Suicidio assistito, archiviato il procedimento giudiziario contro un medico belga

Venerdì 26 aprile, il medico belga Marc van Hoey è stato dismesso da ulteriori procedimenti giudiziari per il suo aiuto al suicidio di Simona de Moor. La Corte, e in precedenza anche il Pubblico Ministero, ha deciso che non si trattava di “eutanasia” e che pertanto il procedimento non sarebbe continuato.

Il caso era arrivato al Pubblico Ministero dopo che la Commissione belga di Controllo Eutanasia giudicò l’operato del medico come “non in linea con i criteri di accuratezza” della legge sull’eutanasia belga. La commissione ha concluso che non era convinto che le condizioni del paziente fossero medicalmente senza speranza. Inoltre, il medico non aveva consultato uno psichiatra, anche se avrebbe dovuto, dato che la sofferenza del paziente era psicologica e non terminale.

Simona de Moor , una signora di 85 anni, non voleva più vivere dopo la morte di sua figlia nel 2015. Quando ha perso anche suo marito, ha chiesto al suo medico di aiutarla a morire. Questo medico, dopo un lungo periodo di osservazione, acconsentì e fornì alla De Moor una mistura che lei bevve volontariamente. Morì pochi minuti dopo. Un canale televisivo australiano ha realizzato un documentario in cui è stato presentato il caso.

In Belgio, l’assistenza al suicidio non è specificatamente vietata dalla legge penale: il suicidio in sé non è un reato penale, conseguentemente l’assistenza al suicidio altresì non è reato. Tuttavia, la letteratura (Griffiths, Weyers & Adams, Euthanasia and law in Europa, 2008) insegna che può essere punita, sulla base del concetto per cui è dovere di un cittadino aiutare una persona in grave pericolo (articoli 422bis e 422ter del codice penale belga). Una persona che non adempia a questo dovere può essere punita con una pena detentiva tra 8 giorni e un anno.

Con l’introduzione della Legge belga sull’eutanasia, è emersa la domanda se questi articoli riguardassero anche il suicidio assistito, poiché non è, come nella legge olandese, esplicitamente menzionato. A questa domanda è stata data una risposta positiva dal Consiglio di Stato belga, dall’ordine dei medici e dalla Commissione di Controllo belga.

Quando ho incontrato Marc, anche se non ha voluto esprimere un giudizio sul caso visto che il procedimento penale era ancora in coso, mi sembrava tranquillo, convinto che aveva aiutato una donna che soffriva terribilmente dalla sua condizione di vita, sola e senza la minima speranza di ritrovare la voglia di vivere.

Annotazioni:

La sentenza della Corte non è (ancora) pubblicata, ma sulla base delle informazioni fornite dai media, seguono alcune considerazioni su questa decisione:

  1.  Il caso di De Moor sarebbe potuto essere utilizzato per ottenere maggiore chiarezza su come la sofferenza psicologica dovrebbe essere giudicata. La decisione di interrompere il procedimento legale significa che quest’opportunità è stata persa.
  2. Fino ad ora, il suicidio assistito è visto come una forma di eutanasia e giudicato come tale. La decisione della Corte può portare alla conclusione che il suicidio assistito non rientra più nel campo di applicazione della legge sull’eutanasia.
  3. Fino ad ora, il suicidio assistito è considerato punibile, anche se non è esplicitamente vietato dalla legge belga. Se la decisione della Corte indica che il suicidio assistito non è più un crimine, significherebbe che quando un paziente è disposto a bere lui stesso la medicina, il medico non è più vincolato dai criteri della legge sull’eutanasia.

Fonte: Newsletter World Federation Right to Die Societies – 12 giugno 2019