La Commissione regionale di Controllo sull’Eutanasia ha presentato la Relazione 2019

Il 17 aprile 2020 la relazione della Commissione Regionale di Controllo sull’Eutanasia dell’Olanda (la Commissione) è stata presentata al Ministro della Sanità, il Benessere e lo Sport e al Ministro di Giustizia.

 ➡ Discussione sociale

Il dibattito sociale del 2019 si è concentrato in particolare sull’interpretazione delle richieste di pazienti con demenza avanzata e di quelli con disturbi psichiatrici. Questi disturbi costituiscono, anche nel 2019, una quota molto ridotta (68 casi – 1%) delle richieste di eutanasia. 168 sono stati i pazienti con affezioni degenerative mentali (demenza) di cui I casi di eutanasia per demenza avanzata erano due. 

Un processo penale che ha sollevato molto clamore nel 2019, era l’accusa a un medico geriatrico. Nel 2016 la Commissione aveva giudicato che il medico non aveva applicato correttamente i requisiti di accuratezza nel concedere l’eutanasia a un paziente in avanzato stato di demenza. Più precisamente, secondo la Commissione, la dichiarazione di volontà non era chiara. Il medico controbatteva che aveva interpellato i familiari per ottenere la conferma del desiderio del paziente. Il pubblico ministero faceva propria la decisione della Commissione. Il Tribunale poi condannava il medico perché avrebbe dovuto chiedere al paziente, prima dell’applicazione dell’eutanasia, la conferma della sua volontà.  

In 2020 la Corte di Cassazione ha assolto il medico, il Procuratore Generale ha presentato appello in cassazione alla Corte Suprema nell’interesse della legge del 2002, con lo scopo di ottenere il chiarimento sulla validità della dichiarazione di volontà, redatta in tempi non recenti, nel caso che il paziente si trova nell’impossibilità di esprimersi circa la conferma del suo desiderio. La Corte ha emesso la sentenza il 21 aprile 2020.

Leggero incremento delle segnalazioni e natura dei casi

Nell’anno 2019 c’è stato un leggero incremento del numero di segnalazioni di eutanasia ricevute dalla Commissione: dal 6.126 nel 2018 a 6.361 nel 2019 (più 3,8%). Ma 3,2% meno del 2017 con 6.585 casi. L’eutanasia rappresenta il 4,2% del numero totale di decessi nel 2019.

Seguono alcuni dettagli sulla natura dei casi:

  • Sesso: donna: 2.952 (48%), uomo: 3.309 (52%);
  • Metodo: fine-vita volontario su richiesta (eutanasia): 6.092 (95,8%), assistenza al suicidio: 245 (3,9%) e una combinazione dei due metodi – 24 (0,4%);
  • Natura dell’affezioni: tumori: 4.100 (64,6%), affezioni del sistema nervoso (SLA, Parkinson): 408 (6,4%), affezioni del cuore e dei polmoni (non causato da un tumore): 251 (3,9%), combinazione di affezioni: 846 (13,3%), accumulo di malanni della vecchiaia: 172 (2,7%), affezioni psichiatriche: 68 (1,0%), demenza: 162 (2,5%), altre affezioni: 167 (2,7%).
  • Età: da 18 a 30 anni: 15 (0,2%), da 31 a 40 anni: 45 (0,7%), da 41 a 50 anni; 163 (2,5%), da 51 a 60 anni: 587 (9,2%), da 61 a 70 anni: 1.336 (21,0%), da 71 a 80 anni: 2.083 (32,7%), da 81 a 90: 1.628 (25,6%), da 91 in poi: 504 (7,9%), nessuna segnalazione per  minori tra 12 e 17 anni.
  • Medico segnalante: Medico curante: 5.290 (83,2%), specialista geriatrico: 269 (4,2%), specialista ospedaliero: 361 (5,7%), altri medici tra cui quelli appartenenti al Centro Esperienza Eutanasia: 441 (6,9%);
  • Luogo del decesso: Abitazione: 5.098 (80,2%), hospice: 480 (7,5%), case di riposo: 504 (7,9%), ospedale: 178 (2,8%), altri: 101 (1,6%).

