Sud Africa: il medico Sean Davison accetta il patteggiamento

Sean Davison Sudafrica

Ieri il medico sud africano di origine neo zelandese Sean Davison, ha accettato un patteggiamento con i giudici del tribunale di Città del Capo in seguito all’accusa di aver commesso tre omicidi. Sarà posto agli arresti domiciliari per tre anni.  Il rischio di essere condannato con tre ergastoli era troppo alto per lui, considerando i suoi tre figli.

 ➡  Sean Davison ha dichiarato dopo aver raggiunto l’accordo:

Cari amici e sostenitori
In un accordo di patteggiamento con il tribunale sudafricano, mi sono dichiarato colpevole delle tre accuse di omicidio che ho dovuto affrontare e ho ricevuto una condanna a tre anni di arresti domiciliari nella mia casa a Città del Capo.

Accetto la sentenza. Sarò sui media oggi e domani mi hanno già dimenticato. Ma ci sarà un altro Sean Davison, e poi un altro, e un altro ancora. Questo problema non sarà risolto finché non avremo una nuova legge, una legge compassionevole, una legge che non confonde l’eutanasia con l’omicidio.

Ho promesso solennemente alla corte di non infrangere la legge. Prometto anche al pubblico in Sudafrica, e in ogni paese civile, che un giorno ci sarà una legge che permetterà a qualcuno che soffre in modo insopportabile, senza speranza di recupero, di avere la scelta di una morte dignitosa assistita.

So che ci saranno molte persone deluse del fatto che ho accettato un patteggiamento, e non sono andato in giudizio. Se avessi fatto questo, potrei essere stato giudicato non colpevole, e quindi portare a un cambiamento di legge. Tuttavia, stavo affrontando tre ergastoli in carcere e la posta in gioco era troppo alta. Ho tre bambini piccoli e i miei figli vogliono un padre, non un martire.

Voglio ringraziare le migliaia di persone in Sud Africa e in tutto il mondo che hanno inviato messaggi di sostegno e incoraggiamento. I nove mesi, da quando sono stato arrestato, è stato un periodo straziante per me e la mia famiglia, e questo sostegno l’ha reso sopportabile.

Sean

Sean Davison, un attivista per il diritto di morte dignitosa, era stato accusato di aver commesso l’omicidio di tre persone gravemente malate e costrette al letto. Il pubblico ministero ha classificato i tre omicidi come “reati molto gravi”, ma esistevano anche circostanze convincenti per deviare dalla pena minima di quindici anni che la legge prescrive per omicidio. La corte ha osservato che l’accusato ha ammesso quello che ha fatto, si è pentito e non ha sottoposto i familiari al trauma di assistere come testimoni. Oltre all’arresto domiciliare, Davison è condannato a svolgere lavori di volontariato per lo stesso periodo.

 ➡ I casi sottoposti al giudizio del tribunale

  1. Anrich Burger: quadriplegico dopo un incidente nel 2005 con la macchina. Era totalmente dipendente da altri. Voleva andare in Svizzera per l’assistenza al suicidio ma la sua condizione di salute non lo permetteva. Il 13 novembre 2013 Davison offriva una bevanda letale e dopo il decesso di Burger chiamava i familiari. La madre di Burger ha dichiarato “Sento che l’accusato non deve essere perseguito perché mio figlio voleva morire e l’accusato assisteva mio figlio perché non era capace di farlo lui stesso a causa delle sue disabilità”.
  2. Justin Varian: Ha subito un attacco cardiaco nel 2010 e gli è stata diagnosticata una malattia motoneurone. Non poteva muoversi e aveva difficoltà di deglutire. Aveva chiesto più volte al suo fratello di portarlo ad Amsterdam o a Svizzera per morire ma il fratello rifiutava. È morto il 25 luglio 2015 con l’assistenza di Davison. “Ha sofferto per molto tempo e voleva scegliere quando morire e con quale forma di dignità“, ha detto il fratello in una dichiarazione giurata inviata dalla Repubblica d’Irlanda.
  3. Richard Holland: Era un atleta finché è caduto malamente dalla bicicletta durante un allenamento a Dubai nell’ottobre 2012. L’incidente ha causato un danno severo al cervello tale che non poteva più muoversi e comunicava con il movimento degli occhi. Era nutrito artificialmente tramite un tubo nello stomaco, soffriva di emicrania e di dolori forti a causa della spasticità muscolare. Dopo aver chiesto, davanti ai familiari, se aveva ancora il desiderio di morire e dopo il sì del malato, Davison ha somministrato una dose letale di fenobarbital. “Ho consigliato all’avvocato che rappresenta lo Stato che non desidero che l’imputato sia processato”. Mio fratello non aveva una qualità di vita accettabile e ha espresso il desiderio di morire in numerose occasioni “, ha sostenuto la famiglia in una dichiarazione giurata.

Davison, cinquantotto anni è professore in biochimica, è specializzato in DNA e lavoro alla West Cape University in Città del Capo. In Nuova Zelanda ha aiutato la sua madre, malata in stato terminale, a morire, fornendola morfine (pastiglie schiacciate). Per questo fatto è stato condannato a cinque anni di arresto domiciliare. Si è trasferito in Sud Africa nel 1991.

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