Il Governo dica se intende rispettare la sentenza della Consulta sul Suicidio assistito

Il Governo Draghi si rifiuta di fornire i pareri sugli emendamenti al testo base sul suicidio assistito. Dopo tre anni di inazione, il ritardo che si protrae di settimana in settimana è un chiaro segnale politico di contrarietà al tema.

“Non possiamo non interpretare il comportamento omissivo e dilatorio dell’Esecutivo – dichiara Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – e in particolare dei Ministri responsabili Cartabia e Speranza – come una precisa scelta politica di contrarietà a che finalmente – a tre anni dal primo richiamo da parte della Corte costituzionale in occasione del processo Cappato/Antoniani – la sentenza della Consulta sia rispetta e la legge sia adottata dalle Camere. Come Associazione Luca Coscioni auspichiamo che le Parlamentari e i Parlamentari decidano di reagire in difesa delle prerogative del Parlamento pretendendo un termine certo per l’esame degli emendamenti e del passaggio del provvedimento in Aula”.

“L’infinito e ingiustificato ostruzionismo trova riscontro anche nell’atteggiamento di Governo e Parlamento nei confronti di Mario (e ora anche di Antonio) in attesa dell’avvio dell’iter presso l’ASL per la verifica delle condizioni per poter accedere al suicidio assistito. Il Ministro Speranza giustifica la sua inazione con la necessità di trovare un accordo con le Regioni. La sentenza di incostituzionalità della Corte sull’articolo 580 del codice penale è chiarissima, direttamente applicabile dal 28 novembre 2019 , non prevede atti successivi, ha valore di legge in sé, – aggiunge Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni. Non ci sono più scuse né alibi per la mancata assunzione di responsabilità. 

Le istituzioni devono garantire l’esercizio del diritto di libertà di scelta delle persone. Le omissioni del Governo non fornendo un parere su di un testo di legge sul suicidio assistito che di fatto trasforma in legge una sentenza costituzionale e che lascia intatte discriminazioni inaccettabili per la persona malata in base alla gravità dello stato della sua malattia. 

Continua Filomena Gallo” Voglio ricordare Daniela, che con l’intenzione di procedere con morte assistita prima di perdere la piena capacità di agire, aveva chiesto di poter essere sottoposta a verifica delle condizioni dopo che i medici avevano interrotto la chemioterapia perché per lo stato del suo cancro risultava inutile. Daniela ha ottenuto un diniego dalla ASL perché nonostante fosse malata terminale non aveva ancora trattamenti di sostegno vitale e non ha potuto accedere alla morte assistita. La sua condizione di malata oncologica terminale priva di trattamenti di sostegni vitali non rientrava nei requisiti previsti dalla decisione della Corte Costituzionale affinché l’aiuto fornito non fosse reato.

Se la Corte ha emesso una sentenza di incostituzionalità avendo come riferimento una situazione in cui la persona malata possedeva determinati requisiti, il legislatore non può adottare norme che mantengono discriminazioni tra malati! Sembra ormai chiaro che Governo e Parlamento vogliono vietare in ogni modo che si possa decidere sulla propria vita”