Se le “non-democrazie” investono nella ricerca (e le “democrazie” non più)

Nel 2014 le spese per la ricerca sono diminuite nei Paesi OCSE (quelli occidentali più Giappone, Corea del Sud, Australia, Turchia), mentre quelli non-OCSE (Cina in testa) recuperano terreno e ormai effettuano più del 30% della ricerca pubblica globale. Dati che sono giustamente valorizzati da Danilo Taino sul Corriere della Sera (vedi articolo al link qui sotto).

Sarebbe forzato far corrispondere il campo OCSE con quello della democrazia e quello non OCSE con quello delle dittature, sia in considerazione delle falle evidenti negli stessi sistemi formalmente democratici, sia di realtà come quella indiana. Rifuggendo da ogni semplificazione, è però comunque doveroso suonare un campanello d’allarme, perché dalla corsa tecno-scientifica può dipendere il futuro -già di per sé incerto- del modello democratico.

Meno ricerca significa infatti, nel lungo periodo, meno competitività. L’affermazione delle democrazie liberali come modello istituzionale di riferimento (pensiamo all’evoluzione del diritto internazionale, che riconosce, almeno sulla carta, i principi del liberalismo democratico a partire dall’universalità dei diritti umani) non sarebbe stata possibile se Stati Uniti d’America e Unione europea non avessero garantito per decenni un livello superiore di benessere ai propri cittadini. Se però d’ora in poi dovessimo all’aggravarsi di segnali già presenti anche per altre cause (demografia, sfruttamento delle risorse naturali), i rapporti di forza potrebbero, un giorno neanche troppo lontano, ribaltarsi.

Invertire tale tendenza è indispensabile. Gilberto Corbellini è lo studioso italiano che più ha insistito sul contributo che il metodo scientifico ha sempre dato e può continuare a dare all’affermazione del metodo democratico. Sarebbe però un grave errore ritenere che tale legame sia stabilito una volta per tutte ed indipendentemente dalle scelte politiche di investimento.

La Commissione europea ha fissato nel 3% la soglia-obiettivo dell’incidenza della spesa per ricerca e sviluppo sul Pil. La maggiorparte del Paesi europei, tra i quali l’Italia, è molto lontana da queste cifre. Proprio da qui dovremmo ripartire.

Marco Cappato

L’articolo di Danilo Taino
http://www.corriere.it/opinioni/16_dicembre_11/ruolo-ricerca-35bc7602-bf11-11e6-b7f0-2f6636f68ecb.shtml