Relazione di apertura di Filomena Gallo

Fotografia di Filomena Gallo

Buongiorno! 

Benvenute e benvenuti al XVI Congresso dell’Associazione Luca Coscioni.

Ci tengo in esordio a ringraziare il Magnifico Rettore Stefano Bronzini e il direttore della Facoltà di giurisprudenza Roberto Voza per l’ospitalità di oggi e domani e tutti i responsabili del Politecnico e dello spazio polifunzionale per aver consentito l’organizzazione di incontri tematici nei giorni scorsi qui a Bari (e per le loro parole di poco fa). 

Grazie mille.

Siamo grati e riconoscenti all’Ateneo barese per aver accettato fin da subito di accoglierci per la nostra assemblea generale dei soci. 

Ricambieremo con una serie di proposte che, tanto a livello cittadino quanto a livello regionale o nazionale, speriamo possano vederli coinvolti in prima persona per promuovere l’affermazione dei diritti umani, la conoscenza, il sapere, la libera circolazione della cultura e, naturalmente, la libertà di ricerca scientifica. 

Fiera delle libertà!, 

Sì, l’Associazione Luca Coscioni è fiera delle libertà che ha conquistato e concorso a far affermare. L’ultima la settimana scorsa: a determinate condizioni è adesso chiaramente e finalmente consentito il pieno rispetto dell’articolo 32 della Costituzione. Da questo non si torna indietro!

Fiera della libertà. Sì sono anche particolarmente e, consentitemelo, personalmente molto fiera delle libertà che in questi anni siamo riusciti a guadagnare per chi voleva avere figli, per chi voleva vivere degnamente, con le proprie malattie e disabilità, per chi voleva degnamente porre fine alle proprie sofferenze.

Fiera dei compagni di strada che ci hanno accompagnato e guidato in tutti questi anni e che sono stati fondamentali per ampliare le libertà di scelta e di affermazione delle decisioni personali in Italia. Mina Welby, Marco Cappato, e naturalmente Luca Coscioni, Marco Pannella, Piergiorgio Welby, Fabiano Antoniani e tutti quelli e sono veramente tantissimi che direttamente hanno dato corpo alle speranze di migliaia di persone o le hanno sostenute col loro tempo o i loro soldi. Grazie!

Grazie a tutti. Grazie a tutti noi!

Siamo reduci da una vittoria davanti alla Corte costituzionale che è di portata veramente storica. Una vittoria in primis per Fabiano Antoniani la cui decisione ha innescato tutto questo e di Marco Cappato che ha risposto, anzi corrisposto, a quel desiderio di guadagnare una morte opportuna. Una vittoria che è anche la vittoria del Diritto. 

Con l’incessante lavoro congiunto di un collegio legale di studio e difesa con i colleghi Francesco Di Paola, Massimo Rossi, Irene Pellizzone, Rocco Berardo, Stefano Bissaro, abbiamo agito perché si potesse ampliare il perimetro delle libertà di scelta in Italia. E non solo per chi era imputato nel processo a Marco Cappato ma per tutti quelli che purtroppo si trovano nelle condizioni in cui era Fabiano. Voglio anche ringraziare la madre Carmen e la compagna Valeria che gli e ci sono state vicine nelle mille difficoltà rispettando una scelta sicuramente difficile e dolorosa e tutto quello che questa scelta ha provocato.

Si tratta di un successo importante, una tappa in un cammino iniziato moltissimi anni fa con le prime leggi sull’eutanasia degli anni Ottanta e che dal 2006, grazie alla lotta nonviolenta di Piergiorgio Welby, è diventato sempre più centrale nelle attività dell’Associazione Luca Coscioni e sempre più popolare in Italia. 

Un successo che non metteremo in bacheca ma che sfrutteremo per continuare ad agire affinché si possa esser liberi di scegliere inizializzo alla fine. 

