Sul CBD, Ministero e ISS si arrampicano sugli specchi (rotti) per giustificare le restrizioni imposte per decreto

Sentenza Corte gi Giustizia europea su CBD

Pubblichiamo la Relazione del Ministero della Salute e quella dell’Istituto Superiore di Sanità ottenute a seguito di una richiesta di accesso agli atti presentata dell’Associazione Luca Coscioni a metà luglio per ottenere la documentazione a sostegno della decisione del Ministro Orazio Schillaci di inserire nella tabella della sostanze stupefacenti prodotti per uso orale contenenti CBD.

A tre settimane dalla richiesta, il Ministero della Salute e l’ISS hanno inviato all’Associazione Luca Coscioni le relazioni preparate per corroborare la decisione del Ministro della Salute di includere nella tabella delle sostanze stupefacenti prodotti per assunzione orale contenenti cannabidiolo, CBD, uno dei principi attivi della cannabis che non figura nelle Convenzioni internazionali in materia di droghe narcotiche o psicotrope perché non stupefacente.

Con l’ordinanza 12908 del 2023 (pubblicata il 26/10/2023) il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio aveva accolto la richiesta di sospensione dell’entrata in vigore del decreto ministeriale, originariamente predisposto dal Ministro Roberto Speranza nel 2020, presentata da Imprenditori Canapa Italia-ICI rinviando la discussione di merito sulla pericolosità del CBD. L’ordinanza bloccava temporaneamente l’efficacia del decreto del Ministero della Salute del 7 agosto 2023, che chiedeva, e chiede, la revoca del decreto 28 ottobre 2020 di «Sospensione dell’entrata in vigore del decreto 1 ottobre 2020, relativo all'”Aggiornamento delle tabelle contenenti l’indicazione delle sostanze stupefacenti e  psicotrope, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni ed integrazioni. Inserimento nella Tabella dei medicinali, sezione 2 B, delle composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da  estratti di Cannabis”. 

In particolare il TAR aveva rilevato che “la motivazione a supporto del decreto appariva priva della richiesta integrazione istruttoria da parte del Consiglio Superiore di Sanità e non sufficientemente chiara in ordine al dirimente profilo degli “accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o  psichica” di cui ai criteri indicati all’art. 14, co.1, lett. f) punto 1) del D.P.R. n. 390 del  1990”. 

I dettagli possono essere letti direttamente nella due relazioni pubblicate in questo post che, tra le altre cose, contengono una bibliografia di “soli” 52 studi; quel che però dai due documenti non emerge è che i necessari, nel senso di famigerati, “pericoli di induzione alla dipendenza fisica o psichica” siano stati  “accertati” nella loro concretezza.

Il parere del Consiglio Superiore di Sanità, un organo consultivo di nomina ministeriale, non accenna neanche agli approfondimenti dell’Organizzzione Mondiale della Sanità che, solo quattro anni fa, aveva raccomandato alla Commissione Droghe dell’Onu di cancellare la cannabis dalla IV tabella della Convenzione del 1961 (cosa in effetti poi accaduta) per facilitarne l’impiego terapeutico. Inoltre nel documento, a riprova dei rischi, si sovrappone l’uso del CBD per via orale a quello di altri farmaci e/o molecole…

Ma la cosa che ancor più sorprende è la parte finale della relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, un organo indipendente, che testualmente recita “Il decreto del 9 novembre 2015 sull’uso medico della cannabis prevede che ‘nell’ambito delle attività del Sistema di sorveglianza delle sospette reazioni avverse a prodotti di origine naturale coordinato dall’Istituto superiore di sanità (ISS), il monitoraggio della sicurezza sarà effettuato attraverso la raccolta delle segnalazioni di sospette reazioni avverse associate alla somministrazione delle preparazioni magistrali a base di cannabis, secondo le procedure del sistema di fitosorveglianza, informando l’Ufficio centrale stupefacenti della Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico del Ministero della salute”.

Da tale monitoraggio, che viene eseguito semestralmente tramite l’espletamento delle attività del sistema di fitosorveglianza, non emergono particolari segnali di allarme per tali preparazioni. Anche in questo caso è opportuno sottolineare che l’analisi dei dati si è incentrata esclusivamente sulle segnalazioni che riportavano tra i prodotti sospetti “Cannabidiolo” o “CBD”, dal momento che le preparazioni galeniche magistrali a base di cannabis contengono principalmente il THC, queste sono state escluse dalle analisi in

quanto non sarebbe stato possibile attribuire esclusivamente al CBD né le reazioni avverse segnalate né identificare un profilo di rischio. Dal 2015 al 28 febbraio 2024 sono pervenute al sistema di fitosorveglianza solo due segnalazioni di sospette reazioni avverse attribuibili all’assunzione di preparati a base di CBD, in particolare in entrambe le segnalazioni era indicata l’assunzione di prodotti contenenti “olio di CBD al 5%”.

Tali segnalazioni rappresentano poco meno dell’1% delle segnalazioni relative a preparazioni galeniche a base di cannabis, tutte contenenti varie concentrazioni di THC e di CBD (201 segnalazioni totali). In tale contesto le informazioni disponibili sono insufficienti per definire un profilo di rischio di tali prodotti e non permettono di identificare segnali di allarme. Non si esclude comunque che l’assunzione di tali preparati possa portare a dei rischi per la popolazione, pertanto, è opportuno continuare ad effettuare un monitoraggio nel tempo. [enfasi nostre].

I ricorrenti dell’Associazione Canapa Sativa ha preparato un parere tecnico che affronta gli aspetti oscuri delle relazioni. Anche a seguito dell’esito dell’udienza del TAR del Lazio del 16 settembre prossimo, l’Associazione Luca Coscioni si riserverà di intraprendere ricorsi ulteriori anche a livello internazionale.