Un’opinione pubblica più avanti della classe politica rende la democrazia più compiuta

opinione pubblica democrazia

Intervento di Marco Gentili per il Consiglio generale di lunedì 20 dicembre 2021

Fra pochi giorni si chiude un anno che finalmente ha regalato più di una soddisfazione, parlo per me stesso, ma credo che questo mio stato d’animo possa essere allargato a tutta la platea.

Mi riferisco al rinnovato e sempre più attento, partecipato interesse verso le nostre iniziative e verso le tematiche dei diritti civili; la maggiore attenzione nel pretendere il riconoscimento del proprio diritto inalienabile alla libertà di autodeterminarsi, un cambiamento storico nelle tendenze dell’opinione pubblica ha portato ad una radicalizzazione di chi si fa portavoce di una ideologia opposta, ormai dichiaratamente autoritaria e illiberale.

Nonostante da parte nostra ci sia stata sempre la volontà e l’intenzione di mantenerci strettamente entro i parametri costituzionali, anzi allargando le maglie della democrazia, facendo ritornare in auge il referendum abrogativo come strumento di crescita civile e consapevole, impegnandoci inoltre nel dare a tutti la possibilità di partecipare con il riconoscimento della firma digitale, il risultato ottenuto non è di avere di fronte avversari che propongono una scelta diversa, ma il volere impedire di scegliere nel merito.

In Parlamento è stato più facile basti pensare al compromesso per la legge sul suicidio medicalmente assistito, che neanche riesce a dare attuazione alle sentenze della Corte Costituzionale. La richiesta, il diritto di porre fine alle proprie inutili sofferenze viene infatti diluito in un arco temporale indefinito, fatto di una serie di passaggi inutili, per togliere la titolarità di tale diritto di scelta a chi ne è legittimamente portatore, il cittadino che si trova in una condizione di patologia irreversibile schiacciandolo fra le maglie della burocrazia fatta di comitati etici, relazioni, obbligo di cure palliative e obiezione di coscienza, rimanendo comunque vietata una qualsiasi forma di eutanasia attiva, visto che deve essere il consenziente a procurarsi la morte.

Viene così legalizzata una discriminazione fra sofferenti già esistente, penso alla mia di condizione condannato come sono alla quasi assoluta immobilità o a chi non avrà modo di presentare un ricorso alla giustizia ordinaria in caso di diniego, visto che comunque saranno altri a dover stabilire chi abbia o meno il diritto ad una qualche forma di buona morte. 

Di fronte al possibile avverarsi di quello che abbiamo tanto sperato, a partire da una presa di coscienza collettiva, nel momento in cui le nostre proposte godono del sostegno di larga parte dell’opinione pubblica, gran parte della classe dirigente assisa in Parlamento non ne vuole in alcun modo prendere atto, negando la richiesta ormai proveniente del basso di una democrazia più compiuta, che si adegui ai cambiamenti sociali, alle nuove possibilità date dalla tecnologia e dallo sviluppo scientifico, in particolare in ambito medico, dove si allunga la possibilità di vita a scapito certo della qualità.

Anzi costoro ben felici di rappresentare una retroguardia, cercano di limitare e impedire anche quello che ora è stato conquistato dai cittadini italiani, mi riferisco ad esempio all’aborto, alla libertà di ricerca scientifica, alla possibilità di costruire una propria unione affettiva, alle diverse modalità di affermare la propria genitorialità. Sono certo che non basteranno i cedimenti a proposito di suicidio assistito: lo scopo dichiarato è di continuare a vietarlo, in palese violazione dei diritti costituzionali.

Il nostro punto di forza è un’opinione pubblica più avanti rispetto alla classe politica e a questo sostegno popolare possiamo fare riferimento; non c’è miglior difesa del referendum e dei diritti civili che una cittadinanza consapevole e informata, in particolare del fatto che la libertà conquistata non è disponibile una volta per tutte e per sempre, ma va difesa e resa disponibile, adeguandola alle esigenze di un mondo in cambiamento.

Nonostante siano passati quasi 50 anni dall’affermarsi della libertà di scelta, in questo particolare momento storico il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza risulta sotto attacco da chi vuole negarlo, in maniera così violenta come pochi ricordano. Basti pensare alle leggi restrittive di alcuni Stati Americani, al vaglio benevolo della locale Corte Suprema o al caso della Polonia, nonostante i blandi richiami dell’Unione Europea.

La nostra battaglia per i diritti è innanzitutto una battaglia di libertà e di rispetto della vita, concetto sconosciuto a chi vuole imporre sofferenza, cure non necessarie, come nel mio caso la tracheotomia, divieto di scegliere come e fin quando vivere, negando persino il diritto alla salute; come scrissi qualche giorno fa, il disinteresse verso l’altrui benessere è compensato dalla macabra proposta di dare sepoltura a feti ed embrioni abortiti, violando in questo modo l’anima e il corpo di tante donne.

Si tratta di un impegno a difendere le tante sfaccettature di unico bene, la libertà di scelta, di essere, di vivere e morire ciascuno come ritiene più funzionale alla propria dignità di persona, che spero continui ad essere coinvolgente ed inclusivo, così da essere sostenuto da quante più possibili braccia e teste pensanti, consapevoli di rappresentare una maggioranza che non vuole indietreggiare, ponendosi anzi obiettivi più ambiziosi.