Sulla necessità di una riforma sanitaria che garantisca universalità e uguaglianza delle cure

In queste settimane abbiamo varie volte discusso della capacità del sistema sanitario nazionale di far fronte alla pandemia da Covid 19, delle luci e delle ombre che si sono succedute in questi mesi, da qui sono arrivate le nostre proposte concrete e ragionevoli per cercare di sopperire alle attuali difficoltà, fino ad immaginare e formulare ipotesi di riforma.

Questo mio intervento vuole inserirsi in questo dibattito, non tanto in modo tecnico, come se parlasse un medico o un esperto del settore, ma con una serie di considerazioni dettate dal buonsenso, più che dal senso comune. Quando sento parlare di riforma sanitaria, immagino che la vera riforma sia garantire l’universalità e l’eguaglianza delle cure in tutto il territorio nazionale, senza che l’eccellenza di alcune situazioni, non sia solo la faccia di una medaglia il cui retro siano inefficienze e inadeguatezza. Non mi riferisco alla situazione di molte Regioni, dove risulta difficile persino reperire un commissario governativo, ma anche a quei protocolli medici per prevedere chi debba essere salvato, come se alcune categorie di cittadini non siano degne di considerazione. Il criterio di riferimento sono le aspettative e la qualità della vita; come potete immaginare è un argomento che mi tocca da vicino, visto che sono affetto da una grave malattia neurodegenerativa, anche in questo caso vorrei essere io a scegliere, senza che nulla venga dato per scontato.

Si tratta di dare finalmente piena attuazione al dettato costituzionale, a partire dall’articolo 3 fino all’articolo 32; più che la tutela di un diritto fondamentale ad interesse della collettività, per il nostro sistema sanitario in troppe occasione l’unico criterio guida è stato il pareggio di bilancio fine a se stesso o il taglio dei costi, che mal si conciliano con quanto afferma la Costituzione.

Accanto alla riduzione delle spese e quindi dei servizi, non si è fermata la crescita degli stanziamenti per la sanità privata, non si tratta di esprimere una condanna a priori verso chi in genere persegue un interesse di pubblica utilità, ma non aver paura a denunciare quando prendono il sopravvento interessi opachi. Quando diventa un modo come un altro per comprare il consenso degli elettori e restituire qualche favore ricevuto, causa di innumerevoli scandali che si susseguono con frequenza. Logicamente la sanità privata cerca di accaparrarsi le commesse più redditizie, non è interessata ad allestire le tanto necessarie terapie intensive, il cui numero doveva essere aumentato ma in molti casi ci si è limitati alla sola enunciazione del progetto. Lo stesso accade anche nella sanità pubblica, i bilanci di ogni regione riguardano in gran parte gli stanziamenti per questa voce, spesso gestiti con logiche clientelari e non sempre corrispondenti alle esigenze del cittadino. Non è questo il momento per parlare di scandali e inchieste, più che altro perché non basterebbe il tempo dedicato alla nostra riunione.

Mi sento di affermare che la causa principale è l’ingresso a gamba tesa della politica in un contesto che dovrebbe essere guidato da ben altri valori, come quello del merito, della competenza, della trasparenza e soprattutto dovrebbe avere come obiettivo primario la tutela del cittadino. Da troppi anni è la politica a decidere carriere, a nominare dirigenti per la fedeltà alla causa, spesso seduti su poltrone di prestigio come premio, magari in seguito a sconfitte elettorali. Paghiamo di continuo le conseguenze di certe scelte scellerate, visto che nonostante tutto, la sanità serve ancora a saziare appetiti famelici.

Viviamo sulla nostra pelle questa situazione, a volte anche con dolore, persino con delusione, in particolare per la sciagurata Riforma Costituzionale del 2001 portata a termine da una parte politica che ho sempre sostenuto e per la quale ho prestato il mio impegno. Oltre tutti i problemi elencati, dobbiamo fare i conti con 20 o 21 sistemi sanitari diversi e tanta voglia di primeggiare, di diventare protagonisti del dibattito politico, senza farsi troppi scrupoli a strumentalizzare ogni evento. 

Voglio concludere questo mio intervento rifacendomi sempre all’articolo 32 della Costituzione, laddove afferma che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, violando i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Si tratta di un principio che finora ha guidato con successo le nostra lotta, che ho invocato per riaffermare il diritto a poter disporre del mio corpo, affinché venga rispettata la mia dignità di cittadino.

Appena il vaccino è diventata una prospettiva reale, diventa sempre più necessario ribadire che la libertà di scelta altrui, anche se rivendicata, non può mettere a repentaglio la salute delle fasce più deboli della popolazione. La stessa Costituzione aggiunge che la legge disciplina eventuali trattamenti sanitari previsti per la popolazione a salvaguardia della pubblica incolumità, mi auguro che la politica si prenda le sue responsabilità nel fare chiarezza e non ci lasci in un limbo che aumenterebbe solo la confusione e il rischio di ammalarsi. Spesso di fronti a tali atteggiamenti si nascondono posizioni a scientifiche e negazioniste, soprattutto quando si pronuncia la parola vaccino, la pandemia ci ha dimostrato come poco si conciliano con il bene pubblico certe tendenze, ha smascherato come ipocrita e pericoloso chi si prodiga dargli spazio e voce.

Per questo spero che la nostra battaglia sia sempre duplice, da una parte la libertà di scelta nel poter disporre del proprio corpo quando la qualità della vita risulta inaccettabile, certo non a causa del covid, dall’altra la garanzia di assistenza, cure e ausili adeguati per chi ha necessità, senza che criteri meramente economici o di cinica disumanità, dettati da sciatteria e poca considerazione prendano il sopravvento. Ogni scelta deve comunque essere la nostra.