Carlo Troilo scrive al Presidente del Senato

Roma, 27 novembre 2017

Caro Presidente,
ai primi di giugno, iniziando uno sciopero della fame a sostegno della legge sul biotestamento, mi rivolsi a Lei con una lettera aperta chiedendo il Suo sostegno per il passaggio della legge all’Aula del Senato.

Nella Sua immediata risposta Ella fece riferimento anche alla legge sullo ius soli ed affermò: “Ho ribadito pubblicamente e anche nei miei colloqui con i Presidenti delle Commissioni impegnate nell’esame dei testi a cui Lei fa riferimento l’assoluta necessità di non disattendere le speranze dell’opinione pubblica e di procedere rapidamente per poterli portare al più presto all’attenzione dell’Aula”. Ed aggiunse: “Non vi è dubbio che sarebbe gravissimo non riuscire a portare a  compimento il lungo e a volte troppo tortuoso percorso che questi provvedimenti hanno avuto nel corso di questa Legislatura: sarebbe davvero un pessimo segnale da parte della politica e delle istituzioni nei confronti di chi attende risposte concrete ai suoi problemi.”

Alla vigilia della riunione dei Capigruppo che deciderà il calendario dei lavori in questo scorcio di Legislatura, mi permetto di segnalarLe che sulla legge sul biotestamento esiste la concreta possibilità di una maggioranza di senatori favorevoli, oltre al convinto sostegno dell’80% dei cittadini italiani. Per questo – e senza rinunciare alle legge sullo ius soli, giusta e necessaria ma con minore possibilità di raggiungere in Aula la necessaria maggioranza – mi permetto di chiedere il Suo aiuto perché si dia priorità al biotestamento: una legge di cui, in Occidente, solo l’Italia e l’Irlanda sono prive e che consentirebbe una morte degna ai malati senza più speranza di guarigione.

Se una legge come quella all’esame del Senato fosse stata in vigore da qualche anno, come in molti paesi europei, non vi sarebbero stati i casi Welby, Nuvoli ed Englaro (per citare solo quelli più noti all’opinione pubblica) e molti dei mille malati che ogni anno si suicidano per disperazione avrebbero avuto la possibilità, in quanto malati terminali, di morire serenamente nel proprio letto grazie alla sedazione prevista dalla legge.

Caro Presidente, nel marzo del 2004 mio fratello Michele, malato terminale di leucemia, uscì dalla sua disperazione gettandosi dal quarto piano e lasciando ai suoi familiari un lutto difficile da elaborare. Anche a suo nome – e a nome delle migliaia di malati che da allora hanno trovato solo nel suicidio la loro “uscita di sicurezza” – La prego caldamente: non faccia mancare il Suo risolutivo sostegno alla legge sul filo del traguardo.

La ringrazio sentitamente e attendo un Suo cortese cenno di risposta,
Carlo Troilo, Associazione Luca Coscioni