Per quanto riguarda le segnalazioni per demenza, 71 casi (44%) riguardavano pazienti tra 80 e 90 anni

Per 34 casi si trattava di duo-euthanasie (17 coppie). In questa situazione per ogni paziente è stata effettuata la procedura prevista dalla legge, accertando quindi il rispetto dei requisiti di accuratezza.

Considerando la complessità di alcuni casi sovente il medico che applica l’eutanasia è collegato al Centro Esperienza Eutanasia. Il compito del Centro è, oltre al supporto e l’informazione a medici curanti, l’intervento diretto nell’applicazione dell’eutanasia. Anche i medici che per ragioni ideologiche non applicano l’eutanasia oppure non vogliono intervenire quando si tratta di pazienti non (ancora) nello stato terminale (circa 20% dei medici olandesi), rimandano i loro pazienti a detto Centro. Capita anche che il paziente o la sua famiglia cercano contattano direttamente con il Centro.

Per quanto riguarda la complessità dei casi, in 2019 il Centro è intervenuto per:

  • pazienti psichiatrici in 52 casi (76,4%);
  • pazienti dementi in 84 casi (51,9%)
  • pazienti che soffrono di un accumulo di affezioni in 88 casi (51,1%). 

In totale i medici collegati al Centro sono intervenuti 904 volte contro 726 nel 2018 (più 24,5%).

➡ Casi non conformi ai requisiti di accuratezza

In più occasioni alcune testate italiane hanno pubblicate notizie fuorvianti per quanto riguarda i casi di eutanasia in Olanda non effettuati secondo i requisiti fissati dalla legge. Per tale scopo ritengo necessario approfondire i quattro casi (su 6.361 – 0,06%), dove la Commissione ha giudicato che il medico non ha rispettato uno o più requisiti di accuratezza.

Detti requisiti, stabiliti dalla legge del 2002 – articolo 2, sono:

  • deve trattarsi di una richiesta volontaria, consapevole, incondizionata e ben ponderata del paziente;
  • deve trattarsi di una sofferenza insopportabile, senza alcuna speranza di miglioramento per il paziente;
  • il medico abbia informato il paziente della situazione clinica in cui si trovava e sulle prospettive che ne derivano; 
  • il medico e il paziente devono giungere alla convinzione che per la situazione in cui il paziente si trova non vi è alcun’altra soluzione; 
  • deve essere consultato almeno un altro medico indipendente, non coinvolto nella cura del paziente; 
  • l’eutanasia e l’assistenza al suicidio devono essere attuati in maniera scrupolosa dal punto di vista medico

1. Il consulente deve vedere il paziente (giudizio 2019-12)

Si trattava di una donna tra 70 e 80 anni. Aveva avuta una grave emorragia celebrale, era paralizzata da un lato, con afasia che non le permetteva di comunicare. La donna soffriva in modo insopportabile. La guarigione non era possibile. La condizione nella quale versava la donna, era quella prevista nella sua richiesta di eutanasia, confermata nella sua dichiarazione di volontà.

Il consulente, interpellando il personale medico curante dell’ospedale, aveva concluso che una visita del paziente non aveva senso vista l’impossibilità di comunicare con la donna. L’informazione ricevuta dal medico curante e la chiarezza della dichiarazione di volontà per il consulente erano sufficiente come base per la sua relazione. Secondo la Commissione una visita sarebbe stata utile per rafforzare la conferma della condizione gravissima nella quale versava la donna. Nel giudizio la Commissione conferma detta tesi e stabilisce che gli altri requisiti di accuratezza sono stati rispettati.

2. Consultazione di un consulente indipendente anche se due psichiatri indipendenti sono stati consultati (giudizio 2019-15)

Una donna tra 70 e 80 anni, a causa di esperienze traumatiche in giovane età, era affetta di diverse affezioni psichiatriche. Dopo anni di trattamenti la donna non era più in grado di lottare e si sentiva impotente. Provava la sua esistenza di poco valore e voleva morire in modo dignitoso. Il medico di famiglia ha interpellato due psichiatri che hanno giudicato la donna capace di intendere e volere e uno confermava l’insopportabilità delle sue sofferenze.