L’11 novembre prossimo è infatti prevista un’udienza di discussione nel processo contro Mina Welby e Marco Cappato per aver aiutato Davide Trentini ad andare in Svizzera per ottenere la morte che in italia non poteva darsi. Davide era in condizioni diverse da quelle di Fabiano. Nella difesa di Mina e Marco non iniziamo da zero ma sicuramente la sentenza della settimana scorsa non è del tutto sovrapponibile a questo nuovo caso.

Siamo anche reduci dal primo concerto mai dedicato all’eutanasia. Probabilmente il primo appuntamento musicale dedicato al fine vita! Un tema che non attira particolari simpatie mediatiche o istituzionali e anche per questo voglio ringraziare tutti coloro che hanno partecipato il 19 settembre scorso alle sei ore di spettacolo per la vita e la libertà. Grazie a tutti gli intervenuti e a chi l’ha reso possibile nel poco tempo a disposizione. 

Grazie a noi, in queste settimane si è tornati a parlare di “bio-politica” e “bio-diritto parole nuove utilizzate quasi per nascondere quanto profonda sia la relazione tra il corpo e la Legge ed è per questa interconnessione strutturale che fin da subito l’Associazione ha scelto come suo motto “dal corpo dei malati al cuore della politica”, una relazione non solo tematica ma anche di metodo e di azione. Metodo e merito che confermiamo in ogni momento del nostro agire.

Pannella diceva che “dove c’è strage di diritto c’è strage di popoli”. Questo vale sicuramente per i conflitti armati o per le sistematiche violazioni dei diritti umani, ma vale anche per la vita di tutti i giorni in un paese come l’Italia. La mancanza di leggi che laicamente regolino fenomeni insiti nell’esperienza umana favorisce la clandestinità e dove c’è clandestinità c’è disuguaglianza, c’è sfruttamento, è più facile che ci sia dolore o la violenza. Sicuramente dove c’è clandestinità non ci sono tutele, specie per i più deboli.

Mi hanno segnalato che qualcuno che ci dovrebbe conoscere bene dice “no alla morte a pagamento”. Concordo pienamente, ed è proprio per questo che sono quasi due anni che la mia priorità politica e professionale quotidiana è scrivere memorie difensive, suscitare dibattiti con e tra giuristi, e sollevare questioni di legittimità costituzionale volte a evitare che la libertà di scegliere come morire, come porre fine alle proprie sofferenze, dipenda dalla situazione economica.

Questo è il nostro compito, e di nuovo prendo in prestito un altro slogan pannelliano, forse quello più radicale, lottare “per la vita del Diritto e il diritto alla vita”. Una vita degna di esser vissuta in libertà, dall’inizio alla fine. 

Il nostro non è un parlare per formule o inondare i social di frasi fatte o discorsi ammicanti, o peggio ancora messaggi sconclusionati alla ricerca del consenso dei distratti: il nostro è un quotidiano tradurre questa radicale visione di un mondo libero in riforme

Riforme che chiedono la piena applicazione di leggi, o che le mettono in mora con la nonviolenza e il ricorso a rimedi giurisdizionali e la partecipazione civile di chi vuole migliorare la qualità della propria vita come quella degli altri. Dovunque si trovino, chiunque siano.

E migliorare la vita di tutti è esattamente quello che da oltre un anno chiede la sedicenne Greta Thunberg coi suoi scioperi del venerdì per il clima. E lo chiede a tutti, ai suoi coetanei quanto ai potenti del mondo. E come le viene risposto? Dandole udienza, facendo promesse, portandola su un palmo di mano, facendola diventare un’icona delle nuove generazioni, ipotizzando il voto ai sedicenni. Reazioni positive ampiamente condivisibili, ma poi? 

Certo ci sono anche gli esperti o i filosofi che la criticano per la mancanza di spessore o conforto di dati scientifici invitandola ad andare a studiare, ma si tratta di eccezioni che confermano la regola: Greta fa parlare di ecologia. Alle parole però devono seguire azioni.

Comunque la si pensi su questa ragazza svedese è indubbio che grazie alla sua leadership il mondo finalmente parla di se stesso a tutte le ore del giorno, parla del proprio futuro e di come stiamo concorrendo ad aggravare problemi che, forse, possono ancora essere affrontati alla radice. Ma ci parla anche di una diffusa voglia di fare qualcosa.

