Matematici al potere!

SCIENZA E POLITICA/1

Per una politica della scienza “non per la scienza, ma per l’umanità”

Bisogna fare un salto a più di 150 anni addietro, nel fermento e nel fervore dell’Italia postunitaria,  per trovare un nutrito e organico gruppo di matematici impegnati in primo piano nella politica. È sulla spinta della nuova politica degli ultimi anni del Risorgimento, che si aggancia la rinascita della matematica italiana e dell’analisi nello specifico.

I nomi degli attori di questa rinascita sono sconosciuti al grande pubblico ma costituiscono una sintesi felice tra la matematica e la politica che spinge all’applicazione del ragionamento deduttivo alle decisioni sulla cosa pubblica: Francesco Brioschi, Federico Napoli, Enrico Betti che in momenti diversi furono Sottosegretari alla Pubblica Istruzione, Luigi Cremona Ministro per un mese nel 1898, Federigo Menabrea che in momenti diversi ma contigui è stato Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro della Marina e Ministro dei Lavori.  Si deve a loro, assieme a Casorati e Beltrami, fine geometra e fisico matematico,  il merito di avere riagganciato l’Italia giovane e ancora acerba, al carro Europeo. Oltre ad essere stati lungimiranti, per approccio che direi naturale, sulla necessità di una visione “comunitaria” e interattiva del sapere matematico nelle specifico e scientifico in genere.

Secondo Vito Volterra, prima di allora, «i nobili sforzi di uomini egregi riuscivano il più sovente infruttuosi perché mancanti di ogni connessione tra loro e perché avversati spesso dai Governi del tempo pei quali l’ignoranza pubblica era un valido sostegno al potere».

 

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Ma dopo di loro Giovanni Gentile e Benedetto Croce; e quindi la crisi della cultura scientifica in Italia nonostante menti di primo livello tra cui Enriques, Castelnuovo, Severi e lo stesso Volterra abbiano tentato di tutto per arginare tale deriva.

Croce, per esempio, ebbe a scrivere: « I nuovi congegni [della logica matematica] sono stati offerti sul mercato: e tutti, sempre, li hanno stimati troppo costosi e complicati, cosicché non sono finora entrati né punto né poco nell’uso. Vi entreranno nell’avvenire? La cosa non sembra probabile e, ad ogni modo, è fuori della competenza della filosofia e appartiene a quella della pratica riuscita: da raccomandarsi, se mai, ai commessi viaggiatori che persuadano dell’utilità della nuova merce e le acquistino clienti e mercati. Se molti o alcuni adotteranno i nuovi congegni logici, questi avranno provato la loro grande o piccola utilità. Ma la loro nullità filosofica rimane, sin da ora, pienamente provata. »

E ancora: «Gli uomini di scienza […] sono l’incarnazione della barbarie mentale, proveniente dalla sostituzione degli schemi ai concetti, dei mucchietti di notizie all’organismo filosofico-storico»

Da ciò, politiche consequenziali che secondo scienziati del calibro di Enrico Bellone e Giulio Giorello sarebbero state deleterie sia per le riforme dell’istruzione scolastica che per gli orientamenti pedagogici della scuola italiana,  e quindi per la formazione di una classe dirigente e politica che riconoscesse alla scienza la sua importanza, condizione in assenza della quale si è arrivati ad un ritardo nello sviluppo scientifico e tecnologico nazionale con le ovvie implicazioni culturali.

Gentile e Croce costituiscono, ormai, il passato e un passato nemmeno recente. Ma nonostante questo credo che le parole di Volterra descrivano una situazione tutt’altro che passata e risolta.

L’inversione di tendenza che ci si aspetta dalla politica è proprio questa: il metodo scientifico come metodo ma anche stile di amministrazione.

Ed è proprio su tale linea, e nel limite delle mie possibilità, che ho deciso di accettare la proposta di candidarmi con Più Europa con Emma Bonino alle Regionali del Lazio e alla Camera nel Collegio Calabria2.