Il senatore, ‘a chiesa, lo sviluppo autopropulsivo

Dichiarazione di Maurizio Bolognetti, Coordinatore regionale RNP e componente della Direzione nazionale RNP

Il Senatore Antonio Boccia, mitico esponente della peggiore tradizione democristiana lucana, alfiere di una componente della vecchia DC, che a breve potrebbe ricevere dall’ Unione europea il marchio Doc, questa mattina si esercita in alcune avvincenti considerazioni sul tema della laicità e sui pacs.

Il senatur non ha ben inteso che laicità non significa divieto per vescovi, monsignori, cardinali, papi di intervenire e parlare a reti unificate, ma evitare che la morale di monsignori, vescovi, cardinali e papi, per esempio in materia di sessualità o di matrimonio o di pacs, venga trasformata in legge dello Stato. Un concetto semplice, che, ahimè, per un fondamentalista come Boccia è davvero impossibile comprendere.

Il mitico senatore, nel negare ingerenze vaticane nella vita politica del nostro Paese, arriva a far riferimento all’articolo 21 della Costituzione per sottolineare il diritto dei monsignori a poter parlare. Naturalmente è lo stesso Boccia che mai si è pronunciato sul diritto dei cittadini italiani a poter conoscere per deliberare, in riferimento, ad esempio, alle proposte radicali in materia di Pacs. La Chiesa, per Boccia, “contribuisce alla salvezza della società”; e Boccia si commuove quando vede Bertinotti “scambiare il segno della pace durante la messa”. Il senatore Boccia è noto in questa regione per aver inventato lo slogan “sviluppo autopropulsivo”. In realtà, in questi anni, l’unica autopropulsione che abbiamo visto è stata quella dei lucani che hanno abbandonato questa bellissima terra. L’autopropulsione di Boccia è valsa più che altro per una classe politica inetta, che, come uno sciame di cavallette, ha sperperato risorse, ad iniziare dai finanziamenti europei, ed ha creato un sistema di potere che pesa su questa regione come una cappa, soffocandone le migliori energie. Tra un inchino e un Ave Maria, un segno di pace, un Padre nostro, l’oligarchia lucana, sen. Boccia in testa, hanno fatto della clientela e della lottizzazione il loro vero credo, la loro unica vera fede. In realtà, si battono in petto e fanno comunella con i monsignori per meglio fottere il popolo lucano: la fede è la comoda foglia di fico dietro la quale nascondere il volto corrotto e decomposto del potere che essi rappresentano. Niente di più ateo di questi capibastone, delle loro cosche, delle loro ndrine e dei pizzini che quotidianamente si scambiano sulle pagine dei giornali lucani, evocando poi incredibilmente l’art. 21. Ahì, che dolor!!! Se continua così, se davvero continua così, temo che uno di questi giorni anch’io mi darò allo sviluppo autopropulsivo. Da anni tento di aprire una breccia in un contesto che definire mafioso è eufemismo Ed ogni volta che riesco a trovare un varco con una sortita corsara, si scatena l’apocalisse. In fondo vanno bene tutti, ma proprio tutti, a patto che non si tratti di radicali(quelli veri, non quelli di Bertinotti). Che fare?! Non riesco proprio a rassegnarmi all’idea che questa terra resti in eterno terra di conquista per i Boccia e per i Bubbico, dei Colombo e dei suoi eredi, e di tutti coloro che fanno della politica un mezzo per asservire.