Se però dovessi giudicare quanto accaduto al Palazzo di vetro la settimana scorsa, dove solo 66 dei 193 Stati Membri delle Nazioni unite si sono impegnati a rispettare quanto stabilito in materia di riduzione di emissioni nell’atmosfera, credo che ci sia bisogno di decine, centinaia o migliaia di Grete che insistano col chiedere non solo promesse burocratiche ma impegni verificabili e misurabili nel loro scoraggiare comportamenti che non sono più sostenibili e affrontare il loro impatto pubblico. 

A partire dai paesi ricchi, da quelli che si possono permettere il lusso di morire come e dove vogliono, o più popolosi che l’hanno elogiata occorre essere conseguenti alle belle parole di questi giorni. 

Credo che anche noi dovremo essere parte di questo rilancio e spero che in molti potrete interessarvi o partecipare incontrollato “la scienza per l’ambiente” che Science for Democracy organizza il 18 ottobre prossimo all’Aia.

Greta non è, forse, solo un nuovo Diogene, anche se in effetti lo ricorda in certe sue scelte personali. Greta non è una filosofa, è una militante politica in senso lato. È qualcuno che si preoccupa e occupa della realtà circostante pensando all’oggi tanto quanto al futuro. 

Come tutti, può arrivare a perdere la pazienza, e credo faccia parte della sua spontaneità quando maltratta i capi di stato e di governo che la accolgono con sorrisi di circostanza, ma la sua perseveranza ci è familiare, la riconosciamo, e ci conforta sapere che c’è una nuova generazione che ritiene percorribile la strada della partecipazione diretta per cambiare le cose. 

Di fronte a una politica immobile, attenta solo a mantenere se stessa al proprio posto, occorre tornare a promuovere la partecipazione attiva dei cittadini.

Trovo confortante e stimolante sapere che proprio in Italia ci sia stato il più alto numero di manifestanti venerdì scorso. Speriamo che nelle prossime settimane e mesi si creino le condizioni per cui, in qualche modo, si possa intercettare questa voglia di fare, unendoci a loro o coinvolgendoli in quello che facciamo.

E quante ne facciamo! 

Quest’anno ho deciso che non passerò in rassegna quanto abbiamo fatto dal Congresso di Milano dell’anno scorso e mi scuso in particolare con tutti quelli che hanno partecipato e dedicato tempo e risorse perché incontri, documenti e manifestazioni vedessero la luce . Non lo faccio un po’ perché se dovessi ricordare anche solo gli appuntamenti principali avrei bisogno di tre ore, un po’ perché fortunatamente trovate tutto sul nostro sito www.associazionelucacoscioni.it.

L’anno scorso nella mia relazione ho parlato di “autunno caldo”. Un autunno caldo che alla fine non interessò alla politica italiana ma che è stato uno degli autunni più caldi in assoluto da quanto si registrano le temperature. 

Da ottobre dell’anno scorso sono usciti almeno due rapporti delle Nazioni unite che hanno confermato la necessità e l’urgenza di cambiamenti radicali del nostro modo di vivere, che va molto oltre il bruciare carburanti fossili per produrre e che riguarda come ci vestiamo, quanto ci spostiamo e cosa mangiamo.

Per soddisfare una crescente domanda di cibo, la produzione agricola globale dovrà aumentare del 70% entro il 2050. I parassiti e le malattie delle colture mettono però a rischio le forniture alimentari globali. 

Le perdite di resa causate da parassiti e malattie sono stimate, a livello globale, in media al 21,5% nel grano, al 30% nel riso, al 22,6% nel mais, al 17,2% nella patata e al 21,4% nella soia. 

Queste colture che ho elencato rappresentano la metà dell’apporto calorico umano globale. 

