L’Associazione Luca Coscioni denuncia il mancato accesso alle informazioni sulla legge 194 come violenza istituzionale

Mai Dati 2023

Le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove hanno appena concluso l’indagine Mai Dati 2, chiedendo alle Regioni i dati aperti sull’applicazione della legge 194 e declinati per singola struttura

Gli ultimi dati definitivi pubblicati dal Ministero nel 2023 risalgono al 2021. Sono, inoltre, aggregati per medie regionali, il che non consente di comprendere come la legge sul territorio

A tre anni dalle prime richieste di Chiara Lalli e Sonia Montegiove di avere dati aperti e per singola struttura per capire se e come è applicata la legge 194, la situazione rimane critica. La mancanza di dati per singola struttura, completi e aggiornati, continua a rappresentare una violazione dei diritti delle donne. I dati ufficiali sono vecchi e aggregati per medie regionali. L’ultima relazione del Ministero della Salute sull’attuazione della legge 194 è stata infatti pubblicata a ottobre 2023 con i dati definitivi del 2021, nonostante secondo la legge dovrebbe essere presentata al parlamento ogni anno “entro il mese di febbraio”. Lalli e Montegiove hanno scritto, alcuni mesi fa, alle Regioni chiedendo i dati per struttura e più aggiornati rispetto a quelli pubblicati dal Ministero. I dati inviati sono incompleti e a volte difficilmente consultabili. Non tutte le Regioni hanno risposto inviando i dati ma di alcune “Mai Dati 2” ha i dati del 2022 e del 2023.

Chiara Lalli e Sonia Montegiove: “La nostra richiesta è sempre la stessa: pubblicare i dati aggiornati e per singola struttura. Per sapere com’è applicata la 194 e per poter davvero scegliere di andare in un ospedale o in un altro, dobbiamo avere delle informazioni aggiornate e non vecchie di 3 anni e che riguardano le strutture e non le ASL o le regioni. A cosa ci serve sapere cosa succede in Umbria o nel Lazio? A niente. Ci serve sapere che cosa succede nella specifica struttura. E non basta sapere la percentuale degli obiettori di coscienza, perché la valutazione deve considerare molte altre variabili (l’accessibilità delle informazioni, i tempi di attesa, i numeri di richieste, la mobilità, la garanzia del farmacologico e il regime ambulatoriale, come da disposizioni dello stesso Ministero della salute, l’IVG dopo i primi 90 giorni). Infine, sarebbe augurabile non ricevere più risposte che rimandano a siti dove i dati non vengono pubblicati come dovrebbero”.

“Questo ritardo e la mancanza di dati per singola struttura sono una vera e propria violenza istituzionale – aggiunge la Segretaria Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni Filomena Gallo – che ostacola l’esercizio di un diritto fondamentale delle donne. La carenza di dati aggiornati e dettagliati ha conseguenze sulla qualità del servizio di interruzione volontaria della gravidanza e sull’applicazione della legge. Il diritto delle donne all’aborto è un diritto fondamentale. Chiediamo alle istituzioni di garantire l’accesso ai dati disaggregati e di rimuovere gli ostacoli che impediscono l’esercizio di un diritto tanto importante com’è quello alla salute”.

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Alcune risposte da parte delle Regioni

  • Sicilia, Calabria e Abruzzo non hanno mai mandato i dati nonostante il sollecito e i vari numeri di protocollo.
  • L’Emilia Romagna e il Lazio non hanno mandato i dati per struttura ma per azienda.
  • Il Veneto ha rimandato al sito che pubblica grafici per struttura, ma non consente di scaricare i dati in formato aperto.
  • La Campania ha mandato solo l’elenco per punti IVG e le medie regionali.
  • La Toscana ha invitato a consultare il sito Ars Toscana ma i dati, seppur aperti, sono descritti in modo non chiaro per cui non è possibile interpretarli in modo corretto e rielaborarli.
  • Il Molise ha mandato dei dati dettagliatissimi, ma manca quello degli obiettori di coscienza.
  • La Lombardia ha spiegato che ‘nelle celle valorizzate con # sono stati oscurati i dati di dettaglio in ottemperanza alla normativa sulla protezione dei dati personali, in ragione della scarsa numerosità, al fine di ridurre al massimo il rischio di reidentificazione degli interessati’. Cioè usa un # in alcune righe nella colonna (ginecologi, anestesisti e professioni sanitarie non mediche in organico, di cui non obiettori) per oscurare forse uno zero o un numero troppo basso che è meglio metterci l’hashtag?”

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