Da cinque anni le coppie con patologie genetiche possono accedere alla fecondazione assistita

Cinque anni fa, la Corte costituzionale cancellava il divieto previsto dalla legge 40/2004

Il segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo commenta: “Senza la sentenza della Consulta, Martina, Vittoria e altri 705 bambini non sarebbero mai nati”.

L’avvocato torna anche sulla ripresa dei trattamenti di fecondazione assistita nel post lockdown: “Occorre estendere il limite d’età per garantire a tutte le coppie l’accesso”.

Sono ripresi i trattamenti di fecondazione medicalmente assistita, dopo una sospensione avvenuta lo scorso marzo legata all’emergenza legata al Covid-19.

Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, negli anni è stata protagonista di numerose battaglie vinte nei tribunali, per garantire l’accesso alle tecniche precedentemente vietate dalla Legge 40. Proprio in occasione del quinto anniversario dal successo che ha portato alla cancellazione del “divieto di accesso” alla procreazione assistita per le coppie fertili portatrici di patologie genetiche, fa il punto della situazione rivolgendo una richiesta- appello al Ministero della Sanità e alle Regioni.

Senza la sentenza della Corte Costituzionale del 2015, Martina, Vittoria (le bimbe delle coppie Armando/Mariacristina e Fabrizio/Valentina al centro della battaglia legale) e almeno altri 705 bambini non sarebbero mail nati (ultimi dati disponibili quelli del 2017).

Al Ministro della Salute Roberto Speranza ribadiamo l’urgente necessità di inserire la Diagnosi Genetica di Preimpianto, fra i Livelli Essenziali di Assistenza, dove dal 2017 sono inserite tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita, ma non è stato fatto alcun cenno proprio alla diagnosi, pratica indispensabile, in molti casi a evitare ripetuti e dolorosi aborti.

In Italia i principi di eguaglianza e di universalità del Servizio Sanitario Nazionale costituiscono un presupposto irrinunciabile per assicurare la coesione del Paese e per contrastare le disuguaglianze sociali. Altrimenti per le persone hanno bisogno di accedervi, diritto alla salute, il principio di uguaglianza e di universalità del SSN non sono applicabili”.

“Ribadiamo la richiesta urgente di rimuovere il limite di 46 anni per l’accesso alle tecniche di PMA a carico del SSR – continua Gallo -. La legge 40/04 prevede all’art. 5 che possono accedere coppie in nell’età potenzialmente fertile lasciando al medico la facoltà di decidere caso per caso in base alle caratteristiche di ogni coppia che sono differenti da coppia a coppia sia per età potenzialmente fertile che per tecnica da applicare.

Intanto chiediamo alle Regioni la proroga del limite di età attualmente previsto, per evitare che molte coppie impossibilitate ad avere una gravidanza durante il lock down si vedano preclusa la possibilità di diventare mamme e usufruire del servizio a carico della spesa regionale.

Nelle scorse settimane Filomena Gallo, insieme ad altre associazioni di pazienti, aveva sollecitato la ripresa per i casi urgenti, chiedendo di prevedere una proroga di 12 mesi al limite attualmente previsto dalle singole regioni per l’accesso ai trattamenti, limite, tra l’altro, nemmeno previsto dalla stessa L.40/04 (secondo cui le coppie devono solo essere in età potenzialmente fertile).

Per ora hanno adempiuto solo Campania (estendo il limite a 47 anni), Lazio e Toscana, con una proroga del limite al 31 dicembre 2020.