Processo Cappato: A poche ore dalla decisione che, in ogni caso, sarà stratosferica.

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Processo Cappato: a poche ore dalla decisione

“Arriviamo, dunque, a una conclusione assolutamente stratosferica: il signor Cappato, qui imputato, è [in reatà] imputato per aver agevolato qualcuno nell’esercizio di un diritto. «Diritto al suicidio?»  Mi si dirà: «sacrilegio!». No, non è un sacrilegio: questo non è diritto al suicidio, ma è diritto alla dignità.”

Con queste parole il Pm Tiziana Sicialiano ha svolto le sue conclusioni nel processo Cappato. Ha messo al centro del suo discorso di richiesta di assoluzione, rispetto all’imputazione di aiuto al suicidio, una scriminante: l’aver Marco Cappato agevolato Fabiano Antoniani nell’esercizio di un diritto: fra gli altri, il diritto alla dignità, che discende direttamente dal primo articolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e il diritto all’autodeterminazione dell’individuo nella sfera dei trattamenti sanitari, previsto dall’art. 32 della nostra Costituzione. Nel caso concreto, il diritto per Fabiano di scegliere quale tipo di morte fosse per lui più dignitosa.

Ha ragione. È stratosferica, davvero, la sua conclusione. Come pure è stratosferica l’azione di disobbedienza civile di Marco Cappato e l’azione civile, pubblica, e quindi radicale di Dj Fabo, che ci ha portati fin qui. È grazie a loro se oggi in Italia si può parlare in questi termini del tema eutanasia. Ora attendiamo queste ultime ore che ci separano dal 14 febbraio 2018, per la decisione della Corte di assise di Milano, che potrà essere di due tipi: o di rinvio alla Corte costituzionale del dubbio di costituzionalità dell’art. 580 sull’aiuto al suicidio o di condanna (o assoluzione) di Marco Cappato. La conclusione, in ogni caso, sarà stratosferica.

Ps: una curiosità finale. Il Pm Tiziana Siciliano a sostegno delle sue considerazioni sul tema del fine vita ha letto un passo di Utopia di Tommaso Moro. Lo riportiamo nella sua traduzione dell’epoca.

“Gli infermi (come dicemmo) trattano con gran carità, non tralasciando cosa alcuna cerca le medicine e il governo del vivere, che vaglia a rendere a quelli la sanità. S’alcuno è incurabile, tenendoli compagnia, parlando con lui e servendolo, allegeriscono la sua calamità. Ma se l’infermità è incurabile e di perpetuo dolore, i sacerdoti e il magistrato lo confortano che, essendo già inetto agli ufficii de la vita e molesto agli altri e greve a sé stesso, che non voglia sopravivere a la propia morte e nodrire seco la pestifera infermità, e che, essendogli la vita un tormento, non dubiti di morire; anzi, ch’avendo buona speranza che sarà libero da tale acerba vita, uccida sé stesso o si lasci dagli altri uccidere; e che farà opera da prudente, quando che le calamità saranno da lui lasciate morendo, non i commodi; oltre che, seguendo il consiglio dei sacerdoti interpreti dei dèi, farà opera santa e pia. Chi sono a questo persuasi, overo con astinenza finiscono la vita, overo dormendo sono uccisi. Ma non ne fanno morire alcuno contra sua voglia, né mancano di servirlo ne l’infermità, parendo loro che questa sia onorata impresa. Ma s’alcuno s’uccide senza il consentimento dei sacerdoti e del magistrato, egli, senza esser sepolto, viene gittato in una palude.” (Tommaso Moro, Utopia)