Incontro Coronavirus e scienza: ecco cosa si è detto

Un incontro online, uno spazio virtuale, in cui condividere informazione e conoscenza su quella che è stata definita la più grave crisi dal secondo dopoguerra ad oggi. Un’occasione pubblica di approfondimento e confronto, aperta a tutti, per sentire la parola dei maggiori esperti in campo e proporre soluzioni concrete all’emergenza senza precedenti che ci vede tutti protagonisti. 

È questo il senso degli incontri che l’Associazione Luca Coscioni sta promuovendo ogni sabato, in diretta GoToWebinar, Facebook, YouTube e sul proprio sito. Scienziati, medici, giuristi, politici, ricercatori sono chiamati a discutere e analizzare misure, attività ed iniziative politiche necessarie per far fronte alla crisi, difendendo il metodo scientifico, le libertà fondamentali e la democrazia. Perché mai come ora le ragioni della libertà e della scienza, che l’Associazione Coscioni è nata per difendere, sono le base fondamentali da cui ripartire.


— L’unità di (in) crisi della Lombardia —

A fare il punto sulla situazione, in Italia e nella sua regione più colpita, la Lombardia, durante il primo incontro di sabato 21 marzo, sono intervenuti Enrico Bucci, PhD Adjunct Professor in Systems Biology Sbarro Health Research Organization della Temple University, e Michele Usuelli, Pediatra e Consigliere Regionale Lombardia Più Europa – Radicali.

Entrambi hanno cercato di fare chiarezza sul perché l’Italia sta affrontando un’epidemia “peggiore” di quella cinese. La risposta principale è nel ruolo del contagio comunitario, in particolare negli ospedali, dove la velocità di raddoppio del virus cresce fortemente, aggravando di molto la crisi epidemica. I due esperti hanno sottolineato  come le strutture sanitarie italiane, salvo alcune eccezioni, non siano attrezzate per il controllo ed il contenimento delle malattie infettive in ambito ospedaliero, così come non sono preparati i medici, i quali da generazioni non hanno visto un’epidemia come l’attuale.

La testimonianza diretta dell’anestesista Mario Riccio è stata illuminante anche sulle scelte drammatiche che si devono prendere nei reparti di rianimazione. Da qui, la richiesta urgente alle Istituzioni di un cambio di mentalità, che coinvolga e tuteli principalmente il personale sanitario e le strutture ospedaliere, in Lombardia come in ogni altra regione italiana, ad esempio per mettere a disposizione dei medici delle strutture di pernottamento laddove necessario.


— Un’emergenza psicologica —

La grave emergenza sanitaria da Coronavirus purtroppo si configura, sempre più, anche come un’emergenza psicologica. Il professor Fabrizio Starace – Presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP) e consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, ha affrontato il tema delicato delle conseguenze psicologiche della pandemia in corso.

Un aspetto ancora troppo poco conosciuto, ma che coinvolge tutti: dalle categorie a rischio ai cittadini in quarantena, dai pazienti positivi agli operatori sanitari, che stanno pagando un tributo enorme in termini di vite stroncate e livelli di stress ai limiti della tollerabilità. Un occhio al post-epidemia, prevedendo gli interventi necessari e le patologie che sicuramente si manifesteranno sotto forma di disturbi post traumatici da stress è d’obbligo e non può essere sottovalutato. 


— Democrazia a rischio? —

Oltre alla salute, fisica e mentale, anche diritti e libertà personali sono da tutelare più che mai in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. Ed è per questo che le Istituzioni hanno un compito ben preciso, secondo Giulio Enea Vigevani, professore di diritto costituzionale alla Bicocca di Milano, ovvero “dimostrare che la democrazia funzioni meglio dei sistemi autoritari” anche in situazioni di emergenza.

Ad oggi, in nome della sicurezza collettiva, si chiede alla democrazia occidentale di mettere da parte alcuni dei diritti fondamentali ed è proprio su questo delicato gioco di equilibri che saremo chiamati a fare i conti, dopo l’emergenza, secondo Marilisa D’Amico, Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Milano.

Il rischio da scongiurare è che i cittadini si rendano disponibili a cedere diritti e libertà personali in nome di un più grande bisogno di sicurezza totale, accettando la logica di accentramento di poteri nella diarchia Governo-esperti. E in assenza di una attività di controllo sull’operato del Governo, rinunciarci a priori diventerebbe davvero pericoloso. Anche perché le scelte fondamentali rimangono scelte politiche, non possono essere delegate ai medici (il cui parere è pure fondamentale), come ha notato Gilberto Corbellini, dell’Associazione Luca Coscioni.


— Europa al bivio —

Un’occasione di rinascita oppure il rischio di una fine annunciata. La sfida che oggi l’Europa si trova ad affrontare è senza precedenti e come tale può presentare esiti non scontati. La (non) risposta delle Istituzioni Europee alla crisi sanitaria attuale fino ad oggi rende ancora più urgente la necessità di una risposta condivisa.

Sono d’accordo Fabio Massimo Castaldo, Vice Presidente del Parlamento Europeo, Daniela Rondinelli e Pietro Fiocchi, europarlamentari, e Pier Virgilio Dastoli, Movimento Europeo: una strategia comune che promuova azioni coordinate dei diversi Paesi, attraverso un protocollo comune, è una priorità assoluta, assieme alle iniziative economiche e fiscali che si stanno avviando per supportare gli Stati colpiti dall’epidemia. Se non ora, quando? Una petizione al Parlamento europeo è stata lanciata dall’Associazione Luca Coscioni insieme a Eumans e a altre organizzazione europea. Oltre 5.000 cittadini, con il premio Nobel Robert Richards, hanno sottoscritto in poche ore.

Insomma, la sfida è aperta su più fronti e l’esito non è scontato. La premessa per far sì che la democrazia sopravviva a questa crisi è che tutte le decisioni riguardanti i cittadini, le loro libertà, i loro diritti, i loro rischi, vengano prese davanti all’opinione pubblica in un dibattito politico-parlamentare che in queste ore più che mai deve dimostrarsi attivo e rappresentativo. Perché la conoscenza è il primo strumento a difesa (e garanzia) di una democrazia liberale.