Questo stato di cose non è sostenibile. Lo abbiamo visto, e purtroppo continuiamo a vederlo, proprio qui in Puglia con quello che è successo con la xylella. La cosa più grave è che non solo c’è chi queste cose le denuncia quando si verificano ma quello stesso qualcuno molto spesso le prevede sulla base di studi che o rimangono confinati tra esperti o non riescono a rompere il muro dell’indifferenza della politica o dei media tradizionali sempre alla rincorsa dell’emergenza inesistente ma assenti nel momento in cui occorre fornire informazioni fattuali su rischi e danni reali e attuali.

I cambiamenti climatici e il commercio internazionale influiscono strutturalmente anche sulla distribuzione, la gamma dei parassiti e l’impatto delle malattie delle piante, molte delle quali possono diffondersi o riemergere dopo essere state sotto controllo. Per affrontare questi problemi di portata planetaria, le Nazioni unite hanno proclamato il 2020 come l’anno della salute delle piante. 

In questi giorni abbiamo iniziato a parlarne con gli eventi tematici di ieri, inclusa la disobbedienza civile del mangiare riso editato che si è tenuta ieri, ma credo che anche questa dovrà essere una delle questioni su cui, tanto in Italia quanto nelle nostre attività internazionali, dovremo essere presenti. 

Tutto questo parlare di bio-politica e bio-diritto deve iniziare a interessare anche altri aspetti della biologia, quelli che ci possono aiutare a rendere quanto più sostenibile possibile un mondo che continua a crescere e che vede diminuire la superficie necessaria a far fronte, tra le altre cose, al fabbisogno alimentare di una popolazione che nei prossimi 10 anni vedrà oltre 1 miliardo di nascite e speriamo che siano tutte gravidanze desiderate.

Proprio come occorre far ricerca ed esperimenti per conquistare nuove cure, occorre anche migliorare le risposte alla diffusione inattesa di malattie delle colture. Occorrono investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione perché le più recenti bio-tecnologie ci aiutino a migliorare la salute umana e quella animale nel rispetto dell’ambiente e a perfezionare geneticamente il nostro cibo agendo anche su malattie che oggi sembrano non avere cura consentendo colture più forti, sane e che consumano meno energia, pesticidi e suolo. 

Tutto questo “nuovo” che dovremmo fare richiede la definizione di obiettivi, di riforme percorribili e la crescente partecipazioni di scienziati, esperti e militanti dei diritti umani di buona volontà che comprendano quando la scienza sia un diritto umano. Un diritto che sicuramente interessa chi la pratica, perché deve poter far ricerca nella massima libertà, ma che ancor di più interessa tutti perché privare dei benefici delle più recenti scoperte scientifiche è e lo dicono i trattati internazionali una violazione dei diritti umani fondamentali.

Sono certa che anche grazie alla sesta sessione del Congresso mondiale che l’anno prossimo ci porterà in Africa, riusciremo a suscitare interessi e sinergie per cui i 17 obiettivi dello sviluppo sostenibili fissati dall’ONU vengano perseguiti nel pieno rispetto degli obblighi internazionali e, quindi, si faccia tesoro del progresso scientifico. 

Un progresso che, proprio sulle biotecnologie vegetali ci presenta un’Europa che si auto-impone delle proibizioni arbitrarie alle volte in ossequio a una ingiustificata e anti-scientifica primazia del “biologico” mentre USA e Asia, con la Cina in testa, vanno avanti alla velocità della luce su tutto ciò che interessa le biotecnologie, i big data, l’intelligenza artificiale e l’uso incrociato delle più recenti innovazioni. 

Questo è anche il Congresso che sancisce la fine del nostro essere “soggetti costituenti del Partito Radicale”. Una decisione che ricorderete è stata adottata unilateralmente con una sorta di norma transitoria al congresso organizzato a Rebibbia a tre mesi dalla morte di Marco Pannella a settembre 2016, e che è stata confermata nello scorso luglio quando al 41esimo Congresso, senza che nessuno dei presenti si opponesse, è stata ratificata la proposta di radicale cambiamento dello Statuto del Partito Radicale. 

Pannella diceva che è radicale chi è iscritto al Partito Radicale. 

