Droga: la Consulta lancia pre-emptive strike contro Salvini sulla sproporzione delle pene

La sentenza n. 40 depositata l’8 marzo della Corte Costituzionale, relatrice Marta Cartabia, ha dichiarato illegittimo l’articolo 73, primo comma, del Testo unico sugli stupefacenti (d.P.R. n. 309 del 1990) nella parte in cui prevede come pena minima edittale la reclusione di otto anni invece che di sei.

L’ex Senatore Radicale Marco Perduca che per l’Associazione Luca Coscioni coordinate le attività di Legalizziamo.it tra le quali una proposta di legge d’iniziativa popolare che oltre alla legalizzazione della cannabis prevede la depenalizzazione dell’uso e detenzione di sostanze proibite per fini personali ha dichiarato: “Il fatto che la Consulta ritenga sproporzionata la pena minima di otto anni per i reati non lievi in materia di stupefacenti è la migliore risposta, anzi pre-emptive strike, contro gli annunci dei giorni scorsi del Ministro Salvini.

Ferma restando la necessità di riformare radicalmente l’impianto della legge sulle droghe fermo al proibizionismo dei primi anni Novanta, la decisione della Corte costituzionale ha rilevato che ‘la differenza di ben quattro anni tra il minimo di pena previsto per la fattispecie ordinaria (otto anni) e il massimo della pena stabilito per quella di lieve entità (quattro anni) costituisce un’anomalia sanzionatoria in contrasto con i principi di eguaglianza, proporzionalità, ragionevolezza (articolo 3 della Costituzione), oltre che con il principio della funzione rieducativa della pena (articolo 27 della Costituzione).

Questioni che anche le più recenti decisioni a livello internazionale evidenziano per stigmatizzare il comportamento di paesi come gli USA, la Russia, l’Arabia Saudita e buona parte del sud est asiatico”. Ha affermato Perduca che dal 14 al 23 marzo guiderà la delegazione dell’Associazione Luca Coscioni alla Commissione droghe del’ONU di Vienna.

Il comunicato della Consulta si conclude ricordando che “la dichiarazione di incostituzionalità arriva dopo che la Corte, con la sentenza n. 179 del 2017 aveva invitato in modo pressante il legislatore a risanare la frattura che separa le pene per i fatti lievi e per i fatti non lievi, previste, rispettivamente, dai commi 5 e 1 dell’articolo 73 del d.P.R. 309 del 1990. Quell’invito è rimasto però inascoltato sicché la Corte ha ritenuto ormai indifferibile il proprio intervento per correggere l’irragionevole sproporzione, più volte segnalata dai giudici di merito e di legittimità. La soluzione sanzionatoria adottata non costituisce un’opzione costituzionalmente obbligata e quindi rimane possibile un diverso apprezzamento da parte del legislatore, nel rispetto del principio di proporzionalità”.

“Sarà interessante vedere adesso” ha concluso Perduca “quanto questa modifica della legge ex Jervolino-Vassalli impatterà sulla sovrappopolazione carceraria che impone trattamenti inumani e degradanti ai detenuti nel nostro paese”.