Relazione annuale sulle “dipendenze”: dacci oggi il nostro allarme quotidiano

All’inizio di luglio il Parlamento ha ricevuto la Relazione annuale sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia. Prima di entrare nel dettaglio di alcuni dei numeri contenuti nelle 568 pagin del documento- spoiler, la situazione “peggiora” in tutto e per tutto – mi voglio soffermare su un paragrafo che a me pare sufficiente a smontare buona parte della retorica che – da tutte le parti – caratterizza chi parla di stupefacenti: “si attesta a 41 anni l’età media femminile per i ricoveri direttamente droga-correlati (età media maschile 38), con un incremento negli ultimi 5 anni dei ricoveri correlati al consumo di cocaina (2017=12%; 2021=18%) e di cannabinoidi (2017=2,6%; 2021=4,5%)”.

Eppure, a fronte di questi numeri elaborati da un Dipartimento del Governo, si continua a imputare principalmente ai “giovani” l’uso delle sostanze illecite – per la statistica i giovani vanno dai 15 ai 25 anni. Ora, considerato che in Italia l’età media è di 46,8 anni, più che un problema giovanile possiamo dire che, eventualmente, si tratta di un problema che interessa la fascia più presente e attiva nella nostra società. Non è detto che chi ha un rapporto problematico usi queste sostanze da molto tempo, o le abbia appena incontrate, è però detto che i problemi vengono sviluppati dalle o dagli italiani medi. Eppure si insiste col droga = giovani. Il rigo conclusivo di quel paragrafo segnala che “nel 31,2% dei casi il ricovero ha diagnosi secondarie correlate a ‘malattie del sistema nervoso’ – il dato maschile nella stessa diagnosi è pari al 4,2%”. Non è spiegato però cosa s’intenda con questa espressione.

Perché è importante partire da qui? Perché la relazione, preparata sicuramente con tutti crismi metodologici e in ossequio a modelli statistici ponderati e consolidati, è un comunque un documento firmato dal Governo nella persona del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano che ha le deleghe per le “politiche antidroga” che pare quasi non averla letta nei dettagli.

Ed è proprio Mantovano che firmarne l’introduzione che inizia così: “In una delle periodiche visite in una comunità di recupero per dipendenti (dipendenti non soltanto da droga) ho avuto occasione di parlare con una ragazza che oggi ha diciassette anni. In mezz’ora mi ha raccontato la sua vita: dopo un’infanzia fatta di conflitti fra e con i genitori, a undici anni lei, un po’ per evadere da una realtà pesante, un po’ per noia, un po’ per emulazione, inizia a fare uso di derivati della cannabis. A quindici anni passa alla cocaina e al crack. A sedici anni viene arrestata per aver commesso gravi reati, finalizzati ad acquistare stupefacenti, e la comunità diventa l’alternativa al carcere. Non vi entra volentieri, all’inizio fa fatica a seguire le regole del nuovo gioco – un gioco teso a uscire dalla dipendenza e a riacquistare la libertà – ma oggi è fra le guide di un gruppo di ragazze che guardano alla vita con speranza e con coraggio”.

Anche qui ce n’è per tutti gusti: si parte da una minorenne in una comunità che, en passant, accoglie anche persone con altre dipendenze – vai a sapere quali sono le percentuali di queste o di quelle – poi si sorvola sul perché la ragazza, alle medie, abbia iniziato a usare le sostanze psicoattive, il problema da affrontare tanto quanto l’aiuto a chi decide di uscire da abitudini pericolose è capire il perché ci si arriva non (solo) come… Si prosegue menzionando un passaggio dall’uso prima della cannabis e quello di altre sostanze.  Anche se il “passaggio” non esplicitamente menzionato come automatico viene comunque evidenziato. Si parla poi paternalisticamente di “gioco” e non di percorso terapeutico che dovrebbe portare a “riconquistare la libertà” salvo poi chiudere in bellezza omettendo di dire che la libertà non viene conquistata perché la ragazza ha deciso (?) di restare in comunità come “guida” di un gruppo di altre ragazze che “guardano alla vita con speranza e coraggio”. 

Questo è l’incipit di un documento istituzionale che deve inquadrare un fenomeno su cui nessun governo, in nessuna parte del mondo, è mai riuscito a creare le condizioni per evitare di finire in galera, su una strada o a frequentare il crimine nel tentativo “un po’ per evadere da una realtà pesante, un po’ per noia, un po’ per emulazione”. La speranza delle ragazze in comunità è seconda solo a quella del sottosegretario Mantovano che, dopo 33 anni dall’adozione del Testo unico sulle droghe (frutto di un governo di centro-sinistra, è sempre bene ricordarlo), ritiene che fare informazione possa concorrere a prevenire queste miserie umane e argomentative.

