Fine vita, Mina Welby replica a Papa Francesco

foto Papa Francesco

Molto belle le parole di Francesco rivolte prima di tutto ai malati, ai sofferenti, ai poveri, ai disperati. Sono speranza per credenti, ma certamente nemmeno per tutti. È facile parlare di valori sublimi a chi sta bene o almeno trova la strada della resilienza. Gli altri? I non credenti? Bene, se trovano le amministrazioni con strutture sociali di aiuto, attenzione, assistenza, cura, accoglienza, ascolto, per dirlo con una parola sola Amore. Amore vero, non smielato di sole parole, ma nato in forma di progetto di inclusione totale della persona umana, del rispetto dei diritti umani di tutti anche dei noiosi, di quelli depressi che non trovano appiglio.

Trovo un grande vuoto di formazione dei professionisti della presa in cura assistenziale, sia fisica che morale e spirituale. La presa in cura medica per la salute è oggi sempre più spesso di sostegno per una vita di resilienza.

Estrapolo solo questo periodo del messaggio di Francesco, rivolto ai medici, per aggiungere speranza ai non credenti e disperati, ma anche a credenti e ai sopravvissuti a persone che avevano desiderato con urgenza l’unica cura per la loro sofferenza: la morte. Ma sono dovuti morire in grande sofferenza, che è ancora una ferita, chissà come e quando rimarginabile della loro vita. Ecco il testo di Francesco:

La vita va accolta, tutelata, rispettata e servita dal suo nascere al suo morire: lo richiedono contemporaneamente sia la ragione sia la fede in Dio autore della vita. In certi casi, l’obiezione di coscienza è per voi la scelta necessaria per rimanere coerenti a questo “sì” alla vita e alla persona. In ogni caso, la vostra professionalità, animata dalla carità cristiana, sarà il migliore servizio al vero diritto umano, quello alla vita. Quando non potrete guarire, potrete sempre curare con gesti e procedure che diano ristoro e sollievo al malato.”

Qui vorrei aggiungere “quando ricorre un distress esistenziale refrattario a qualsiasi procedura di sollievo e la persona chiede con urgenza di aiutare la sua vita con il morire, un vero medico umano in coscienza lo può, lo deve poter fare. Semplicemente perché a questa vita della persona appartiene anche il suo morire, aiutato da te, come ne apparteneva il suo amare, credere, lavorare, soffrire, lottare.”

E chiedo anzitutto a tutta la classe dei curanti di sedere intorno a un tavolo e discuterne su casi vissuti e farne delle buone e giuste linee guida.

D’altra parte chiedo alla politica di fare delle considerazioni sulle audizioni già depositate nel primo Governo Conte e sulla base della sentenza 242/19 della Corte Costituzionale. Che poi si produca una legge per una morte volontaria assistita, contro un dover arrangiarsi con un fai da te o espatriando, ambedue metodi contro un diritto umano alla vita e a una morte dignitosa.