Vaccino, anche chi si occupa delle persone con disabilità deve essere considerato prioritario

Dopo un paio di settimane di pausa torno di nuovo a parlare della pandemia, nonostante la situazione si sia alleggerita, i contagi aumentano e il Sistema Sanitario Nazionale continua ad essere sotto pressione.

Il protrarsi dell’emergenza rischia di aggravare situazioni già di per se fragili, come ad esempio quella di chi vive una grave disabilità e dipende dall’assistenza di familiari o di chi è preposto a tale compito. L’unica soluzione a  portata di mano è il vaccino, ma proprio in questi giorni si palesano una serie di problemi, visto che le industrie produttrici hanno disatteso quanto stabilito negli ordinativi chiesti dall’Unione Europea.

Il calendario vaccinale è stato modificato, risulta in ritardo di qualche settimana, poiché è necessaria una seconda infusione per ottenere l’immunizzazione. È questa l’occasione per evidenziare i limiti di una scelta essenzialmente privatistica per l’approvvigionamento di un farmaco necessario alla salvezza non solo di milioni di persone, ma anche condizione imprescindibile per una ripresa dell’economia e della vita sociale dopo quasi un anno di buio. Le industrie farmaceutiche hanno ricevuto ingenti contributi europei e nazionali, incassano dai committenti lauti guadagni e legittimamente dal loro punto di vista, certo non hanno avuto nessuna remora e vendere i loro prodotti al miglior offerente.

Il vaccino, come la possibilità di accedere ad ogni cura che garantisca la qualità della propria esistenza, va considerato un diritto universale, anche in questo caso si palesa come l’intervento pubblico non sia qualcosa da respingere a priori, ma forse è l’unica soluzione per garantire equità soprattutto ai più svantaggiati. Insieme al personale medico e paramedico, agli ultraottantenni, c’è l’urgenza di procedere alla vaccinazione di coloro che vivono una disabilità grave e di chi si prende cura di loro.

Certo è facile immaginare le conseguenze di un eventuale contagio in presenza di una patologia che condiziona negativamente le proprie funzioni vitali, in molti non ce la potrebbero fare e per gli altri si aprirebbe la prospettiva di una lunga ospedalizzazione o di cure ancora più invasive per cercare di far fronte al virus. Ma un altro aspetto mi preme sottolineare, il caregiver, questa figura solo di sfuggita definita dalla legge, da cui però dipendono tante e tante persone, nel caso di una positività o di una malattia conseguente all’infezione da COVID 19, chi riceve assistenza rimarrebbe ancor più solo, vedrebbe il venir meno anche la possibilità di esaudire i bisogni più essenziali, sarebbe ancor più in balia dei marosi della vita.

Il caregiver oltre che mettere a disposizione la sua assistenza si occupa anche di accrescere la qualità della vita dell’assistito, districandosi in una selva di norme, di burocrazia, alla ricerca di quanto può servire per vedere garantita la dignità di chi soffre.

Per questo lancio un appello, vaccinateci, ma soprattutto non dimenticate chi si prende cura di noi, che forse ha la priorità, senza di loro, la nostra vita non avrebbe un senso.