Premessa
In occasione del 20° anniversario della legge sull’eutanasia, l’esame di questo rapporto consente di individuare le tendenze significative che si stanno manifestando nel corso degli anni, dall’entrata in vigore della legge ad oggi. Sarebbe, tuttavia, auspicabile che in Belgio si effettuasse uno studio trasversale riguardo tutte le decisioni mediche del fine-vita, compresa la sedazione profonda permanente e il rifiuto dell’eutanasia.
La CFCEE, con l’informazione attualmente a disposizione, non è in grado di valutare la proporzione del numero di casi di eutanasia segnalati rispetto al numero effettivo di eutanasie praticate. Va ricordato che solo le segnalazioni dei casi che hanno intenzionalmente ed effettivamente posto fine alla vita (art. 2 della legge del 2002 sull’eutanasia) soddisfano la definizione legale di eutanasia. L’uso frequente alla fine della vita di varie farmaci non letali oppure di dubbia natura letale (in particolare la morfina) non è quindi da intendersi come eutanasia, anche se potrebbe accelerare la morte. Quindi, se almeno il certificato di morte fosse più dettagliato e distinguesse tra la somministrazione di alte dosi di oppiacei, la sedazione profonda terminale, l’interruzione di trattamento ed eutanasia o anche il suicidio assistito (che non è previsto dalla legge salvo in casi eccezionali), potremmo avere un quadro più completo delle pratiche mediche riguardo il fine-vita.
In attesa di questo auspicato studio, il rapporto CFCEE rimane l’unico strumento disponibile per comprendere la realtà dell’eutanasia in Belgio. Va notato, tuttavia, che le statistiche per gli anni 2020 e 2021, anni della crisi sanitaria, devono essere lette in base all’impatto del Covid.
Casi segnalati, evoluzione delle segnalazioni e lingua della segnalazione
Nel 2020 sono stati segnalati 2.445 casi di eutanasia (ossia l’1,9% dei 126.850 decessi), contro i 2.700 (2,4% dei 112.291 decessi) del 2021. Nel 2019, invece, i casi di eutanasia segnalati erano stati 2.657. Dall’entrata in vigore della legge, il 2020 è il primo anno in cui è stata registrata una diminuzione dei casi segnalati (-212 casi e -8,0%). La crisi sanitaria che ha colpito tutta la nostra società ha probabilmente avuto un impatto anche sulle applicazioni dell’eutanasia, in particolare durante i periodi di confinamento. Tra 2019 e 2021, invece, l’aumento di casi è stato leggero. Per l’1,3% dei casi, il Covid ha contribuito ad aggravarsi della condizione di salute del paziente.
Si è notato un incremento continuo dei casi di eutanasia: da 259 nel 2003 a 2.790 nel 2021. Fino al 2012, gli incrementi sono stati circa 300 ogni anno, una tendenza che si appiattisce negli anni successivi. Si può concludere che dal 2019 in poi il numero dei casi è stabile.
Dall’entrata in vigore della legge, sono stati sollevati interrogativi in merito al delta tra le segnalazioni scritte in lingua olandese e quelle in francese . In linea di principio, basato sulla popolazione delle Fiandre e la Vallonia, dovremmo avere una proporzione tra il 60% dell’olandese e il 40% del francese. Tuttavia, il primo rapporto per gli anni 2003-2004 vedeva l’83% delle richieste in olandese ed il 17% in francese. Nel corso degli anni, questo delta è diminuito. Pertanto, per gli anni 2020-2021, la proporzione è del 75% in olandese e il 25% in francese. Ciò implica, dunque, un aumento delle segnalazioni in francese, e la conseguente diminuzione di quelle in olandese. Quest’ultime erano 2.054 nel 2019, 1.835 nel 2020 e 2.007 nel 2021. Si suppone che le cause possano essere di natura culturale – come il fatto per cui la Fiandra sia più secolarizzata della Vallonia – oppure il maggior ricorso alla sedazione continua permanente dei medici francofoni. In assenza però dell’auspicato studio trasversale, è impossibile avanzare un’ipotesi precisa per spiegare questa diminuzione delle segnalazioni in olandese e la causa del divario delle segnalazioni in francese e olandese. Anche il caso Tine Nijs potrebbe aver avuto il suo impatto. I medici capirono che non erano immuni da procedimenti giudiziari per l’accusa di un grave reato: omicidio per avvelenamento.
