Intervento di Mina Welby al IX Congresso

Buon giorno a tutti i presenti e quelli che ci ascoltano via radio.

Vorrei iniziare con un ricordo, un articolo pubblicato su “La Nazione” del 24 novembre 2002 Pagina di Perugia 
«IL MARATONETA», CORSA A MUSO DURO DI COSCIONI VERSO LA LIBERTÀ DI RICERCA
PERUGIA – Quando la lotta contro il male diventa un libro ecco «Il maratoneta». O meglio la storia di una battaglia di libertà da conquistare con il rigore lucido dell’intelletto. Il libro scritto «a muso duro» dall’orvietano Luca Coscioni, presidente dei Radicali Italiani, è di quelli che suonano come una sfida. Pagine destinate a dar vita ad un dibattito politico ed etico, L’autore, malato di sclerosi laterale amiotrofica, incarna infatti la lotta radicale per la libertà di ricerca scientifica in campo medico. «Grazie alla clonazione terapeutica e alle cellule staminali degli embrioni, gli scienziati troveranno una cura per guarire la Sla, il morbo di Alzheimer e di Parkinson, l’atrofia muscolare spinale, le lesioni traumatiche del midollo spinale, la distrofia, alcune forme di tumore e di diabete – sostiene Coscioni -.
Mi batto per la libertà della scienza che tra poco però verrà messa in discussione dalla legge sulla fecondazione artificiale in discussione al Senato. Infatti la nuova legge, su pressioni vaticane e clericali, proibisce la ricerca sugli embrioni congelati, scartati dalle cliniche italiane dove si pratica la fecondazione assistita. Insomma, si preferirà buttarli nella spazzatura, piuttosto che destinarli a studi che potrebbero salvare la vita a milioni di persone». Pagine meditate su una seggiola a rotelle e dettate ad un computer, sulla cui prefazione si legge «attendevamo da molto tempo che si facesse giorno, eravamo sfiancati dall’attesa, ma ad un tratto il coraggio di un uomo reso muto da una malattia terribile ci ha restituito una nuova forza». Josè Saramago, premio nobel per la letteratura 1988.
L’articolo è scritto da Silvia Angelici

Quest’anno al decimo anniversario della fondazione dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica vorrei fare delle considerazioni sul perché della strada sempre più in salita alla ricerca di azzerare il deficit di libertà. L’intervento di Tonina Cordedda ha dato voce a un grave problema delle persone disabili: la loro vita sessuale che incide profondamente nella loro felicità e equilibrio psicofisico. Grazie Tonina! Proprio da qui vorrei partire.

Gli azzeccagarbugli di questo paese chi sono? Appartengono a varie categorie: politici, medici, ricercatori, scienziati che conosciamo, non sono nelle nostre file, non è venuto nessuno al Congresso magai per difendere le proprie idee che sono indifendibili.

La libertà della ricerca scientifica, la libertà di scelta delle persone non è un problema bioetico, come qualcuno vuol far credere, né un problema della scienza medica, né giuridico, benché si pongano ostacoli a non finire in questa maratona che corriamo, passando il testimone da uomo a donna e, da donna a uomo. Gli ostacoli sono posti dalla frattura di cultura e politica, ben calcolati e progettati. Ma perché?

Bene, il mondo esistente fin dal Big-Bang è un chaos, o no? Ma c’è qualcuno che vuole un mondo ordinato, pulito, programmato, comprensibile. C’è chi dice di conoscere e sapere come funziona anche l’inimmaginabile, sanno chi è dio, cos’è vita, la natura, come funziona la vita, da dove venga e dove va. “molte cose difficili si risolvono con la fede”, mi sono sentita dire spesso. C’è chi dice di sapere cosa è bene e cosa è male, e vuole stabilire regole entro le quali l’universo umano si dovrebbe muovere.

La scienza e la ricerca nel nostro paese sono diventati quasi un accessorio, spesso anche scomodo e da evitare per chi pensa di avere la verità in tasca, anzi di più: è considerato un atto di superbia nei confronti di un creatore della vita, che loro sanno di conoscere. Non si può mettere disordine nell’Ordine Supremo, la scienza di fronte alla fede si deve inchinare.

