Intervento di Elena Cattaneo al convegno Staminali e fecondazione assistita: evoluzione giurisprudenziale dei diritti della persona

L’utilità della ricerca sulle staminali embrionali oramai è sotto gli occhi di tutti. Mi riferisco, ad esempio, al risultato dei colleghi svedesi. Loro sì che hanno potuto studiarle senza freno a mano tirato queste staminali embrionali per ottenere i neuroni che muoiono nel Parkinson. Il Parkinson è un’altra malattia dove muoiono neuroni. Anche loro hanno indirizzato la loro attività di ricerca su queste cellule perché molto capaci di specializzarsi. Questa è un po’ “la magia e il mistero” di queste cellule. A seconda di ciò che aggiungiamo nel mezzo di cultura, loro differenziano in un tipo di cellula. La cosa interessante è che questi colleghi svedesi, per la prima volta, questo lo hanno pubblicato prima di Natale: riescono con un protocollo a istruire queste cellule in modo da generare esattamente i neuroni che muoiono nel Parkinson, proprio quelli, non neuroni generici, proprio quelli autentici che muoiono nel Parkinson, hanno tutte le prove. Non solo, trapiantano queste cellule nel topolino e nel ratto – santa sperimentazione animale di cui non potremmo fare a meno – e dimostrano che queste cellule, non solo sopravvivono e diventano neuroni, ma producono dopamina. Inducono un recupero comportamentale in quegli animali. Addirittura, risultato che aspettavamo da anni, dimostrano che queste cellule che mai avevano visto un cervello prima e che arrivavano dalla blastocisti per poi svilupparsi in un piattino di laboratorio – erano anche in grado di riconnettersi con il tessuto nel quale sono state trapiantate. Nella diapositiva vedete sezioni del cervello dell’animale trapiantato, il marrone indica proprio le connessioni, si vedono tanti “prolungamenti”, indice di quanta dispersione di connessione c’è a suggerire che, forse, un domani, davvero saremo in grado di ricostruire i circuiti lesi per questa malattia.

 

Questa sarà la fonte di cellule che entrerà in clinica per il Parkinson. Queste sono staminali embrionali umane. Noi non ci togliamo mai da nessun confronto, anzi, proprio il mio laboratorio lo ha stimolato anche se noi non lavoriamo sul Parkinson, ma siamo parte di diversi consorzi europei. Questa iniziativa l’abbiamo chiamata “Gforce”, mettendo insieme quattro diversi angoli del mondo: i giapponesi, che lavorano sulle IPS e anche loro vogliono andare in clinica per il Parkinson; il nostro Consorzio europeo; gli americani e anche il CIRM della California.

 

Non c’è solo il Parkinson come bersaglio terapeutico interessante con queste cellule embrionali staminali. Altri lavorano sulla degenerazione della retina o il diabete. Saranno gli esperimenti a dire se, quando e per quali malattie, le cellule analoghe surrogate, quindi quelle riprogrammate, saranno interessanti in modo analogo.

 

Qual è il messaggio con il quale vi lascio? Da questa piccola storia di questo pugno di cellule così interessanti ho imparato due cose. La prima è che la libertà è un bene che si consuma di giorno in giorno. Quindi, ecco che quando scatta la mezzanotte dobbiamo ricominciare a presidiare questa libertà, questo territorio, affinché sia libero per tutti. La seconda è che la libertà include il dovere di contrastare chi lavora per smantellare la realtà.