Che fine ha fatto il “metodo” Stamina somministrato da anni con miracolose guarigioni e imposto dai giudici?

Michele De Luca

Il caso “Stamina” porta a riflettere sul significato di tutela della salute pubblica sancito dall’art. 32 della Costituzione. Compito delle Istituzioni pubbliche dovrebbe essere quello di mettere a disposizione dei malati, di tutti i malati, cure innanzitutto sicure, e poi efficaci, tutelando così la loro salute in ogni attimo della loro vita. Compito della Magistratura dovrebbe essere quello di perseguire reati che mettano in pericolo questo sacrosanto principio. In Italia assistiamo al paradosso di giudici che stabiliscono che un trattamento basato di una clamorosa frode debba essere somministrato in assenza di qualsiasi evidenza di innocuità ed efficacia, nonostante le forti prese di posizione di tutta la comunità scientifica mondiale (ad eccezione di qualche personaggio mosso da evidenti interessi economici). I giudici impongono un trattamento proposto da individui non qualificati e indagati da una procura della Repubblica per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla somministrazione di farmaci adulterati. E impongono il “trattamento” nonostante l’Agenzia Italiana del Farmaco, non abbia esitato un anno fa, a seguito di verifiche ispettive che hanno rilevato rischi per la salute e gravi irregolarità, ad emanare l’Ordinanza che ha bloccato la somministrazione delle terapie con cellule mesenchimali secondo il metodo Stamina. Non trovano i giudici in tutto questo una evidente logica contraddizione? La determinazione del Ministro Beatrice Lorenzin, a fronte del lavoro svolto dalle sue Commissioni Parlamentari, ha per fortuna ribaltato una situazione che avrebbe additato la scienza italiana al pubblico ludibrio planetario. Intanto il famoso “metodo” non si vede ancora. O perlomeno, lo vedono sono gli amici e i sostenitori del letterato Vannoni Davide. Forse è meglio per tutti.