A coloro che dicono di sapere cosa è bene o male per noi e propongono leggi che invadono la nostra libertà di coscienza del procreare, del vivere e del morire, chiedo se sono disposti a mettersi a confronto con la sofferenza di una coppia desiderosa di un figlio sano. Se sono disposti a passare una giornata nella famiglia di un malato di Sclerosi Laterale Amiotrofica assistito soltanto dalla moglie e da un infermiere per un’ora al giorno? Se sono disposti a passare una giornata con un distrofico senza famiglia che vive solo con la porta di casa pericolosamente aperta giorno e notte. Ma lo sanno che ci sono malattie che non colpiscono solo il malato, ma ci va di mezzo tutta la famiglia? Sono disposti ad andare in una rianimazione, in un reparto intensivo, in un hospice e vedere e sentire le testimonianze dei corpi attaccati con solo un filo alla vita. Conoscono il linguaggio degli occhi imploranti di chi vorrebbe terminare la propria sofferenza?

Preferiscono stare commossi su un calvario immaginario, sdolcinato da iconografie da santino, anziché partecipare a un calvario vero di corpi feriti e martoriati da tristezza, abbandono, malattia. Falsa benevolenza ammanta ipocritamente arroganza e prepotenza. Ma credete per davvero anche voi che vita è sempre un bene? Morte è solo male? Rispondetevi da soli. Pensateci!

Luca Coscioni e Piero Welby umilmente si sono inchinati di fronte al grande Chaos dove hanno intuito le regole del vivere e del morire. Regole che vogliono essere snocciolate e adeguate ai tempi e alle situazioni reali. Regole che vengano adeguate ai diritti naturali delle donne e degli uomini e degli animali. Regole che molti paesi del mondo si sono riusciti a dare. L’Italia vi fa tanta fatica per delle leggi che tutelino il diritto personale di autodeterminazione, proprio per i motivi che ho elencato. Infatti, ancora non ha depositato il Decreto Ministeriale per l’attuazione della Convenzione di Oviedo. Non ha inviato alla Commissione di Ginevra della Convenzione ONU il primo rapporto che tutti gli stati, nei due anni successivi alla ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità, devono inviare alle Nazioni Unite, per consentire al Comitato che se ne occupa di valutarne i contenuti e le eventuali contraddizioni con le legislazioni nazionali vigenti. Per l’Italia il termine era quello del marzo 2011, ma ad oggi ancora tutto tace. Che il nostro bel paese abbia delle cose indicibili da nascondere?

Arrivo al Disegno di Legge 10 che è in dirittura di discussione in Senato. È nata sulla falsariga del Decreto Berlusconi Salva-Eluana. Recita degli articoli fondamentalmente per persone in stato vegetativo.

Una legge sulle disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari dovrebbe unicamente avere la funzione di garantire i pazienti dal rischio di terapie non più utili e dal prolungamento insensato di un’agonia per rispettare la dignità della persona. I più recenti rilevamenti Eurispes danno il 74,7% degli italiani favorevoli alle disposizioni anticipate sui trattamenti sanitari e il 50% favorevoli all’eutanasia. Questi principi ormai fanno parte del sentire comune del paese. Gli italiani sono consapevoli di certi rischi e non vogliono demandare ad altri decisioni difficili anche quello sull’eutanasia.
Ma se questa proposta di legge verrà approvata in Senato, i cittadini italiani, diversamente da tedeschi o americani e altri ancora non potranno decidere nulla. Se non subirà profondi cambiamenti, diventerà una legge incostituzionale per l’offesa che reca al diritto della libertà personale e alla dignità dei cittadini. Ci prepariamo a un referendum abrogativo di una legge che ci espropria della libertà di scelta?  Sicuramente i cittadini si rivolgeranno ai tribunali come era accaduto con la legge40 sulla procreazione assistita. E a suon di sentenze ci si appellerà alla Corte Costituzionale. Welby direbbe “È triste vivere in un paese dove il governo fa i miracoli e la chiesa fa le leggi”.
Anche la libertà di limitare le proprie terapie con questa legge viene messa in bilico per la citazione dei codici penali 575, 579 e 580. l’interruzione della ventilazione e della nutrizione artificiale e di qualsiasi altra terapia salvavita potrebbero essere assimilati a omicidio volontario. Quanti ricorsi ai giudici potrebbero esserci! Ma non ci stancheremmo a farli.
Un ricordo: 12 anni fa era stata archiviata la procedura di denuncia della moglie di Emilio Vesce. In nessun conto era stato tenuto dai medici il testamento biologico che Emilio Vesce aveva redatto. Un infarto, seguito da anossia, compromise e spense la sua corteccia celebrale, provocandogli una “morte corticale”. La motivazione fu che «lo stato vegetativo per la legge è ancora vita, per cui qualsiasi atto medico destinato a stabilizzarlo non può configurarsi come accanimento terapeutico, ma come atto medico. La tracheostomia e la gastrostomia sono atti di assistenza di base. […] Compito del medico non è solo quello di guarire ma […] anche quello di mantenere in vita il paziente in stato vegetativo persistente» -.
L’esito del caso Vesce, pur nella sua scontatezza, avrebbe potuto, se ci fosse stato un giudice a Berlino, rappresentare un volto nuovo sul delicato fronte della legalità e del rispetto delle volontà espresse da un adulto.

