nella magistratura torinese che ha concluso le indagini preliminari. Mi limito a far notare come una inchiesta analoga, che riguardava l’Ospedale Buzzi di Milano, sia stata archiviata e che nessuna inchiesta sia stata aperta in quelle regioni ove si sono adottati i protocolli torinesi, con le donne che vanno a casa tra la prima e la seconda somministrazione, rimanendo in ospedale dopo la somministrazione della prostaglandina. A proposito, debbo ricordare all’Avvenire che una delle due prostaglandine autorizzate dall’EMEA, il gemeprost, è gia registrata ed utilizzata in Italia per l’aborto, mentre la seconda, il misoprostolo, è registrata per questa indicazione in Francia ed è utilizzabile in Italia come farmaco “off label”.

In conclusione, l’Avvenire dovrebbe proporre il proprio “dossier” direttamente all’EMEA, alla FDA e all’agenzia cinese per i farmaci, poiché non si capisce perché le donne europee, americane e cinesi dovrebbero essere meno tutelate di quelle italiane. Evidentemente è il contrario, poiché alle donne italiane continua ad essere vietata la possibilità di scelta, condannandole indiscriminatamente all’aborto chirurgico.

Non ho dubbi che l’AIFA, rimanendo su un piano scientifico e sanitario, non potrà che confermare la registrazione mantenendosi sulla falsariga della scheda dell’EMEA sul mifepristone.”