L’Italia crei un’Agenzia Nazionale per la Cannabis

Il successo istantaneo della raccolta firme online per il referendum che propone una nuova regolamentazione della cannabis conferma quanto sia popolare la pianta e impopolare la legge che ne proibisce la coltivazione e il consumo individuale o condiviso. Il Governo che ha convocato a fine novembre la VI Conferenza Nazionale sulle droghe non può non tenerne conto, come non può non prendere in considerazione le esperienze che si stanno consolidando in altri paesi.

A 15 anni dall’adozione della legge che ha consentito la prescrizione dei cannabinoidi terapeutici in Italia, e da cinque dall’avvio della produzione presso lo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze (SCMR), occorre predisporre una riforma strutturale per garantire la continuità di piani terapeutici di migliaia di persone che sistematicamente rimangono senza prodotti.

Nel momento in cui il Governo Draghi sta predisponendo i bandi per la coltivazione di cannabis terapeutica ad uso medico da parte di aziende pubbliche e private occorre che i Ministeri coinvolti tengano di conto dei problemi registrati negli anni a livello centrale e periferico circa la reperibilità dei prodotti.

Se da una parte non è più rinviabile una valutazione delle norme che continuano a creare irragionevoli ostacoli al rispetto del diritto alla salute dall’altra, anche perché la Conferenza Nazionale è convocata per questo, occorre elaborare proposte concrete di riforma del Testo Unico sulle droghe. Pubblicare nuove gare d’appalto, per quanto necessario, potrebbe quindi non essere sufficiente; occorre rivedere strutturalmente i meccanismi di importazione dei prodotti e riformare il sistema che governa le licenze sulla cannabis istituendo un’Agenzia Nazionale che si faccia carico di gestire quanto già previsto dalla legge correggendo quanto ha creato problemi.

La Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961 impegna gli stati firmatari, tra cui l’Italia, a controllare la coltivazione, e commercio della cannabis ad uso scientifico e terapeutico. A tal fine la Convenzione richiede le parti di stabilire “un’agenzia governativa” per sorvegliarne la coltivazione (art. 22, 23 (3), 28 (1) Convenzione Unica sugli Stupefacenti 1961).

A oggi in Italia questo ruolo è ricoperto dall’Ufficio centrale stupefacenti del Ministero della salute che svolge, oltre alle attività ordinarie, quelle di organismo statale per la cannabis per:

  • autorizzare la coltivazione delle piante di cannabis terapeutica individuando le aree da destinare alla coltivazione di piante di cannabis (Decreto 9/11/2015);
  • autorizzare l’importazione, l’esportazione, la distribuzione all’ingrosso e il mantenimento di scorte di cannabis, ad eccezione delle giacenze in possesso dei fabbricanti di medicinali autorizzati (Art 17; Sezione II; DPR 309/90);
  • provvedere alla determinazione delle quote di fabbricazione di cannabis sulla base delle richieste delle Regioni e delle Province autonome e informare l’International Narcotics Control Boards (INCB) presso le Nazioni Unite (Art 31; Sezione II; DPR 309/90).

Secondo l’INCB il fabbisogno nazionale di cannabis per usi terapeutici e di ricerca è passato dai 40 kg del 2013 ai 2.900 kg del 2021.

Attualmente l’ufficio centrale stupefacenti ha autorizzato l’importazione dall’Olanda sulla base di un accordo esclusivo tra i Ministeri della Salute Italiano e quello Olandese. La produzione presso lo SCFM ha sempre presentato dei problemi quantitativi e qualitativi e, comunque, deve avvalersi di bandi periodici di importazione di ulteriori quote di prodotti fitocannabinoidi per sopperire carenze produttive e assicurare la copertura del fabbisogno nazionale.

Nel 2020, a fronte di una stima riportata all’INCB di 1.950 Kg di fabbisogno di cannabis medica, il totale complessivo in distribuzione ammontava a 1122 Kg con un differenza in negativo di 828 Kg. La 309/90 (sezione II) prevede un sistema di autorizzazioni di enti privati e pubblici, quelle su cui sta lavorando il Governo in questi giorni, ma per anni il principale, se non esclusivo, canale di approvvigionamento è stato l’Olanda. Lo Stabilimento di Firenze rimane l’unico ente autorizzato alla coltivazione nazionale, da tre anni si avvale di bandi di importazione di ulteriori quote di cannabis volte a sopperire eventuali carenze produttive che si incarica di valutare e distribuire alle farmacie creando un ulteriore livello burocratico a una trafila di permessi e autorizzazioni di per sé già sufficientemente complessa.

In Germania invece il sistema di approvvigionamento e produzione della cannabis terapeutica è gestito dall’Agenzia Federale del Farmaco (equivalente dell’AIFA in Italia) per mezzo di due autorità: l’Ufficio Federale dell’Oppio (competente per le importazioni) e l’Agenzia della Cannabis (competente per la produzione).  

A oggi la Germania ha rilasciato 13 permessi di importazione e 3 licenze di coltivazione della cannabis terapeutica con certificazione GMP (la stessa richiesta dalla legge italiana) garantendo la continuità terapeutica per pazienti e preservando il controllo di quantità, qualità e sicurezza della cannabis terapeutica in commercio.

Visto che la cannabis terapeutica è uno dei temi in agenda della VI Conferenza Nazionale sulle droghe convocata dal Governo a Geneva a fine novembre, occorre prendere in considerazione la transizione delle competenze dell’Ufficio centrale per gli stupefacenti a un’agenzia nazionale per la cannabis.

Una decisione nell’interesse delle persone che hanno bisogno di terapie continuative oltre che nella tutela della concorrenza e trasparenza del mercato di riferimento e in linea con l’obiettivo del PNRR di rafforzamento delle strutture per la semplificazione amministrativa normativa debba mettere in atto.

Un’Agenzia Nazionale della Cannabis dedicata esclusivamente all’attuazione e funzionamento di tutti i soggetti coinvolti, oltre che per la definizione di un sistema di accreditamento per la concessione di autorizzazioni alla esportazione/importazione e coltivazione dei prodotti a base di cannabis da parte di molteplici concessionario (come previsto dal testo unico degli stupefacenti) è quindi una riforma necessaria da perseguire.