Il problema non sono i BTP ma il CO2

Riscaldamento globale

L’8 ottobre l’IPCC ha pubblicato il suo ultimo rapporto speciale – “senza cambiamenti drastici” si legge nella presentazione, “il mondo non ha la speranza di evitare cambiamenti climatici incontrollabili”.

L’IPCC è l’organismo globale per la valutazione della scienza relativa ai cambiamenti climatici. Quando nel dicembre 2015 gli stati membri delle Nazioni unite hanno adottato l’accordo di Parigi, gli stati hanno invitato l’IPCC a preparare una relazione sul riscaldamento di 1,5° C entro il 2018, nel momento in cui l’accordo di Parigi sarebbe stato valutato in occasione della 24a Conferenza degli stati parte della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP24), che si terrà in Polonia a dicembre di quest’anno.

Il messaggio centrale è il più drammatico degli ultimi anni, e non che i precedenti fossero di poco conto, “A meno che le emissioni non si dimezzino nei prossimi 12, e si eliminino del tutto entro il 2050, gli aumenti di temperatura supereranno probabilmente i 2 gradi Celsius in maniera irreversibile”.

Superati i 2 gradi, secondo gli scienziati, gli aumenti di temperatura potrebbero aumentare a spirale mentre il clima infrange una serie di punti di inclinazione unici, come lo scioglimento del permafrost.

“Limitare il riscaldamento globale a 1,5° C richiederebbe cambiamenti rapidi, di vasta portata e senza precedenti in tutti gli aspetti della società”, ha detto il presidente dell’IPCC, l’economista coreano Hoesung Lee. “Con evidenti benefici per le persone e gli ecosistemi naturali, limitando il riscaldamento globale a 1,5° C rispetto ai 2° C, si potrebbe andare di pari passo con la garanzia di una società più sostenibile ed equa”.

Il rapporto evidenzia inoltre una serie di impatti sui cambiamenti climatici che potrebbero essere evitati limitando il riscaldamento globale a 1,5° C rispetto ai 2° C o più. Ad esempio, entro il 2100, l’innalzamento globale del livello del mare sarebbe inferiore di 10 cm con il riscaldamento globale entro 1,5° C rispetto ai 2° C. La probabilità di un Oceano Artico libero dal ghiaccio marino in estate accadrebbe una volta al secolo con un riscaldamento globale di 1,5° C, rispetto ad almeno una volta ogni decade con 2° C. Le barriere coralline diminuirebbero del 70-90 percento con un riscaldamento globale di 1,5° C, mentre praticamente tutti (> 99 percento) andrebbero persi con 2° C.

Come da sempre, il principale colpevole di questa imminente catastrofe, sono i combustibili fossili e le istruzioni per affrontare strutturalmente il problema note: abbandonare il carbone entro il 2050. Per i membri dell’IPCC l’utilizzo del carbone deve scendere tra lo 0 e il 2% dei livelli esistenti.

Al momento, i paesi responsabili della maggior parte delle emissioni mondiali stanno ridimensionando la dipendenza dal carbone, ma i paesi in via di sviluppo nell’Asia sudorientale si stanno muovendo nella direzione opposta, arrivando addirittura a costruire economie mosse prevalentemente dal carbone. E la finanzia occidentale invece pesantemente in questi contesti promettenti. Neo-arrivati a parte, il grosso delle emissioni viene dai grossi: Stati Uniti, Cina, Giappone e India sono i maggiori emettitori del mondo.

Negli ultimi anni ci son stati cambi di fronte repentini. Se grazie all’amministrazione Obama era riuscita a coinvolgere costruttivamente la Cina, Trump ha deciso di boicottare il prossimo giro di negoziati dando allentando la pressione sull’India, il vero problema assieme agli USA. La Cina, che per anni è andata avanti senza troppo badare all’impatto ecologico e ambientale della sua “crescita”, inizia a prendere seriamente questi allarmi. La Russia, che a causa della guerra in Ucraina è escluso da buona parte dei potenti della terra, è tornata ad anteporre i propri interessi a brevissimo termini alla necessaria cooperazione internazionale per rallentare il riscaldamento tellurico.

Il riscaldamento globale ha bisogno di risposte globali, basate sulla cooperazione tra stati che non può fare a meno dell’agire responsabile delle grosse multinazionali dell’energia e delle produzioni di massa di – senza tralasciare quelle del cibo.

In un mondo dove la popolazione continua, e continuerà, ad aumentare e dove mutamenti climatici strutturali vengono sperimentati nel corso di una vita umana, le uniche parole d’ordine che mobilitano sono “sovranità” e “interesse nazionale” e il “popolo sa cosa occorre” risulta difficile scorgere qualcuno che si assuma la responsabilità di di investire nel futuro, un futuro non solo sostenibile, ma, se possibile, radicalmente più intelligente degli ultimi decenni. Di un’intelligenza naturale che faccia tesoro di quella artificiale, di un’intelligenza che sia sostenuta dalla scienza e dalla ragione. Sicuramente un titolo sui BTP cattura l’attenzione, ma se non iniziamo a ridurre il CO2 nel doman vi sarà una certezza: che non ci saremo più.