Non so se questo precetto sia ancora valido o applicabile adesso che non c’è più lui, sicuramente restano validi i motivi per cui l’Associazione Luca Coscioni era soggetto costituente dell’unica organizzazione politica trans-nazionale e trans-partitica che praticava la nonviolenza e attivava gli strumenti previsti dallo stato di diritto e dalla democrazia per conquistare riforme di libertà e spazi di partecipazione civile.

Saremo stati privati di un riconoscimento ma non per questo non continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto. 

È nella realtà delle cose e nella concretezza degli obiettivi raggiunti. Il filo ideale che lega divorzio e aborto con i recenti successi su fecondazione eterologa, analisi genetica preimpianto, testamento biologico, assistenza alla morte volontaria e, spero presto, eutanasia legale, non è definito dal riconoscimento di una appartenenza partitica che qualcuno può, a piacimento, concedere o negare ma da una “teoria di fatti”. 

Cioè di obiettivi concreti ottenuti con una lotta politica fatta di nonviolenza, disobbedienza civile e attivazione degli strumenti di iniziativa popolare. Un metodo che ora con Science for Democracy, Eumans e le Iniziative dei Cittadini Europei sul fisco ecologico e lo Stato di diritto siamo pronti ad applicare anche a livello trans-nazionale e in modalità trans-partitica.

Quale futuro ci aspetta quindi per continuare a far crescere quanto seminato in questi anni? 

Giovedì e venerdì abbiamo avuto quattro momenti di approfondimento tematico molto importante che si sono conclusi con una serie di proposte programmatiche. Oggi pomeriggio avremo cinque commissioni che affronteranno il fine vita, la ricerca, le disabilità, il sistema sanitario e le cosiddette droghe tematiche che rientrano pienamente nel diritto “della” e “alla” scienza. E altre cinque, o cinque volte cinque, ne avremmo potute organizzare perché molte sono state le sollecitazioni. Per quest’anno abbiamo deciso così.

Siamo fieri del fatto che l’Associazione Luca Coscioni si confermi punto di riferimento, che la sua reputazione la confermi come associazione al servizio di chi chiede aiuto, assistenza. Siamo fieri del fatto che ci sia chi ci vuole coinvolgere in attività che, seppur nuove nel merito, hanno tutte a che fare con le libertà. 

Credo che questi attestati di stima ci debbano incoraggiare a fare un passo ulteriore, naturalmente non più lungo della gamba, ma sicuramente dobbiamo iniziare a ipotizzare qualcosa di tipo diverso rispetto alle collaborazioni del passato. E non solo perché siamo stati sfrattati da via di Torre Argentina 76.

Credo che, nel caos permanente della politica italiana, in momenti di piccole o larghe o tattiche intese, di fusioni a freddo, di scissioni, abbandoni, espulsioni,serate in discoteca e comunque di paralisi nel momento delle decisioni importanti, sia necessario promuovere un momento di confronto tematico e metodologico. 

Come abbiamo fatto in tutte le fasi di apertura politica o di competizione elettorale di questi 16 anni sia che alcuni di noi fossero candidati sia che quelle in cui abbiamo declinato l’invito, come le europee di questa primavera continueremo a mettere a disposizione di chiunque le nostre proposte di riforme di libertà. 

Ma credo, visto quanto conquistato attraverso il ricorso alle giurisdizioni, che i tempi siano maturi per avviare una riflessione costruttiva sull’attivazione efficace degli strumenti di partecipazione civica diretta, una riflessione che si allarghi anche a quelli auspicabili o necessari per meglio poter comprendere su chi altro poter contare per corrispondere a questa crescente richiesta di libertà civili che ci vede punto di riferimento.

Come vedete, le offerte di questa fiera delle libertà sono molte e tutte allettanti e altamente competitive sulla piazza dell’offerta politica italiana. 

Partecipando ai lavori di questa nostra assemblea generale e sostenendo l’Associazione Luca Coscioni avremo solo da guadagnarci ed esser sempre più fieri di quello che stiamo facendo.

Grazie quindi di esser qui e buon congresso!