Quorum a rischio? Non quanto la democrazia. Ecco come fare il 12 giugno

Referendum 12 giugno

Banalità quotidiane accompagnano il sedicente “dibattito pubblico” nazionale senza che dal punto di vista istituzionale o giurisdizionale arrivino le risposte previste dalla legge. La banalità della complessità ha caratterizzato anche l’operato della Corte costituzionale che all’inizio dell’anno ha dichiarato inammissibili tre degli otto referendum su cui era chiamata a esprimersi in ossequio all’articolo 75 della Costituzione.

Le sentenze della Consulta hanno agglutinato talmente tante “complessità” e “criticità” “verosimili” contro i quesiti bocciati da dimenticarsi delle vere eccezioni previste dalla Carta per cui un referendum non è presentabile. Una decisione che in altri tempi sarebbe stata qualificata “da chierici”, una decisione che oltre a essere inappellabile ha inferto un colpo a chi li aveva promossi dando loro degli incompetenti e truffatori. I Comitati non hanno mancato di rispondere qui e qui

La Corte costituzionale ha reso impossibile il voto agli unici due referendum realmente popolari – eutanasia e cannabis – con sentenze che hanno mistificato le intenzioni dei proponenti e avanzato critiche di costituzionalità sulla normativa che secondo lei sarebbe risultata a seguito della vittoria dei Sì. Un compito non suo.

Riuscire a raccogliere le firme, e i necessari certificati nei 90 giorni previsti dalla legge, non rende naturalmente un quesito politicamente più importante o rilevante di un altro, ma denota che il tema su cui si propone una modifica legislativa è sentito dalle persone. Il referendum eutanasia ha raccolto 1.240.000 firme off e online e mobilitato 30.000 persone, mentre il referendum cannabis ha raggiunto 500.000 in una settimana interamente online.

I quesiti per una “giustizia giusta” sono stati presentati grazie alla delibere di nove consigli regionali in cui la maggioranza è stata anche al governo nazionale per una buona metà degli ultimi 30 anni. Solo gli imbecilli non cambiano mai idea e chiunque può farsi leader referendario quando gli se ne presenta l’occasione, ma la credibilità della lotta al regime, alla censura e alla “congiura del silenzio” di chi, come la Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia è ormai parte integrata del sistema risulta difficilmente spendibile o efficace per raggiungere l’obiettivo. Certo i quesiti, e lo slogan, sono frutto del Partito Radicale, ma non avendo presentato le firme i referendum sono stati consegnati ai Consigli regionali. Un dato di fatto che ancora sfugge ad alcuni…

Votare per i referendum è un diritto, almeno sulla carta; dal 1946 ad oggi in Italia si sono svolti 73 quesiti di cui 67 abrogativi, uno istituzionale, uno consultivo e 4 costituzionali. Il quorum, “opportunamente” previsto per modificare una legge ma “opportunamente” non per invalidare le elezioni politiche, è un’arma a doppio taglio che offre due possibilità a chi è contrario ai quesiti. Dopo il vaglio della Consulta, che a partire dal 1978 ne ha fatti fuori oltre 300, c’è la lotta impari dei “Sì” contro i “No” e l’astensionismo o boicottaggio.  

Comitato Onu sui diritti civili e politici, Corte europea sui diritti umani, infrazioni comunitarie per anni hanno certificato che, senza usare questa terminologia, la Repubblica italiana è un “delinquente abituale” quando si tratta di legalità costituzionale e obblighi internazionali violati in materia di diritti umani. Le sentenze di inammissibilità degli ultimi 45 anni e la cancellazione della nozione dell’esistenza di campagne di raccolta firme ed elettorali si inseriscono in questo solco. Una “tradizione” a cui va aggiunta la connivenza, aperta o silente, della stragrande maggioranza degli attori istituzionali e politici. Dal primo all’ultimo.

Il seggio elettorale può essere un (ulteriore) luogo di lotta politica a tutto tondo. Uno spazio che può essere sfruttato a favore del referendum come istituzione prima ancora che dei quesiti referendari su cui si vota. Nel momento in cui il diritto al voto popolare non è stato garantito dalle istituzioni, sia che si ritenga di ritirare le schede oppure no è possibile rilasciare una dichiarazione al Presidente o gli scrutatori che denunci quanto accaduto. E cioè che: “Non mi sarà permesso di votare i referendum in materia di eutanasia e di cannabis, promossi per la prima volta dopo oltre 10 anni con le firme dei cittadini, perché la Corte costituzionale li ha dichiarati inammissibili con motivazioni arbitrarie e in contrasto con quanto previsto dall’articolo 75 della Costituzione. Questa ennesima negazione del diritto a esercitare la sovranità popolare mediante referendum va contro gli obblighi internazionali della Repubblica italiana e prefigura una violazione dei diritti civili e politici delle cittadine cittadini del nostro Paese.”

— ISTRUZIONI —

Depositare la dichiarazione è un modo per rivendicare i diritti politici e può esser utile per un ricorso alle giurisdizioni internazionali. Il diritto di lasciare dichiarazioni a verbali è riconosciuto, se il Presidente del seggio non lo conosce basta che citare il punto 17.7 (“Rifiuto di ritirare la scheda. Restituzione della scheda prima di entrare in cabina. Reclami e dichiarazioni di astensione o di protesta”) alle pagine 73, 74 e 75 del  Manuale di Seggio, Referendum popolari; Istruzioni per le operazioni degli uffici di sezione, Pubblicazione n.2, Referendum, maggio 2022).

Per facilitare le operazioni si può presentare una copia scritta della dichiarazione da allegare. 

Se se ne porta una seconda si può chiedere al Presidente di firmarla per ricevuta; altrimenti si può chiedere la cortesia di fare una foto al verbale dove verrà raccolta la dichiarazione. Importante segnarsi il numero di seggio che sarà utile qualora occorra acquisire il verbale

Solo così il voto in una tornata che non raggiungerà il quorum non andrà sprecato.