Quindici anni fa moriva Piergiorgio Welby, oggi difendiamo il Referendum Eutanasia Legale in Corte

La seduta della Corte costituzionale è fissata per il prossimo 15 febbraio: “Dopo Welby siamo pronti a difendere la volontà di oltre un milione di italiani”

Il 20 dicembre 2006, dopo 88 giorni di lotta nonviolenta per poter “morire senza soffrire” Piergiorgio Welby riuscì a ottenere quanto chiedeva da persona malata e da co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni.

«Non sono né un malinconico né un maniaco depresso – scrisse in una lettera al Presidente della Repubblica a settembre del 2006 – “Morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio … è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti»

Quanto ottenuto da Piergiorgio, grazie in particolare all’aiuto medico del dottor Mario Riccio e al sostegno dell’Associazione Luca Coscioni, rappresenta l’inizio di un percorso di conquiste di diritti reso possibile da disobbedienze civili di Mina Welby e Marco Cappato e i conseguenti ricorsi giurisdizionali coordinati da Filomena Gallo e a chi ha deciso di rendere nota la propria volontà rispetto alle scelte di fine vita.

“Il 2021 è un anno speciale, siamo alla vigilia del giudizio di ammissibilità della Corte sulla costituzionalità sul quesito referendario che ha coinvolto moltissime persone l’estate scorsa. Il prossimo 15 febbraio si terrà l’udienza in Corte Costituzionale sull’ammissibilità del referendum di abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale relativo all’omicidio del consenziente” ha annunciato il Segretario dell’Associazione Luca Coscioni Filomena Gallo al Consiglio Generale in corso, nel giorno del ricordo della morte di Welby.

L’oggetto affronta casi come quello del nostro ex co-presidente e per cui Mario Riccio, medico che staccò il respiratore di Welby, fu indagato con un procedimento che si concluse 7 mesi dopo con una sentenza di non luogo a procedere.

Il giudice riconobbe che il comportamento del dottor Riccio rientrava nella norma che punisce l’omicidio del consenziente (l’articolo al centro del quesito referendario), osservando però che la condotta del medico si era realizzata nel contesto di una relazione terapeutica e quindi sotto la copertura costituzionale del diritto del paziente di rifiutare trattamenti sanitari non voluti.

Per questi motivi Mario Riccio risultò non perseguibile perché aveva adempiuto a un dovere e, in quanto tale, rientrava nella causa di non punibilità.

Quella sentenze segnò un passaggio fondamentale che a livello giurisprudenziale ha sancito il diritto all’interruzione delle terapie previa sedazione palliativa profonda – diretta espressione dell’articolo 32 della Costituzione.

Affetto da distrofia muscolare Piergiorgio Welby è stato il primo a “dare corpo” alla lotta per l’eutanasia legale e per il diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico in Italia. La condizione nella quale si ritrovava lo spinse a chiedere più volte che gli venisse «staccata la spina», ma la sua richiesta non fu accolta in quanto pareva contrastante con le leggi in vigore.

Il 20 dicembre 2006, fu sedato e successivamente fu staccato il respiratore, alla presenza della moglie Mina, della sorella Carla e dei compagni dell’Associazione Luca Coscioni, tra cui Marco Pannella e Marco Cappato, attuale Tesoriere. Il dottor Riccio fu interrogato immediatamente dalla Digos assieme a Cappato, che aveva aiutato Welby anche procurandogli la disponibilità da parte di medici belgi a praticargli l’eutanasia nel caso in cui non fosse stato possibile sedarlo.

“Piergiorgio Welby – ricorda Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni – fu il primo malato in Italia che ottenne – chiedendolo pubblicamente – di essere aiutato da un medico a morire. Da malato di distrofia muscolare la sua lotta ha aperto la strada, con il proscioglimento del medico Mario Riccio, alle sentenze successive e alla legge sul testamento biologico arrivata nel 2017.

Welby, da copresidente dell’Associazione Luca Coscioni, si batteva innanzitutto per la qualità della vita delle persone con disabilità, per il loro diritto a leggere, a comunicare, a votare, a godere dei benefici della scienza. La sua richiesta di legalizzazione dell’eutanasia era un atto di amore per la vita e per il diritto.

Dopo 15 anni, gliene siamo sempre più riconoscenti e con la proposta di legge d’iniziativa popolare del 2013 e il referendum che a febbraio sarà davanti alla Consulta portiamo avanti la sua e nostra lotta per l’affermazione di volontà e coscienza”.