Stefano Gheller e Marco Cappato hanno depositato in Veneto le 9.000 firme per la PDL “Liberi Subito”

Si tratta della seconda Regione italiana dopo l’Abruzzo. Ora, la verifica della conformità delle firme.

Marco Cappato commenta: “Abbiamo fiducia nell’approvazione da parte del Consiglio regionale”

Sono oltre 9.000 le firme delle cittadine e dei cittadini veneti depositate questa mattina in Consiglio Regionale, a favore di Liberi Subito, la proposta di legge per regolamentare l’aiuto medico alla morte volontaria elaborata dall’Associazione Luca Coscioni. Oltre al Veneto, anche Piemonte, Abruzzo ed Emilia-Romagna hanno raggiunto la soglia di firme necessarie per il deposito.

La proposta di legge, ora verrà affidata all’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale per la verifica della conformità delle firme. La presentazione e discussione in V Commissione consiliare darà accesso alla votazione in Consiglio. Il Veneto è la seconda regione dopo l’Abruzzo a depositare le firme. Piemonte, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia hanno raggiunto la soglia di firme necessarie e sono prossime al deposito.

Dichiara Marco Cappato:

“Le migliaia di persone che hanno firmato in Veneto hanno voluto mandare un messaggio a chi li rappresenta. La necessità di poter essere liberi di decidere nel fine vita non ha colore politico, è un tema fortemente sostenuto secondo i recenti sondaggi condotti proprio qui in Veneto dalla stragrande maggioranza degli elettori in modo trasversale, da destra a sinistra, da laici e cattolici, da persone di tutte le fasce di età.

Serve una legge che eviti attese lunghe, in altre regioni, anche due anni e calvari nei tribunali per vedere rispettate le proprie volontà. Siamo a questo punto fiduciosi, forti di una tale e straordinaria partecipazione, di vedere una proposta essere trasformata in legge e in una civile realtà. L’attenzione e la sensibilità già mostrata dal Presidente Zaia e dal Consiglio regionale con l’approvazione dell’Ordine del giorno in materia, nonché le concrete risposte fornite alle persone malate come Stefano Gheller e la signora Gloria rafforzano la nostra speranza e la nostra fiducia. Le persone malate non devono più essere costrette a subire sofferenze insopportabili contro la loro volontà.

Nelle scorse settimane il dibattito sul tema si è riacceso in Regione perché “Gloria” (nome di fantasia), 78 anni, paziente oncologica veneta, assistita dall’Associazione Luca Coscioni, ha ricevuto l’ok dalla azienda sanitaria locale alla sua richiesta di accesso al “suicidio assistito” dopo circa 6 mesi dall’avvio dell’iter e il completamento di tutte le verifiche necessarie previste dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato\Antoniani. Gloria è la seconda cittadina residente in Veneto, dopo Stefano Gheller, affetto da distrofia muscolare, ad aver ottenuto la verifica delle condizioni per poter accedere al suicidio assistito e il relativo parere favorevole da parte dell’azienda sanitaria e del comitato etico. In Italia, per quanto se ne abbia notizia, è la quarta volta che accade.

➡ Cosa dice la proposta di legge regionale Liberi subito

Grazie alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato/Antoniani, l’aiuto medico alla morte volontaria, il cosiddetto “suicidio assistito”, oggi in Italia è possibile per le persone malate che possiedono i requisiti previsti dalla Consulta.

Eppure, nonostante la possibilità di ottenere questo tipo di aiuto, il Servizio Sanitario non garantisce tempi certi per effettuare le verifiche e rispondere alle persone malate che hanno diritto di porre fine alla propria vita. Così le persone maggiorenni affette da patologie irreversibili, con gravi sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli, tenute in vita da trattamenti di sostegno vitale, che intendono interrompere la propria vita, rimangono in attesa di ASL e Comitati Etici territoriali che, per svolgere le loro funzioni di verifica delle condizioni, possono impiegare mesi. Un tempo che molte persone che hanno bisogno di essere aiutate a morire non hanno. P

Per questo, nel rispetto delle competenze territoriali, l’Associazione Luca Coscioni, con la collaborazione di altre realtà, raccoglie le firme per delle proposte di legge regionali che garantiscano il percorso di richiesta di “suicidio” medicalmente assistito e i controlli necessari in tempi certi, adeguati e definiti.

➡ La “morte volontaria assistita” in Italia

Federico Carboni al momento, secondo i dati in possesso in possesso dell’associazione Luca Coscioni, è l’unica persona in Italia ad aver fatto ricorso alla morte volontaria assistita, dopo un calvario giudiziario di oltre due anni tra denunce e processi a carico dell’azienda sanitaria locale, che secondo la sentenza della Corte Costituzionale “Cappato/Antoniani”, con valore di legge, avrebbe dovuto garantirgli l’iter per l’accesso alla tecnica. Anche altri tre italianiStefano Gheller, Antonio” e “Gloria” hanno ottenuto il via libera dal Comitato Etico della regione di appartenenza (ultimo step prima del “semaforo verde”) e sono dunque ora liberi di scegliere il momento più opportuno per confermare le proprie volontà o eventualmente modificare le proprie intenzioni iniziali.

Numerosi invece sono i connazionali costretti a emigrare in Svizzera. Tra quelli assistiti da Marco Cappato e i “disobbedienti civili” iscritti a Soccorso Civile, figurano le storie degli italiani discriminati dalla stessa sentenza della Consulta (come Elena, Paola, Romano, Massimiliano), secondo cui non erano in possesso dei requisiti richiesti. Solo i processi a carico degli attivisti imputati per l’assistenza al suicidio assistito, assistiti dall’Avvocata Filomena Gallo e dal collegio legale dell’associazione Luca Coscioni stabiliranno, come vogliono dimostrare i difensori, se la loro condizione era descrivibile come “dipendente da trattamenti di sostegno vitale).

Altri come Federico Carboni son finiti intrappolati nelle sabbie mobili delle lungaggini burocratiche e vittime del reato di “tortura” da parte dello Stato (attualmente è nota la vicenda di Laura Santi in Umbria, “Anna” in Friuli Venezia Giulia) e costretti a un interminabile percorso nei tribunali contemporaneo e direttamente proporzionale a un peggioramento delle condizioni di salute.

Infine vi sono casi come Fabio Ridolfi e Giampaolo costretti a rinunciare al lungo e faticoso percorso scegliendo loro malgrado il ricorso alla sospensione delle terapie e una lenta morte sotto sedazione profonda con distacco dell’alimentazione e dell’idratazione, un epilogo che non avrebbero desiderato.