Eutanasia, Welby: depositata pdl in Cassazione. Mai più m‏orire all’estero

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“Le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico ed al personale sanitario che abbiano praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente”: questo è uno stralcio di un articolo del  testo della proposta di legge di iniziativa popolare  “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”, appena depositata negli uffici di Cassazione da Mina Welby, co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, come prima firmataria insieme a Carla Welby, la sorella di Piergiorgio, Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Emilio Coveri, presidente di Exit-Italia e Neri Marchisio, Stefano Incani, membro del comitato di coordinamento Uaar,  i parlamentari radicali Rita Bernardini e Marco Perduca, Mario Riccio, l’anestesista di Piero Welby, il segretario di Radicali italiani Mario Staderini, il consigliere regionale Rocco Berardo, il ginecologo e dirigente dell’Associazione Luca Coscioni Luigi Montevecchi.  Al termine delle procedure Mina Welby ha così dichiarato “ questa proposta di legge deve servire affinché non ci sia più un caso Welby, affinché tutti i cittadini italiani possano vivere il momento della morte con serenità e non combattendo contro uno Stato proibizionista che entra nelle loro case per imporre il sondino”. Emilio Coveri: “ Sono più di 50 le persone che si sono recate nell’ultimo anno all’estero per morire. E’ tempo di finire con la morte in esilio”. Aggiunge Filomena Gallo: “Gli ultimi sondaggi nazionali e internazionali dicono che oltre il 70% dei cittadini italiani è favorevole all’autodeterminazione in materia di fine vita”. Conclude Marco Cappato: “E’ questo il momento di mobilitarsi tutti per obbligare il futuro Parlamento a discuterne. Da oggi lanciamo l’appello per richiedere le disponibilità alla raccolta e autenticazione delle 50000 firme”.

 

Di seguito il testo della proposta di legge:

“Relazione

Ben oltre la metà degli italiani, secondo ogni rilevazione statistica, è  a favore dell’eutanasia legale, per poter scegliere, in determinate condizioni, una morte opportuna invece che imposta nella sofferenza. I vertici dei partiti e la stampa  nazionale, invece, preferiscono non parlarne: niente dibattiti su come si muore in Italia, tranne quando alcune storie personali si impongono: Eluana e Beppino Englaro, Giovanni Nuvoli, i leader radicali Luca Coscioni e Piero Welby.

Oggi, chi aiuta un malato terminale a morire – magari un genitore o un figlio che implora di  porre fine alla sofferenza del proprio caro – rischia molti anni di carcere. Il diritto costituzionale a non essere sottoposti a trattamenti sanitari contro la propria volontà è costantemente violato, anche solo per paura, o per ignoranza. La conseguenza è il rafforzamento della piaga tanto dell’eutanasia clandestina che dell’accanimento terapeutico.

Per rimediare a questa situazione, proponiamo poche regole e chiare, che stabiliscano con precisione come ciascuno possa esigere legalmente il rispetto delle proprie decisioni in materia di trattamenti sanitari, ivi incluso il ricorso all’eutanasia.

“Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”

Articolo 1

Ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di  trattamento di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale. Il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente ove essa:

1) provenga da soggetto maggiorenne;

2) provenga da un soggetto che non si trova in condizioni, anche temporanee, di incapacità di intendere e di volere, salvo quanto previsto dal successivo articolo 3;

3) sia manifestata inequivocabilmente dall’interessato o, in caso di incapacità sopravvenuta, anche temporanea dello stesso, da persona precedentemente nominata, con atto scritto con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, “fiduciario per la manifestazione delle volontà di cura”.

Articolo 2

Il personale medico e  sanitario che non rispetti la volontà manifestata dai soggetti e nei modi indicati nell’articolo precedente è tenuto, in aggiunta ad ogni altra conseguenza penale o civile ravvisabile nei fatti, al risarcimento del danno, morale e materiale, provocato dal suo comportamento.

Articolo 3

Le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico ed al personale sanitario che abbiano praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente, qualora ricorrano le seguenti condizioni:

1) la richiesta provenga dal paziente, sia attuale e sia inequivocabilmente accertata;

2) il paziente sia maggiorenne;

3) il paziente non si trovi in stato, neppure temporaneo, di incapacità di intendere e di volere, salvo quanto previsto dal successivo articolo 4;

4) i parenti entro il secondo grado e il coniuge con il consenso del paziente siano stati informati della richiesta e, con il consenso del paziente, abbiano avuto modo di colloquiare con lo stesso;

5) la richiesta sia motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi;

6) il paziente sia stato congruamente ed adeguatamente informato delle sue condizioni e di tutte le possibili alternative terapeutiche e prevedibili sviluppi clinici ed abbia discusso di ciò con il medico;

7) il trattamento eutanasico rispetti la dignità del paziente e non provochi allo stesso sofferenze fisiche. Il rispetto delle condizioni predette deve essere attestato dal medico per iscritto e confermato dal responsabile della struttura sanitaria ove sarà praticato il trattamento eutanasico .

Articolo 4

Ogni persona può stilare un atto scritto, con firma autenticata dall’ufficiale di anagrafe del comune di residenza o domicilio, con il quale chiede l’applicazione dell’eutanasia per il caso in cui egli successivamente venga a trovarsi nelle condizioni previste dall’art. 3, comma 5 e sia incapace di intendere e volere o manifestare la propria volontà, nominando contemporaneamente, nel modo indicato dall’art. 1, un fiduciario, perché confermi la richiesta, ricorrendone le condizioni.

La richiesta di applicazione dell’eutanasia deve essere chiara ed inequivoca e non può essere soggetta a condizioni. Essa deve essere accompagnata, a pena di inammissibilità, da un’autodichiarazione, con la quale il richiedente attesti di essersi adeguatamente documentato in ordine ai profili sanitari, etici ed umani ad essa relativi.

Altrettanto chiara ed inequivoca, nonché espressa per iscritto, deve essere la conferma del fiduciario.

Ove tali condizioni, unitamente al disposto di cui al precedente art. 3, comma 7 siano rispettate,  non si applicano al medico ed al personale sanitario che abbiano attuato tecniche di eutanasia, provocando la morte le paziente, le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593”.