Resoconto della quinta sessione dell’incontro “Coronavirus, Scienza e Diritti”

“I dati sulla diffusione del virus In Italia diffusi fino ad ora lasciano molte zone d’ombra. Solo attraverso tamponi su un campione rappresentativo è possibile ottenere stime statistiche reali”. Alberto Zuliani, statistico ed ex presidente dell’ISTAT, ha introdotto così il nuovo protocollo di osservazione basato su tamponi a campioni rappresentativi, presentato durante il quinto incontro pubblico online organizzato dalla Associazione Luca Coscioni

Con lui e altri esperti, giuristi, ricercatori, medici e professionisti dell’informazione si è discusso soprattutto della preparazione alla cosiddetta “Fase 2”: come riaprire? Come farlo in sicurezza? E soprattutto, come farlo in maniera trasparente e quindi democratica? A moderare l’incontro, come ogni sabato, i vertici della Associazione Luca Coscioni: Filomena Gallo, Marco Cappato, Marco Perduca e il professor Michele De Luca.


— Scienza e democrazia —

“Per una ripartenza in sicurezza serve il coraggio della scelta”: Marco Gentili, co-presidente della Associazione Coscioni, ha dato il via all’incontro ponendo la questione della responsabilità della politica in questa fase di passaggio. “E’ importante lasciare parlare la scienza, ma a un certo punto è la politica che deve decidere e prendere decisioni”. Il rischio è di sacrificare la discussione democratica di tutto quello che riguarda il il prossimo futuro dei cittadini.

“Senza democrazia, la scienza non serve a niente”, ha osservato Enrico Bucci, PhD Adjunct Professor in Systems Biology Sbarro Health Research Organization della Temple University, “Si possono identificare le migliore tecniche, avere i migliori dati, ma quando tutto ciò deve tradursi in una decisione, la strada è della politica. Così come per le app, ora si è aperta la gara per 150.000 test sierologici. Qual è la strategia di campionamento? Per quale scopo? Manca una discussione pubblica chiara”. 

E’ d’accordo Luigi Montevecchi, medico chirurgo e Consigliere Generale Associazione Luca Coscioni, secondo cui “l’informazione prodotta fino ad ora non ha tenuto conto della democrazia” perché “se è vero che democrazia è trasparenza, il covid-19 ha fatto esplodere il paradigma del caso Italia dove di trasparenza ce n’è poca”. 

Il coraggio delle scelte della politica, dunque. Ma anche dell’informazione. Come ha notato Valentina Petrini, giornalista, anche all’interno del mondo del giornalismo e dell’informazione è necessario un dibattito su come recuperare credibilità. A partire dalla lotta alle fake news, che hanno dominato le prime fasi del racconto dell’epidemia.


— La statistica in aiuto —

Da dove partire per una riapertura in sicurezza dunque? Il desiderio comune, e legittimo, è di conoscere esattamente come si sta comportando l’epidemia. Occorre, quindi, assumere un modello statistico su cui basare la riapertura, che prenda in considerazione, nel conteggio dei contagiati, non solo i dati provenienti dalle strutture sanitarie.

“Ci stiamo muovendo in una zona d’ombra, facendo previsioni improvvisate che non prendono in considerazione lo stato di salute di una fetta enorme della popolazione, come gli asintomatici”, ha commentato Alberto Zuliani, ex Presidente ISTAT, nel presentare il nuovo protocollo proposto insieme ad altri statistici, “Ci appelliamo alle regioni perché considerino l’utilizzo di un test a campione sulla popolazione, che tenga conto sia della sfera di contatti recenti dei contagiati “ufficiali” sia di una selezione di cittadini che conducono una vita frenetica densa di contatti sociali, ma anche di chi invece ha meno contatti esterni”.

Con poche migliaia di tamponi si potrebbe ottenere una stima affidabile della reale diffusione della malattia, invece che basarsi solo sui dati della Protezione civile che – come è noto – rappresentano solo i risultati ottenuti su una parte della popolazione più a rischio.


— Diritti fondamentali —

Una cosa è certa: occorre programmare la riapertura su decisioni democratiche basate sulla scienza. Come ha osservato la dottoressa Valeria Poli, però, “non è stato istituito ancora nessun nuovo fondo per la ricerca scientifica su Covid-19”.

Collegare scienza e politica è, dunque, cruciale e alla base di questo legame devono sempre esserci i diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione. Come ha osservato Vladimiro Zagrebelsky, Direttore del Laboratorio dei Diritti fondamentali di Torino e già giudice della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, infatti, occorre sempre tener presente il principio di livello superiore in nome del quale fino ad oggi si sono ammesse restrizioni (per legge) alle libertà costituzionali: la salute pubblica.

Zagrebelsky ha poi illustrato il quadro entro cui avvengono i sacrifici della libertà personale, in nome di un diritto superiore, quello alla salute appunto, proprio in forza di un principio di “solidarietà effettiva” sancito dall’art. 3 della Costituzione. Zagrebelsky ha poi sottolineato la necessità di un richiamo alla responsabilità individuale nella fase di riapertura e sulle possibilità di limitazioni solo per alcune categorie avverte: “attenzione a non ricorrere a gruppi eterogenei rispetto allo scopo di protezione della salute”. Il rischio è quello di discriminazioni, soprattutto all’interno di categorie molto diverse.


— Salute e sanità —

A condividere un punto di vista interno, sulla situazione attuale nelle corsie di uno dei centri più colpiti dall’epidemia, è stato Mario Riccio, medico rianimatore e anestesista presso l’Ospedale di Cremona e Consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni.

Il dottor Riccio ha spiegato che in Lombardia la situazione delle terapie intensive nelle ultime settimane va sempre meglio, ma si aspetta che la questione etica del triage ora avrà un confronto giudiziario su ospedali e RSA. E sull’ospedale in Fiera a Milano:  “Con i 20 milioni usati per 20 posti letto nell’Ospedale in Fiera si potevano trovare 20 posti letto in case di cura convenzionate. Molte strutture sanitarie private in Lombardia non hanno aperto le sale operatorie per il Covid-19 perché non sono chiamate a farlo dalla convenzione con il Sistema sanitario”.

I pazienti vanno tutelati sempre e comunque: lo ha ricordato anche Stefania Bastianello, Presidente della Federazione Cure Palliative, secondo cui l’emergenza Covid-19 dovrebbe portare ad una valorizzazione del sistema delle cure palliative in Italia, ancora disomogeneo e non sempre garantito. 


— “Immuni contro il virus” —

Sul tema della riapertura, Fulvio Sarzana, avvocato e professore di diritto comparato delle nuove tecnologie, ha introdotto la questione della tecnologia e della app “Immuni”, scelta dal Governo per per il tracciamento del contagio. Sarzana ha ricordato come le cosiddetta app di contact tracing rischiano di non essere attendibili se non vengono scaricate da almeno il 60% della popolazione. “Gli strumenti della tecnologia da soli, se non affiancati a meccanismi “fisici” di prevenzione del contagio, non serviranno a molto”. D’accordo Stefano Quintarelli, informatico ed imprenditore: “Sbagliato caricare di aspettative salvifiche uso di app contro epidemia. La tecnologia è solo uno degli strumenti da mettere in campo”. 

L’avvocato Sarzana ha poi sollevato la questione privacy: “ci sarà una immensa banca dati di informazione sulla salute gestiti da soggetti privati. Quanto tempo verranno conservati? Chi li gestirà? Chi li custodirà? Bisogna saperlo per non comprimere ulteriormente diritti dei cittadini che vanno sempre tutelati”.