Caro Presidente
non mi è stato fisicamente possibile concludere il messaggio che Le ho inviato ieri. Desidero chiederLe qualcosa che mi sta particolarmente a cuore e che riguarda la cessazione della violenza di Stato della quale sono totalmente oggetto.
Poiché continuo ad essere sottoposto ad un’atroce tortura a morte/vita, costretto a sofferenze inimmaginate, che in altri Paesi sarebbero inimmaginabili;
Poiché mi sembra evidente che sono punito per il fatto che, da radicale e nonviolento, rifiuto soluzioni clandestine – che tutti confermano essere a portata di mano – solo perché voglio onorare il diritto, applicare diritti condivisi – a chiacchiere – dal Potere;
Poiché corrispondo alla Sua attenzione ed a quella di tanti rappresentanti delle nostre istituzioni;
Le chiedo di dirmi se vi sia, a Suo avviso, altra via dignitosa rispetto a quella di realizzare un’azione di “affermazione di coscienza” e conseguente autodenuncia, commutando così l’avvenuta sottrazione alla tortura cui sono illegittimamente sottoposto in reato, in crimine per la… Repubblica italiana.
Cordialmente,
P. Welby