Il verdetto dei giudici per Eluana Englaro era di posizione opposta. Ma l’ipocrisia clerico-perbenista sembra esser una maschera della quale l’Italia non sa fare a meno. In un porta a porta qualche anno fa, un medico consigliava una madre, stressata dalle cure e attenzioni da diversi anni verso un figlio in stato vegetativo, di diminuire progressivamente il contenuto della sacca per la nutrizione artificiale, fino a causare il decesso del proprio figlio. L’unico a rimanere interdetto dei presenti fu il padre di Eluana Englaro che testardamente ribadì: “io voglio per mia figlia una risposta dalla e nella “società”.

Da un’altra parte c’è un medico di famiglia ipocrita che costringe i parenti di una persona novantenne ad accettare di farle posizionare il sondino naso-gastrico per la nutrizione artificiale perché non poteva più nutrirsi adeguatamente. Io preferirei essere accompagnata amorevolmente da una mano che mi imbocca, anche se il cibo non è più sufficiente, e mi accarezza, e non con nutrizione forzata, contro la mia volontà. 

Da una parte l’ipocrisia non vuole lasciarci morire, quando lo vogliamo e come vogliamo noi, ma c’è in corso una programmazione burocratica dei posti letto negli ospedali che fa orrore ed è causa di sofferenze e morti in disperazione. Il malato non può occupare il letto più di tanto, poi va dimesso. L’assistente sociale che conosce le condizioni della famiglia deve tacere e la famiglia si arrangia, perché anche da parte delle ASL non c’è sempre il pronto intervento per assicurare le cure domiciliari.

A malincuore ho accettato quell’orribile video manifesto della nostra Associazione A.A.A. Cerchiamo Malati Terminali per ruolo da attore protagonista, perché riflettendo e dormendoci sopra sono venuta alla conclusione che soltanto con un impatto forte, sgradevole e scandaloso si può ottenere ascolto in un paese con i tappi nelle orecchie, i tappi di una tv pubblica che anestetizza o meglio manipola i cervelli di sprovveduti cittadini, incollati agli schermi, spesso fin da bambini.

Quando noi diciamo che la proposta di legge Calabrò in Senato è incostituzionale e contro la libertà di scelta dei cittadini, c’è l’ex-sottosegretario Eugenia Rocella che mischia le carte e dice che i radicali vogliono una legge per l’Eutanasia. Certo che la vogliamo una legge che ci tuteli e che dia libertà di scelta a tutti i cittadini come essere o non essere curati, ma non facciamo confusione. L’accento non è sul come morire, ma sul come essere liberi e avere l’assistenza medica nel nostro personalissimo e migliore interesse anche nel momento estremo dove solo il morire può essere ancora il meglio da scegliere e se necessario anticiparlo nel tempo. E per questo ripeto che non finiremo tutti in stato vegetativo e non si devono strumentalizzare i disabili per definire, quanto sia importante la nutrizione artificiale! Questo doloroso capitolo chiudo con le parole di Luca Coscioni, espresse nel dicembre del 2005, dove ci indica, come deve essere fatta una buona legge per le nostre disposizioni anticipate sui trattamenti: “Ecco dunque il diritto alla dignità del morire, il riconoscimento del diritto di morire dignitosamente, il riconoscimento della volontà del morente, libera, autentica volontà assunta come norma che preveda e garantisca, la manifestazione della coscienza di ciascuno di noi, che non esprima altro significato se non quello intimamente voluto.” Ecco il nostro primo attore che ha dato la sua testimonianza con il proprio corpo.

