No al paternalismo di Stato, servono impegni misurabili

Il compito dello Stato non è quello di azzardare previsioni sulla diffusione del virus, picchi, rallentamenti. E su questo saremmo quasi tutti d’accordo, se non fosse che sono gli stessi rappresentanti istituzionali a sentirsi spesso investiti di una missione paternalista che oscilla tra il tranquillizzante e l’allarmistico, con quello che dice aprile e l’altro parla di maggio, con immancabile invito a “restare a casa”, che tanto funziona sempre e mette tutti d’accordo.

Chiudere tutto” e “restare a casa” sono in effetti le principali cose che la politica ha saputo fare e comunicare, forse perché le più semplici. Ma il compito dello Stato deve urgentemente diventare anche altro.

Lo Stato ad ogni livello deve prendersi degli impegni, darsi degli obiettivi e rendere conto delle ragioni dell’eventuale mancato raggiungimento di quegli obiettivi. Gli impegni che si deve prendere non riguardano la diffusione dell’epidemia – sono troppe le variabili in gioco – ma il risultato di quello che lo Stato stesso prevede di essere in grado di fare. E questo non è un compito che si può delegare agli epidemiologi, al Comitato tecnico scientifico o alla Protezione civile. Questo è un compito per la politica.

La vicenda delle mascherine è stata la più penosa ed emblematica. Non è ammissibile che ci si dica che si sta facendo ogni sforzo per farne arrivare il più possibile, dividendosi poi tra chi le rende obbligatorie e chi no. Bisogna dire chiaramente quale è l’obiettivo e la previsione: entro quanto tempo -nell’ordine –  il personale sanitario, le forze dell’ordine, i lavoratori e altre categorie a rischio e poi tutti i cittadini potranno disporre delle mascherine adeguate in quantità adeguate. Se poi la merce sarà bloccata da qualche potenza straniera si spiegherà la ragione dei ritardi per quelle specifiche quantità. Stesso discorso per tamponi e altri test. Non ha alcun senso discutere di app (con settantaquattro esperti!!) per il tracciamento delle persone (ammesso e non concesso che avrà veramente senso fare qualcosa del genere, visto che i contagiati potrebbero essere nell’ordine dei milioni) se poi le persone tracciate non potranno accedere a tamponi o ad altri esami.

C’è infine la questione della riapertura. Non serve a niente e a nessuno che la politica si divida tra chi è più aperturista e chi più prudente, salvo poi nascondersi tutti dietro le valutazioni di un Comitato tecnico scientifico nel quale – come ha fatto notare Angelo Panebianco – non sembra esserci ancora posto per economisti e costituzionalisti, pur essendo in gioco la ricchezza del paese e le libertà fondamentali di tutti.

Quello che lo Stato deve fare è iniziare a presentare un piano che preveda: quali saranno i primi settori a ripartire, con quali condizioni e garanzie di sicurezza, con quale gradualità di estensione ad altri settori, con quali misure che comunque tutti i cittadini dovranno adottare in una prima fase di riapertura (mascherine e test obbligatori: dove, come, quando?).

Il Piano di riapertura dovrà certamente essere preparato con il coinvolgimento di Regioni e Comuni, e anche con un metodo di condivisione trasversale tra le forze politiche. Ma il luogo centrale della discussione deve diventare -come finora non è stato – il Parlamento e, a cascata, i Consigli regionali e comunali, da convocare costantemente in quanto unico luogo di dibattito pubblico e dunque di responsabilità di fronte al Paese.

Ogni giorno fioriscono idee su come dovrebbero funzionare fantomatiche “cabine di regia” (Stato-regioni, governo-Opposizioni, Regioni-Sindaci), ma queste riunioni a porte chiuse rappresenterebbero un elemento di ricchezza solo a condizioni che fosse parallelamente garantito il proseguire della vita democratica, altrimenti fungono da ulteriore svuotamento di quel che è rimasto della rappresentanza popolare.

Nei momenti più drammatici i leader politici possono anche esercitare un’influenza sul morale dei cittadini. Ma questo può e deve accadere sulla base di fatti e decisioni, non come loro surrogato. Il paternalismo di Stato non è utile per combattere il virus.