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, una posizione di governo molto più potente e influente di quella di molti ministri, si cruccia del fatto che la relazione si stata in buona parte impostata quando lui non era lì e, per rimediare alla necessità di fornire una fotografia più attinente alla realtà, annuncia che si stanno approntando accorgimenti affinché la verità trionfi!

In attesa della Alfredo’s Version dovremo fare con quel che c’è. “I dati relativi al 2022 evidenziano ancora una volta un aumento della percentuale dei giovani dai 15 ai 19 anni che consuma droghe – almeno una sostanza nell’ultimo anno – che passa in un anno dal 18,7% al 27,9%. Quest’incremento si ritrova anche nella fascia di popolazione giovanile che dichiara di aver consumato sostanze illecite negli ultimi 30 giorni e che passa dal 10,9% al 18,3%”. 

Parrebbe proprio che negli anni precedenti l’effetto dissuasore della Relazione non abbia  funzionato troppo bene. Se aumenta chi usa aumenta anche la spesa. Infatti, relativamente all’anno scorso l’Istat ritiene che per l’acquisto di tutte le sostanze stupefacenti illecite siano stati spesi 15,5 miliardi di euro! Una cifra che una volta sarebbe stata definita una “manovra finanziaria”. Seguono le solite banalità su costi indiretti, incidenti di cui la “nostra Nazione” (con la maiuscola, non sia mai) sarebbe vittima. Nessun ravvedimento operoso (là dove altri avrebbero fatto autocritica, che comunque non hanno mai fatto). 

A parte ricordarci che le dipendenze possono essere anche “da altro”, Mantovano conclude la sua prefazione confermando poca dimestichezza con la relazione “Intensificheremo campagne di comunicazione con approfondimenti tecnici divulgativi, che coinvolgano le famiglie, gli educatori, e gli insegnanti. La prevenzione, soprattutto quella precoce, rimane il nostro punto di partenza: le relative attività vanno potenziate, proposte a target di età sempre più giovane, e riguardare non soltanto le sostanze stupefacenti, ma tutte le dipendenze patologiche senza distinzione”. Forse come il Ministro Sangiuliano la “rileggerà” per approfondire. 

Quindi, a fronte di un’età media di chi ricorre ad assistenza socio-sanitaria intorno ai 40 anni si pensa che sia prioritario rivolgersi a chi usa senza troppi problemi. In più, ma senza citare dove o sulla base di quali dati, Mantovano ci informa che la prevenzione “è la linea vincente, dentro e fuori i confini nazionali. Come sperimentano coloro che si occupano di dipendenze sia sul piano della prevenzione, sia su quello del recupero, quando curi una malattia puoi vincere o perdere, ma se curi una persona puoi solo vincere”. Vabbè, fortunatamente il contributo di Mantovano finisce qui.

La Relazione inizia ridimensionando il numero di persone che usano cannabis, se per anni il Centro di monitoraggio di Lisbona ha ritenuto che in Italia chi ha usato almeno una volta nella vita una sostanza illecita fosse un terzo della popolazione, lo studio IPSAD®2022 stima che siano oltre 14.300.000 le persone età compresa tra i 18 e gli 84 anni che hanno assunto almeno una sostanza psicoattiva illegali – 15 nel corso della propria vita.  In particolare per quanto riguarda la cannabis l’Osservatorio di Lisbona stimava fossero intorno ai 6 milioni le persone che ne fanno uso abituale mentre il Dipartimento ritiene che siano circa 4 – tra i 18 e gli 84 anni (un aumento del 8,5% rispetto all’anno scorso). Secondo analisi delle acque reflue, sulla cui scientificità però il dibattito è aperto a livello internazionale, si stimano circa “50 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti. Fra i giovanissimi sono oltre 580.000 gli studenti tra i 15 e i 19 anni (il 24% del totale) che ne hanno riferito l’uso nell’anno con numeri rilevati prima della pandemia”. 

Il dato relativo ai consumi di eroina e oppiacei indica invece un’inversione di tendenza rispetto agli anni passati. Nella popolazione studentesca si è tornati a livelli pre-pandemici con circa “25.000 studenti che ne riferiscono l’uso nel 2022, nella popolazione generale sono 750.000 le persone fra i 18 e gli 84 anni che riportano l’uso almeno una volta di eroina/oppiacei nell’anno, un valore 3 volte superiore rispetto alla rilevazione del 2017”. Un incremento forse legato alla recente maggiore disponibilità di farmaci a base oppiacea e desunto dal fatto che gli incrementi maggiori sono stati osservati nella popolazione femminile tra i 55 e i 74 anni. Altro che giovani Seguono poi dati “allarmanti”, ma a ben leggere tutto desta sempre e come sempre enorme preoccupazione, sulla diffusione delle nuove sostanze psicoattive, Nps in gergo. 

