Ecco cosa si è detto nella quarta sessione di “Coronavirus Scienza e diritti”

“Sono 12 anni che in Italia manca il Piano Sanitario Nazionale. Prima di pensare a modifiche costituzionali bisogna porsi la domanda: le regole attuali sono rispettate?”. Così Marcello Crivellini, docente del Politecnico di Milano e consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, ha avviato il dibattito sul tema “salute e politica”, al centro del quarto incontro organizzato dall’Associazione Luca Coscioni in diretta streaming ogni sabato mattina su GoToWebinar, Facebook, YouTube e sito web.

Anche questa settimana, scienziati, politici, giuristi e comunicatori si sono dati appuntamento per fare il punto sulla crisi Covid-19, con una riflessione particolare sul “dopo” e su come ripartire nel modo giusto. Al centro di questa sessione, condotto dai vertici dell’Associazione Filomena Gallo, Marco Cappato, Marco Perduca e il professor Michele De Luca, come sempre, la tutela e la valorizzazione della ricerca scientifica, cuore pulsante delle attività della Associazione Coscioni, con lo scopo di garantire una effettiva applicazione del del diritto di tutti alla salute. Perché mai come ora le ragioni della libertà e della scienza sono le base fondamentali da cui ripartire


— Salute e politica —

La crisi sanitaria che stiamo vivendo in queste settimane offre l’opportunità di analizzare le dinamiche del Servizio Sanitario nazionale, sollecitato dall’emergenza epidemica, e di valutare la necessità o meno di riformare alcune regole generali che lo governano, come ha sottolineato in apertura Marco Gentili, co-Presidente dell’Associazione Luca Coscioni. 

Una delle questioni che si stanno rivelando più urgenti è il rapporto tra le Regioni e il Ministero della Salute. C’è davvero la necessità di cambiare questo rapporto (magari anche con modifiche costituzionali), come alcuni sostengono, conferendo maggiori poteri al livello centrale oppure no? Secondo Marcello Crivellini, appunto, prima di pensare alle riforme occorre iniziare a seguire le leggi già esistenti. Basti pensare, infatti, che l’ultimo Piano Sanitario nazionale, lo strumento di programmazione più importante in materia di salute e sanità, è relativo al biennio 2006-2008, quindi aggiornato a più di dieci anni fa. Le regole ci sono dunque, bisogna iniziare a rispettarle.

Come ha poi sottolineato Giulio Enea Vigevani, professore di diritto costituzionale alla Bicocca di Milano, i temi centrali della sanità dei prossimi anni avranno necessariamente bisogno di una governance europea, per superare la logica poco efficiente della molteplicità di sistemi regionali in materia sanitaria. D’accordo anche il Sindaco di Pesaro e vice presidente dell’ANCI, Matteo Ricci, secondo cui il “conflitto tra Regioni e Stato non ha aiutato a lavorare bene durante questa emergenza”. 

Sulle problematiche della sanità pubblica e, in particolare, sulla necessità di far ripartire tutte quelle attività cliniche interrotte a causa del coronavirus è intervenuto Cristofaro De Stefano, responsabile della unità operativa di fisiopatologia della riproduzione dell’ospedale Moscati di Avellino. Un ospedale che è stato segnato da un felice primato nei giorni scorsi: è stata, infatti, la prima struttura pubblica al Sud ad ospitare la prima gravidanza da fecondazione eterologa, dopo 35 anni. Una bellissima notizia che, come ha sottolineato Filomena Gallo, avvocato da anni in prima linea su questa battaglia e Segretario Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, “rende ancora più urgenti le azioni che stiamo conducendo in tutte le Regioni inadempienti affinché prevalgano i diritti alla salute che con la legge 40 per troppo tempo sono stati violati”.


— I traguardi della ricerca —

Investire e credere nella ricerca è, dunque, la base per il futuro. Ma a cosa serve la ricerca sul covid-19? E cosa ha prodotto fino ad ora? Enrico Bucci, PhD Adjunct Professor in Systems Biology Sbarro Health Research Organization della Temple University, ha fatto il punto su tutte le conquiste che la ricerca ha ottenuto fino ad ora sul nuovo coronavirus, dalla scoperta della sequenza genetica del virus, fino alle prime sperimentazione cliniche su farmaci potenzialmente efficaci per la cura del covid-19. 

La ricerca scientifica e i suoi studi dovrebbero essere, quindi, alla base delle decisioni politiche, specie durante periodi di emergenza, e ancor di più in vista della cosiddetta “Fase 2”, quella della ripartenza, a cui andiamo incontro. Secondo Bucci, la riapertura deve tenere in conto soprattutto ciò che non ha funzionato fino ad oggi. In particolare, una adeguata rete di medicina domiciliare e precisi meccanismi di sorveglianza attiva per evitare nuovi focolai sono precondizioni essenziali per il dopo lockdown. 

“Senza ricerca non c’è futuro”, ha commentato la scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo, che ha riconosciuto l’impegno del Governo a mettere a disposizione dei ricercatori italiani più mezzi per studiare come combattere il coronavirus. E’ stato accolto, infatti, l’ordine del giorno sulla detassazione dei reagenti per la ricerca biomedica italiana. “Abbiamo un disperato bisogno di conoscere”, ha osservato la senatrice, “se non conosciamo, non sappiamo come affrontare i pericoli del futuro”.


— (In)Formazione —

Ma come comunicare in modo efficace la scienza e i suoi risultati, senza confondere l’opinione pubblica? Un’altra grande sfida di questa emergenza è proprio quella della comunicazione corretta e dell’informazione attendibile, per evitare quello che l’epidemiologo Pierluigi Lopalco ha chiamato “il cortocircuito tra politica, scienza e comunicazione”.  Un rapporto complesso, che deve tener conto, da un lato, delle evidenze scientifiche da comunicare, spesso ancora deboli e con ampi margini di incertezza, e dall’altro delle esigenze decisionali e comunicative della classe politica, cruciali per le misure da adottare e la creazione dell’opinione pubblica.  

Su come rivolgersi alla popolazione in generale per ottenere comportamenti aderenti alle indicazioni di prevenzione è intervenuto Fabrizio Starace, psichiatra, Consigliere Generale Associazione Luca Coscioni e membro della neonata “task force della riapertura”. Secondo Starace la chiave è nella “formazione”, ovvero nell’investire risorse per rendere i cittadini più responsabili e consapevoli di sè e del valore che un comportamento errato può causare a se stessi e agli altri. Un approccio “prescrittivo”, che fa la conta di chi “sbaglia o ancora esce di casa”, rischia di essere controproducente e di indebolire, al tempo stesso, quel senso di comunità, che è invece fondamentale per superare le difficoltà.

Lo spazio per iniziare questa opera di “responsabilizzazione”, che non rappresenti solo un’azione prescrittiva-punitiva, potrebbe essere proprio quello dei media e dei social media. Come ha osservato Diego Bianchi, in arte “Zoro”, conduttore televisivo, blogger e regista, “il mondo della comunicazione ha una grande responsabilità nel raccontare l’epidemia, nei toni, ma soprattutto nella scelta di ogni singola informazione che si va a condividere. Facile comunicare qualsiasi cosa faccia notizia, la sfida è verificarla e pesare ogni singola parola in quanto creatori dell’opinione pubblica”.