Povertà = dolore. A proposito di cure palliative

Oppioidi

La Giunta internazionale per gli stupefacenti (INCB) ha pubblicato il suo rapporto annuale alla vigilia della Commissione droghe delle Nazioni unite. Uno dei capitoli del volume è dedicato alla cura del dolore, o meglio alle disparità di accesso alle cure per il dolore nelle varie regioni del mondo.

Anche per il 2023, i dati riportati all’INCB confermano le macroscopiche differenze persistenti nei consumi delle principali analgesici oppioidi (codeina, destropropossifene, diidrocodeina, fentanil, idroco-done, idromorfone, ketobemidone, morfina, ossicodone, petidina, tilidina e trimeperidina). Cica l’80% del consumo è concentrato in Europa occidentale, Nord America, Australia e Nuova Zelanda.

Ancor prima del problema dell’accesso a queste medicine, c’è quello della difficoltà per le Nazioni unite di raccogliere in modo uniforme, credibile e convalidato dati sul consumo delle sostanze psicotrope controllate internazionalmente perché inserite nelle tabelle delle Commissioni. Ciò rende difficile determinare i livelli di disponibilità in alcune regioni del mondo, allo stesso tempo, là dove i dati siano disponibili, i livelli dei consumi hanno oscillato tra paesi e tra sostanze. 

Il consumo di metilfenidato è aumentato nel 2022 in diversi paesi, al contrario, il consumo di diazepam e fenobarbital è diminuito, con un minor numero di paesi che hanno fornito dati nel 2022. Il consumo segnalato di zolpidem è più alto in Europa nel 2022, sebbene si siano registrati picchi notevoli consumo in alcuni paesi del Sud America. Per quanto riguarda la produzione, come avviene ormai da diversi anni, 10 sostanze psicotrope rappresentano l’80% di tutta la produzione mondiale – il solo fenobarbital rappresentava circa il 35% di tutta la produzione globale a 364 tonnellate. Delle 1.049,3 tonnellate di sostanze psicotrope controllate a livello internazionale prodotte in 2022, 863,8 tonnellate erano sedativi, 160,3 erano stimolanti e 25,2 comprendevano allucinogeni, analgesici e altre sostanze.

Nel 2022 il commercio complessivo di sostanze psicotrope controllate a livello internazionale è rimasto a livelli simili rispetto agli anni precedenti, dove diazepam, midazolam, fenobarbital, alprazolam e clonazepam erano le sostanze più commercializzate, con oltre 135 paesi e territori che segnalano importazioni. Queste informazioni, proprio perché non raccolte uniformemente, non sono sufficienti per determinare se le quantità scambiate sono sufficienti a soddisfare le effettive esigenze mediche di questi paesi.

Secondo uno studio del 2019, ogni anno più di 61 milioni di persone in tutto il mondo sperimentano circa 6 miliardi di giorni di gravi sofferenze legate alla salute che potrebbero essere alleviate con l’accesso alle cure palliative e al sollievo dal dolore. Le cure palliative restano però limitate o inesistenti nella maggior parte del mondo. La differenza di accesso è così grave che il 50% delle popolazioni più povere vive in paesi che ricevono solo l’1% degli analgesici oppioidi distribuiti in tutto il mondo. Al contrario, il 10% più ricco della popolazione mondiale vive in paesi che ricevono quasi il 90% degli antidolorifici.

La Commissione Lancet sull’accesso globale alle cure palliative e al sollievo dal dolore ha sviluppato una matrix per misurare il peso globale delle gravi sofferenze legate alla salute. 

I poveri in tutto il mondo hanno poco o nessun accesso alle cure palliative o al sollievo dal dolore. Ogni anno nel mondo vengono distribuite circa 298 tonnellate di oppioidi morfina-equivalenti. Solo 0,1 tonnellate – lo 0,03% – vengono distribuite ai paesi a basso reddito. Questa “dolorosa” crisi globale è tra le emergenze più gravi in termini di salute ed equità che il mondo si trova ad affrontare. Ma nessuno ne parla.

Gli ostacoli all’accesso ai farmaci antidolorifici – uno degli interventi di cure palliative più basilari – sarebbero anche superabili. Occorrono però azioni coordinate e su più livelli perché queste “barriere” includono l’”oppiofobia” (ovvero, pregiudizio e disinformazione sull’uso medico degli oppioidi) tra i prescrittori, la percezione sociale e culturale degli oppioidi, la negligenza delle cure di fine vita e la mancanza di strumenti per la definizione delle priorità per incorporare la sofferenza nelle cure di fine vita per non parlare della valutazione delle decisioni di investimento in relazione coi risultati sanitari ottenuti. 

L’ultimo rapporto della Commissione Lancet sull’accesso globale alle cure palliative ha quantificato il peso globale di gravi sofferenze legate alla salute associate a 20 condizioni di salute limitanti e pericolose per la vita e ha identificato una serie di strategie per affrontare questo enorme problema per esempio attraverso la progettazione e la stima dei costi di un pacchetto essenziale di servizi sanitari di cure palliative. La Commissione ha invitato i governi e le istituzioni internazionali ad agire collettivamente per affrontare questa ingiustizia planetaria che lascia milioni di persone nella sofferenza quando esistono interventi adeguati.

Né l’INCB né la Lancet Commission però azzardano la critica delle critiche: perché continuare a lasciare buona parte della produzione di oppiacei naturali o sintetici alla criminalità organizzata invece che legalizzare quello che per decenni ha creato morti, miserie e guerre in decine di paesi…