Il Sistema Nazionale di Allerta Precoce (SNAP) ha identificato 76 nuove sostanze psicoattive appartenenti prevalentemente alle classi dei cannabinoidi sintetici, catinoni sintetici, fenetilamine, indolalchilamine, aricicloesilamine e arilalchilamine. Contro queste nuove Nps nel 2022 sono stati adottati ben sette decreti di aggiornamento delle Tabelle ministeriali contenenti l’indicazione delle sostanze: 42 sostanze e 2 piante nella Tabella sono state inserite nella tabella I, 4 nella Tabella IV e 2 sostanze nelle Tabelle dei medicinali. 

Le operazioni antidroga hanno portato al sequestro di 75 tonnellate di sostanze stupefacenti (-19% rispetto al 2021), 209.057 di piante di cannabis (-32% circa) e 19.182 compresse/dosi (-5%). Il 63% delle sostanze sequestrate è costituito da prodotti della cannabis, soprattutto marijuana; il 35% da cocaina/crack e l’1% da eroina o altri oppiacei, le sostanze sintetiche e di altro tipo costituiscono rispettivamente lo 0,1% e il 2% dei sequestri. 

Rispetto al 2021, si registra un considerevole aumento dei quantitativi di cocaina sequestrati, mentre sono diminuiti quelli dei prodotti della cannabis. Il 33% dei quantitativi sequestrati è stato intercettato presso le aree frontaliere, soprattutto marittime. Aumentato anche il principio attivo nei campioni sequestrati di hashish, eroina, crack e di MDMA rispetto al 2021. Stabile quella di marijuana, cocaina e metanfetamine mentre diminuisce la percentuale di principio attivo reperita nei campioni di ecstasy.

Per quanto riguarda il prezzo al dettaglio, la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga afferma che il prezzo della cannabis è tra gli 8 e gli 11 euro, per l’hashish invece tra 10 e 13 euro. I prezzi dell’eroina si differenziano notevolmente in base alla tipologia: eroina brown tra i 37 e i 45 euro al grammo, eroina bianca tra 48 e 59 euro. La cocaina resta la sostanza più cara tra 73 e 93 euro al dettaglio. Il prezzo medio una singola dose di ecstasy oscilla tra 16 e 22 euro. I prezzi di amfetamine variano dai 30 ai 36 euro per dose, mentre sono dai 28 ai 37 euro per metamfetamine. L’LSD è tra 20 e 31 euro.

Seguono approfondimenti per fasce di età, un capitolo dedicato agli infanti, uno alle ubriacature e alle altre dipendente e uno alle donne che, se da un parte, specie in età giovanile, usano più cannabis dei maschi, dall’altra stanno sviluppando un uso problematico con percentuali crescenti. Dalla fine della pandemia risulta in crescita anche l’uso di stimolanti nella popolazione studentesca mentre resta stabile quello degli allucinogeni. Per tutte le sostanze una buona metà di chi usa trova quanto cerca da uno spacciatore, un terzo la reperisce per strada, seguono amici e eventi pubblici. La parola rave appare più volte quasi a giustificare il primo provvedimento del Governo Meloni-Mantovano che li ha resi illegali perché, tra le altre cose, luoghi dove la salute personale e l’incolumità fisica sono messi a rischio dalla presenza di sostanze illegali.

Tra le varie perle il dato relativo ai 225 servizi effettuati dalla Polizia di Stato nell’ambito della campagna di prevenzione e di controllo sulle condizioni psicofisiche dei conducenti di veicoli: sono stati controllati 5.618 conducenti e le violazioni per guida in condizioni psicofisiche alterate contestate sono state 580, che messa così è sicuramente il 10% del totale. Certo se il 10% di chi guida lo fa sotto l’influenza (ma anche di alcol) se ne potrebbe trarre le conseguenze che il 10% degli incidenti sono causati per quel motivo, e invece così non è e ce lo spiegano Leonardo Fiorentini e Hassan Bassi qui.

Si viene poi sommersi di dati e grafici divisi per servizi offerti e loro localizzazione sul territorio nazionale. Tantissimo materiale che, a partire dal Governo, nessuno leggerà e, soprattutto, nessuno discuterà istituzionalmente – non sono previsti dibattiti in Parlamento – ma che, almeno in teoria dovrebbe costruire il percorso di convocazione della VII Conferenza nazionale prevista ogni tre anni (l’ultima è del novembre 2021). Manca, come sempre, la conclusione, a meno che la conclusione non sia nel messaggio criptico di Mantovano là dove dice che stanno lavorando per presentarci la realtà dei fatti… Se proprio vogliamo parlare di allarme eccone uno da prendere in considerazione seriamente.