Il medico di famiglia aveva chiesto a uno dei consulenti anche un parere che nell’ambito della legge l’eutanasia nel caso specifico era legale. La risposta del consulente non indicava che i requisiti di accuratezza erano soddisfatti. Per questa ragione il medico avrebbe dovuto interpellare un terzo consulente. Il medico ribatteva che ormai la donna non sopportava più visite di psichiatri e infatti dopo la visita del primo consulente-psichiatra la condizione mentale della donna era ulteriormente peggiorata e ancora di più dopo la visita del secondo consulente-psichiatra.

Il medico era convinto che una terza visita, puramente formale, era una sofferenza inutile per la donna. Pur riconoscendo il fatto che il medico ha preso carico di un caso molto complesso e il modo coscienzioso del rapporto con la donna, tuttavia la Commissione è del parere che lo specifico requisito non è stato rispettato mentre gli altri sì.

3. Un altro medico ha chiesto l’intervento di un consulente, il medico curante non ha letto la sua relazione (giudizio 2019-03);

In principio il medico curante deve consultare e/o leggere almeno la relazione del consulente. Il medico di famiglia e lo psichiatra che aveva in trattamento il paziente avevano concordato già molto prima dell’applicazione dell’eutanasia, che il medico di famiglia l’avrebbe applicata perché lo psichiatra non aveva esperienza per applicare l’ago di infusione.

Lo psichiatra aveva chiesto l’intervento del consulente che poi aveva inviato la sua relazione allo psichiatra. Il medico di famiglia si è basato sull’informazione verbale dallo psichiatra che il consulente ha confermato nella sua relazione che i requisiti di accuratezza erano rispettati e non ha letto lui stesso detta relazione. La Commissione ha giudicato che per quanto riguarda la consultazione il medico di famiglia non ha rispettato detto specifico requisito di accuratezza.

4. Il medico non ha applicato l’eutanasia secondo la scrupolosità professionale (giudizio 2019-57).

Si tratta di un caso di assistenza al suicidio. Ad una donna tra 70 e 80 anni è stato diagnosticato, tre mesi prima del decesso, di un tumore allo stomaco. Il medico di famiglia ha accertato che la sofferenza era insopportabile e non esistevano prospettive di guarigione, parere confermato dal medico consulente.

Dopo avere dato il mezzo letale liquido alla donna che poi l’ha bevuto, il medico ha lasciato il paziente solo con il figlio. Sia le direttive della Società Reale Olandese per la Promozione della Medicina (KNMG) sia le direttive della Commissione (Euthanasie Code 2018) richiedono che il medico deve essere presente fino al decesso del paziente anche se questo può comportare una presenza di alcune ore. 

La tesi del medico era che ha rispettato il desiderio della donna di rimanere solo con il figlio. Ha osservato la paziente da un altro locale fino al punto che il respiro della donna non era più percettibile e è tornato allo studio senza accertare il decesso della donna. Solo dopo la telefonata del figlio che la mamma era morta, è tornato per accertare il decesso e informare il patologo comunale.

La Commissione ha osservato nel suo giudizio che soprattutto nell’assistenza al suicidio esiste il pericolo di complicazioni come per esempio il vomito della bevanda. In quel caso è necessario l’intervento immediato del medico. Per tale ragione la Commissione ha giudicato che uno specifico requisito non è stato rispettato, mentre gli altri sì.

Detti giudizi sulla non-accuratezza sono inviati al Pubblico Ministero che decide di aprire un’indagine o meno.  Per il momento ciò non risulta.

➡ Fine vita volontario in Olanda: per chi vuole saperne di più

Nel 2018 la Commissione ha pubblicato il “Euthanasie Code 2018” sulle direttive che i medici e altri operatori sanitari devono rispettare nell’applicazione dell’eutanasia e l’assistenza al suicidio.

Fornisce informazioni interessanti sul funzionamento della Commissione, sull’interpretazione dei requisiti di accuratezza e sulle situazioni specifiche come le malattie psichiatriche, la demenza, i minori, l’importanza della dichiarazione di volontà (bio-testamento), la vita compiuta e la sedazione profonda. Ho ritenuto opportuno di tradurre dette direttive, integrandole dove necessario per una maggiore comprensione. Il libro è stato pubblicato in 2019 dalla New Press di Cermenate (CO).

Un mio studio approfondito sul fine-vita in Olanda è stato pubblicato in 2017 dallo stesso editore con il titolo “Libertà di decidere – fine-vita volontario in Olanda”.