La proposta dei test a campione diventa una interrogazione parlamentare di Gennaro Migliore

La proposta dell’Associazione Luca Coscioni sviluppata con 2 ex presidenti ISTAT prevede il monitoraggio di poche migliaia di persone ogni 15 giorni per conoscere davvero la diffusione del virus sul territorio

Può il Ministro Roberto Speranza spiegare come valuta la proposta dei due ex Presidenti dell’ISTAT, se la considera valida, ed in tal caso quando ritiene di potere dare seguito concreto, oppure se non la considera valida, in tal caso spiegando per quale motivo?

Nel mese di marzo 2020 due ex presidenti dell’Istat, Giorgio Alleva e Alberto Zuliani insieme ai colleghi, Giuseppe Arbia, Piero Falorsi e Guido Pellegrini, hanno inviato al Governo una proposta, senza ricevere una risposta, riguardante la possibilità di testare con il tampone un campione statistico, che comprenda sintomatici e asintomatici; ora la proposta è diventata un’interrogazione parlamentare, appena presentata dal deputato Gennaro Migliore, anche lui iscritto all’Associazione Luca Coscioni.

Scrivevano tra l’altro i cinque scienziati: per prevedere il progresso futuro dell’epidemia e suggerire interventi di politica sanitaria efficaci è necessario disporre di stime eseguite con metodologie corrette e con accuratezza. Per questo motivo riteniamo sia indispensabile progettare e realizzare un protocollo di osservazione a campione riferito all’intera popolazione italiana, che permetta confronti significativi nel tempo e tra aree geografiche, tenendo conto dei differenti contesti economici, demografici, sociali, ambientali e culturali. Sul campione dovrebbe essere effettuato il tampone (o eventualmente altri esami diagnostici, come analisi del sangue o del Dna), ripetendolo a opportune scadenze temporali”.

Come sostengono i promotori, insieme all’Associazione Luca Coscioni attiva a tutela del Diritto alla Scienza e alla Salute, in tanti l’Italia non ha investito in un sistema di raccolta di dati che consenta un monitoraggio accurato su probabilità di contagio, dimensioni delle componenti sintomatiche e asintomatiche, collegamento con i rischi successivi, ricoveri e terapie sub-intensive e intensive, letalità. L’assenza di un quadro affidabile e condiviso favorisce una comunicazione non univoca.

“Da una parte – si legge ancora nel testo – i media sono pronti a trasformare i numeri quotidiani da allarmi ad allarmismi; dall’altra gli esperti si lanciano in interpretazioni eterogenee.

Non è citando insieme, giorno per giorno, il numero di casi positivi e di tamponi effettuati che possiamo capire cosa stia accadendo realmente.

I casi positivi riguardano tamponi di uno o più giorni precedenti; le tipologie di tamponi impiegate hanno sensibilità differenti; il raffronto del tasso di contagio è condizionato dalle differenti regole sulla somministrazione dei tamponi, a marzo soltanto sui sintomatici, ora essenzialmente su persone che hanno avuto contatti con casi positivi; in ogni caso con l’impossibilità di riferirlo alla popolazione generale. La statistica è stata incapace di convincere le autorità della necessità di un sistema di monitoraggio che integrasse stabilmente dati campionari con quelli del sistema sanitario”.

Qualcosa è accaduto con l’indagine Ministero della salute-Istat, ma l’esperienza, oltre che tardiva, è stata condotta con modalità che non hanno consentito di centrare l’obiettivo dei 150.000 esami sierologici, fermandosi a 64.660 unità. Un’occasione perduta, anche di dialogo tra comunità scientifiche.

Un campione probabilistico quindicinale anche di poche migliaia di unità, eventualmente con accertamenti più semplici ma con la forza dell’obbligo di risposta in virtù della rilevanza sanitaria, potrebbe dare grande forza ai numeri e al dibattito corrente, fornire fondamento migliore alle decisioni delle istituzioni preposte e impegnare a un rispetto più convinto i destinatari, cittadini e imprese.

In sintesi, nello specifico, ci si dovrebbe rivolgere a due campioni.

  • Il primo è relativo alla popolazione A, persone il cui stato di infezione sia stato accertato (che possono essere ricoverati o in quarantena coatta) e quelle che con loro hanno avuto contatti risalenti fino a 14 giorni prima (quindi, dimensione emersa del fenomeno e dimensione sommersa collegata). Per la stima statistica del numero di persone contagiate (riferita alla popolazione A) in un dato dominio territoriale (territorio nazionale/specifica area geografica come, ad esempio, una regione) e temporale (settimana/giorno) è necessario coinvolgere nell’indagine circa mille persone tra i contatti delle persone conclamate sulle quali effettuare i tamponi.
  • Il secondo gruppo è relativo alla popolazione B, persone non entrate in contatto con quelle del gruppo A, quindi sane, ma in fase di incubazione (i cosiddetti silenti) per le quali i sintomi si manifesteranno successivamente, nell’arco di massimo 14 giorni. Per la stima del numero di contagiati al di fuori dei contatti delle persone conclamate (riferita alla popolazione B) deve essere selezionato un panel di circa mille individui che dovranno essere seguiti a opportune cadenze temporali.

“Questa dimensione campionaria – concludono gli scienziati insieme all’Associazione Luca Coscioni- assicurerebbe una stima con un errore relativo di campionamento inferiore al 5 per cento qualora la proporzione dei contagiati nel campione fosse intorno al 20 per cento. Supponendo circa 25 contatti per ogni conclamato, le persone alle quali somministrare i mille tamponi (o altri esami) potrebbero essere individuate selezionando circa 200 persone conclamate da cui si ricostruirebbero 5 mila contatti fra i quali campionare una quota di circa il 20 per cento.