Lo ha seguito Piero Welby che conclude così la sua lettera al Presidente della Repubblica Napolitano: Il mio sogno, anche come co-Presidente dell’Associazione che porta il nome di Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l’eutanasia.  Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi.

Terminò la sua vita non per eutanasia volontaria, come avrebbe voluto, ma accettando l’interruzione della terapia ventilatoria, anche se per lui era difficile e doloroso, ma con la sicurezza che Mina, il soldatino, come nell’ultimo pomeriggio mi aveva chiamato, avrebbe continuato la sua battaglia per una legge che garantisca a tutti il diritto alla piena libertà di scelta.

È vero quello che dice Martin Lutero: la superstizione, l’idolatria e l’ipocrisia percepiscono ricchi compensi, mentre la verità va in giro a chiedere l’elemosina.

Eccovi alcuni attori protagonisti: ne abbiamo di conosciuti, per es. Paolo Ravasin che lotta per una vita di qualità per la sua libertà di scegliere, Rosma Scuteri che altre tre volte è saltata dalla pala del becchino, perché è attaccata alla vita come un vitigno, anche se non riesce nemmeno più a comunicare con il suo eye gaze, e anche con l’etran la capisce solo chi è allenato. Reclama in un vecchio video, ancora sul nostro sito, quanto sia importante per persone imprigionate in un corpo inerme come il suo, avere accanto assistenti che la rispettino come persona e che non la trattino come se fosse una bambola. Donatella Chiossi che si propone come cavia per esperimenti sul suo corpo colpito dalla SLA e le viene rifiutato. Ricordo con affetto Luisa Panattoni che non poteva affrontare il viaggio. Lei nonostante infiniti ostacoli e difficoltà, da insegnante di materie in agraria, per la sua sclerosi multipla, è diventata insegnante di vita. Sono convinta che una maestra del suo spessore non sarà mai dimenticata. Ma aiuterà a molti dei suoi alunni a inventarsi una vita nuova, se un caso determinasse la necessità.

Alberto Damilano caparbiamente non voleva inviare un messaggio. Ma da protagonista dal vero ci invia i suoi libri “Questa notte la mia”, dove lo potete riconoscere nel protagonista, chiamato Andrea, non da medico, che realmente è, ma da giornalista impegnato. Un forte messaggio culturale di integrazione nella vita, di adattamento a tutte le situazioni e soluzioni di problemi. Questo era il suo messaggio al Congresso: mentre cresce il mio impegno sul piano culturale, sarei felice di farti avere copie del libro anche come finanziamento per l’associazione. La situazione è questa: mi sono avanzate circa un centinaio di copie della prima edizione edita da Ali&No, mentre ho firmato un nuovo contratto con la Longanesi, per cui uscirà, stavolta in tutte le librerie, a gennaio del nuovo anno. Un applauso a questo nostro grande protagonista! Grazie Alberto!

Gli anelli deboli, i malati, disabili, anziani diventino anelli forti di tenuta, di assicurazione con la propria battaglia personale per il bene di questo paese.

Non devo dimenticare Luisa Codato, nostra iscritta di Marcon (VE), che lamenta che Venezia con 1300 firme e Marcon con 320 hanno rifiutato di istituire il registro per il Testamento biologico.

A dimostrazione della sua volontà ha protocollato il suo testamento biologico al suo Comune di Marcon. I suoi medici che la curano con chemioterapia per la sua patologia oncologica le hanno raccomandato di portare sempre con sé il suo testamento biologico protocollato.