“Quella di oggi e’ una giornata importante anche se, in questo strano paese che e’ l’Italia, ci dobbiamo felicitare per la sperimentazione di un farmaco che da tempo e’ usato in modo ordinario in altre nazioni europee: in Francia dal 1988, in Gran Bretagna ed il Svezia dal 1991, persino negli Stati Uniti dal 2000.
La nostra e’ una battaglia che parte da lontano, dalla fine del 2000 ed oggi finalmente possiamo ringraziare pubblicamente l’ospedale Sant’Anna di Torino di avere avuto la professionalità ed il coraggio di avviare questa sperimentazione; essa segnerà un passo positivo per tutte le donne, consentendo di evitare l’invasività di un intervento chirurgico con l’introduzione dell’aborto farmacologico.
Occorre oggi ricordare la svolta politica importante rappresentata dalla risposta data, nel dicembre del 2000, in Consiglio Regionale dall’allora Assessore Regionale alla Sanità del Piemonte, Antonio D’Ambrosio, che, ad un’interrogazione urgente del gruppo “Radicali – Lista Emma Bonino” a firma mia e del collega Carmelo Palma, ha pubblicamente affermato, con correttezza e con onestà intellettuale, che non vi erano impedimenti di legge ad una sperimentazione pienamente conforme alla legge 194/78: come assessore di AN ed antiabortista dichiarava non poter far altro che, semplicemente, prenderne atto.
Dunque, dopo il parere favore del Comitato Etico Regionale del Piemonte del novembre 2002, ribadito in modo definitivo nel gennaio 2004, dopo il parere favorevole dell’Istituto Superiore di Sanità del marzo 2004, dopo le procedure organizzative della struttura ospedaliera e l’importazione del farmaco, finalmente oggi si è cominciata la sperimentazione con i primi casi concreti di donne che chiedono l’intervento farmacologico in alternativa a quello chirurgico.
Noi radicali piemontesi esprimiamo grande soddisfazione ma attendiamo con ansia, almeno ora, la cascata di richieste di ulteriori sperimentazioni da parte di altri ospedali, altre strutture sanitarie, magari partendo da proprio da quelle delle regioni rosse che, in teoria, avrebbero dovuto essere più attente all’attuazione delle nuove tecniche abortive”.