Maria Antonietta Farina Coscioni: Intervento in Aula – Atti Indirizzo e Controllo 28-01-2009

Mozioni nn. 1-71, 1-79, 1-82 e 1-84 concernenti iniziative a sostegno dei diritti delle persone con disabilità – Dichiarazione di voto

Signor Presidente, intervengo sulla mozione a prima firma Livia Turco n. 1-00071 (Nuova formulazione), per preannunciare il voto favorevole dei deputati radicali, perché la mozione cerca di evidenziare la sequenza che esiste quando si parla di disabilità e handicap, termini troppo spesso sovrapposti ed utilizzati in maniera impropria. Nel suo significato più ampio l’handicap non è il deficit, non è la limitazione, bensì è l’effetto del deficit e della limitazione. Questa distinzione è di fondamentale importanza, perché la discriminazione che esiste, che grava su una persona disabile, non è nella sua condizione di disabilità, ma è nell’ambiente sociale in cui una persona si trova a vivere e ad esistere.
Il mio punto di riferimento, per non far confusione, perché non possiamo permetterci di farla, è il suggerimento che proviene dall’Organizzazione mondiale della sanità per definire il concetto di handicap; segue, cioè, la sequenza che va dalla malattia e menomazione alla disabilità e all’handicap.
La malattia, dovremmo saperlo tutti, è un processo patologico; la menomazione è la perdita a carico di alcune funzioni, che possono essere fisiologiche, anatomiche o psicologiche. La disabilità, invece, che consegue ad una menomazione nella capacità di svolgere un’azione o un’attività nel modo ritenuto normale per una persona sana, è, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’oggettivazione della menomazione.
In parole molto semplici, una malattia può produrre in una persona un danno e una menomazione; un incidente può produrre in una persona un danno ed una menomazione; il danno e la menomazione possono causare una disabilità. Certamente, la disabilità crea il presupposto per l’handicap, ma non sempre la disabilità si trasforma in handicap.
L’handicap, infatti, si realizza solo quando l’ambiente in cui vive la persona disabile vede le barriere architettoniche, legislative, ideologiche, psicologiche, socioculturali e geografiche, che impediscono alla persona il proseguimento della vita nella società.
Questi concetti, cari colleghi, devono essere impressi nelle nostre menti, da un lato, perché consentono di superare la terminologia di origine prevalentemente medica, dall’altro lato, perché sottolineano che la malattia o la disabilità creano solo – ripeto: solo – il presupposto per l’handicap, ma è l’ambiente a generarlo.
È una mozione che guarda alla persona con disabilità non come ad una persona da assistere, ma ad una persona cui fornire l’ambiente ideale e tutte le strumentazioni per continuare ad operare nella società al meglio delle sue capacità.
Quando si fa la prima scelta di considerare una persona con disabilità solo come una persona da assistere (troppo spesso la politica finisce per farlo, e non si sottrae neanche una parte del mondo dell’associazionismo), gli interventi sono solo di tipo assistenziale e finiscono con l’escludere la persona anche dal mondo produttivo, oltre che sociale e politico.
È questa la mia e la nostra impostazione, contraria alla posizione del Governo e di quanti, nel mondo della politica e nella politica, hanno accusato Luca Coscioni, un soggetto attivo in politica, di essere stato strumentalizzato dai suoi compagni radicali. Lo dicano quegli stessi politici ad Umberto Bossi, che continua, anche ora, ad esercitare la sua passione per la politica, avendo gli strumenti per farlo!
L’impostazione di questa mozione è di far sì che le menomazioni non si trasformino in handicap; a tale scopo, tutti gli strumenti contenuti nella nostra mozione devono essere indirizzati ad abbattere – e solo indirizzati ad abbattere – le barriere esistenti e ad evitare che nuove vengano erette.
Per quanto riguarda la mozione a prima firma onorevole Delfino, non possiamo sostenerla, in quanto i sottoscrittori chiedono al Governo, e leggo testualmente, di rispettare le ragioni della mancata sottoscrizione della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità da parte della Santa Sede di fronte al rischio di legittimazione dell’aborto.
Questa è una vera e propria invenzione da parte della Santa Sede e di quei politici che sostengono questa posizione. Chiedo proprio ai firmatari di questa mozione dove ed in quale parte dell’articolo 25 della Convenzione si sostenga l’aborto. Non possiamo sostenere tale mozione, a meno che i firmatari non sopprimano questo capoverso.
Se, invece, leggo la mozione a prima firma Molteni, quella della maggioranza, non possiamo sostenerla, perché è davvero molto debole, laddove impegna il Governo a valutare l’opportunità di intervenire in modo strutturale al fine di rielaborare un sistema di agevolazioni fiscali unico che supporti le persone diversamente abili e le loro famiglie.
Ma come si fa a sollecitare il Governo a «valutare l’opportunità»? La questione disabilità riguarda milioni di cittadini e non possiamo lasciare passare altro tempo; le persone con disabilità non possono aspettare altro tempo. Leggo tra i firmatari di questa mozione nomi di colleghi che stimo e con i quali lavoriamo e condividiamo alcuni aspetti della nostra attività, come l’onorevole Porcu, l’onorevole Barani, l’onorevole Di Virgilio, o anche l’onorevole Paglia, ma ho la responsabilità, abbiamo la responsabilità di opporci alle politiche sociali che tendono a ricondurre la questione della disabilità all’interno del nucleo familiare, e soprattutto a gravare sulla figura femminile, perché non attuano la presa in carico del paziente disabile, limitando di fatto tutti gli spazi di socializzazione e di vita.
Basta con l’uso improprio del termine disabilità, così come è stato fatto dal Ministro Sacconi e dal sottosegretario Roccella riferendosi ad un caso, come quello tanto discusso di Eluana Englaro.
Troppo spesso in questi mesi viene utilizzata arbitrariamente dagli esponenti della maggioranza e del Governo la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. L’articolo 25 della Convenzione vieta di discriminare i disabili in materia di assistenza sanitaria, di prestazione e di cibo; ebbene, una persona non disabile ha diritto di rifiutare, in base all’articolo 32 della Costituzione, qualsiasi trattamento. Se Eluana fosse cosciente, potrebbe rifiutare sondini ed alimentazione; poiché è disabile in uno stato di incoscienza, viene discriminata. Dunque, si vieta di applicare le regole che valgono per i «normali» ai disabili, facendo una plateale discriminazione e violando l’articolo 25 della Convenzione ONU.
Vogliamo che la politica garantisca a tutti, attraverso scelte ed azioni ad hoc, una vita degna di essere definita tale, ma non bastano le belle affermazioni dell’esistenza di un diritto, perché tale non è se non è accompagnato da risorse ed interventi certi.
Dobbiamo fare nostro – e concludo – l’impegno di Luca Coscioni, perché dai corpi dei malati si colpisca il cuore della politica (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).