L’eutanasia clandestina in Italia

  • Il 12 novembre 2002 il Corriere della Sera ha pubblicato i risultati di un’indagine realizzata dal Centro di Bioetica dell’Università Cattolica di Milano. Lo studio, coordinato dal professor Adriano Pessina, è stato presentato in un convegno del Sibce (Società per la bioetica e i comitati etici). A 259 rianimatori, operatori di prima linea che curano persone la cui sopravvivenza è affidata a macchine, è stato sottoposto un questionario. Il 3,6% dei medici ha dichiarato di aver somministrato volontariamente farmaci letali (eutanasia attiva). Il 96,4% ha negato di averlo mai fatto. Il 15,8% degli intervistati ritiene tuttavia questa iniziativa accettabile. La stranezza di una forbice così larga, spiegano gli esperti, potrebbe essere dovuta al fatto che i medici che somministrano la dolce morte, e non lo confessano nemmeno in un questionario anonimo, sono molti di più. Il 19,3% del campione nega di aver mai attuato la sospensione delle cure (ad esempio staccare il respiratore, interrompere l’erogazione dell’ossigeno). Il 38,6% riconosce di averlo fatto almeno in un’occasione, il 42% “più spesso”. In nessun caso questo “atto medico” viene riportato sulla cartella clinica per il timore di essere denunciati dai parenti e finire in tribunale. > I dati sono consultabili in italiano nel volume A. Pessina “Scelte di confine in medicina”, Vita e Pensiero, Milano 2004
  • Secondo una ricerca commissionata dall’associazione “A buon diritto”su 266 medici, la maggioranza dei quali oncologi e anestesisti-rianimatori, operanti in 19 ospedali italiani distribuiti in ogni area geografica della penisola: il 26% degli intervistati dichiara che , anche se variamente etichettata (sedazione terminale ecc.) l’accelerazione di un decesso – comunque inevitabile in tempi brevi – è praticata di routine. Tuttavia, oltre il il 70.8% di coloro che rispondono alla domanda afferma che il caso proposto, cioè l’accelerazione di un decesso con prognosi infausta a breve scadenza, non autorizza a parlare di eutanasia. Consulta la ricerca
  • Lancet 355 (2000): 2112-18: il 45% dei neonatologi italiani interpellati ha deciso di non somministrare alcun trattamento di sostentamento vitale (es. respirazione meccanica); il 52% ha deciso di non praticare manovre di rianimazione; il 78% ha deciso di non aggiungere altri trattamenti anche se necessari ai fini dell’allungamento della vita; il 34% ha deciso di non somministrare farmaci salva-vita; il 28% ha deciso di cessare la respirazione meccanica; il 32% ha deciso di somministrare farmaci per alleviare il dolore anche se potenzialmente letali; il 2% ha deciso di somministrare farmaci con l’intenzione di terminare la vita.
  • Clinical Care Medicine, volume 27(8), August 1999, pp 1626-1633: il 13% dei medici italiani di rianimazione ha somministrato sostanze con l’intento di accelerare il processo di morte
  • The Lancet, volume 362 (9381):345-50, 2003: il 23% dei decessi in Italia e’ stato preceduto da una decisione medica sul fine vita.
  • Lancet, volume 354, Issue 9193, 27 November 1999, Pages 1876-1877: Il 17% dei medici italiani sono disposti a praticare l’eutanasia attiva o il suicidio assistito, mentre il 79,4% e’ disposto ad interrompere il trattamento di sostentamento vitale.
  • Journal of Pain and Symptom Management, volume 17, Issue 3, March 1999, Pages 188-196: 11% dei medici italiani ha avuto richieste di eutanasia, il 4,5% di assistenza al suicidio