Riguardo il caso Tine Nijs, nel gennaio 2020, per la prima volta nella storia della pratica eutanasica belga, un medico curante e i due medici consultati sono coinvolti in una presunta causa per la violazione della legge per un caso di eutanasia e sono comparsi davanti ad un tribunale per “omicidio mediante avvelenamento”. Il processo si è tenuto davanti alla Corte d’Assise di Gand e riguardava l’eutanasia per sofferenza mentale causata da una malattia psichiatrica di una paziente di circa 30 anni, eseguita nel 2010. I membri della giuria dovevano decidere se nell’eutanasia i medici avessero violato le condizioni e la procedura stabilite dalla legge sull’eutanasia e, di conseguenza, avessero commesso un omicidio. La decisione finale ha stabilito che i medici abbiano seguito correttamente i requisiti di accuratezza previsti dalla legge e quindi sono stati assolti. Poiché l’eutanasia sui pazienti psichiatrici rimane un argomento molto controverso, il processo penale ha provocato una tempesta mediatica e accese discussioni tra politici, medici e i cittadini.
Descrizione dei casi esaminati
La classificazione utilizzata è quella dei codici ICD-10-CM, obbligatoria negli ospedali a partire dal 2014. Il codice, chiamato International Statistical Classification of Diseases è, inoltre, utilizzato a livello mondiale. Il codice è un sistema chiuso di classifica e prevede soltanto una possibilità di classificare una malattia. Le affezioni, in primo luogo, vengono raggruppate per categorie, per sottogruppo e alla fine per diagnosi.
A) Le diagnosi
Casi di tumore
Nel primo rapporto (2002/o3), il CFCEE aveva già sottolineato che il tumore era la principale causa di eutanasia, conclusione a cui perviene anche l’ultimo rapporto. Esso rappresenta la causa nel 63,4% dei casi (ossia 3.262). Si trattava di tumori con metastasi o gravemente mutilanti nei pazienti, la maggior parte dei quali era stata sottoposta a più trattamenti curativi e/o palliativi, spesso seguiti da équipe sanitario palliativo e la cui morte era prevedibile a breve termine.
La natura del tumore secondo il rapporto 2020/21 riguardava:
- Apparato digerente: 31,5% (1.027 casi);
- Sistema respiratorio: 20,6% (673 casi);
- Seno: 8,3% (270 casi);
- Linfoidi, tessuti omeopatici e correlati: 5,9% (193 casi).
Poli patologia: seconda causa
Questa diagnosi viene al secondo posto, rappresentando il 17,5% dei casi (900). Frequentemente legate all’età, le poli patologie sono caratterizzate da una combinazione di malattie croniche refrattarie al trattamento. Va notato che questi pazienti possono anche avere un tumore. Non necessariamente ognuna delle malattie a sé porta alla morte; quindi, questi malati possono non essere in uno stato terminale della vita (334 casi).
Disturbi del sistema nervoso
Questa diagnosi, che riguarda principalmente la sclerosi laterale amiotrofica (SLA o malattia di Charcot), la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson e la corea di Huntington, è la terza causa di eutanasia per un totale 402 casi (ossia il 7,8%).
Malattie cardiovascolari e cardiorespiratorie
Si notano alcune variazioni rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, è difficile trarre delle conclusioni per la mancanza di analisi più approfondite. La suddivisione secondo la natura della malattie è proposta dalla tabella che segue:
Patologie | 2014/15 | 2016/17 | 2018/19 |
---|---|---|---|
Cardiovascolari | 5% | 3,9% | 3,6% |
Malattie respiratorie | 3,9% | 3% | 2,8% |
Disturbi mentali e comportamentali
Nei rapporti fino al 2014, “i disturbi mentali e comportamentali” sono stati classificati come condizioni neurologiche degenerative con importante sintomatologia psichica sotto il titolo generale di “disturbi neuro-psichici “. Qualunque sia la terminologia utilizzata, questi casi rimangono marginali, anche se sono probabilmente quelli di cui i media parlano di più. Dei 94 casi, ossia l’1,9% del totale:
- 45 (pari allo 0,9% del totale) sono disturbi psichici come i disturbi della personalità, la depressione refrattaria, o la schizofrenia
- 49 (ossia l’1% del totale) sono disturbi cognitivi come il morbo di Alzheimer, la demenza vascolare o la demenza di Lewy.
B) Stato della malattia al momento del decesso
Il 15,8% (741) dei casi di eutanasia riguarda malattie incurabili che causano grandi sofferenze ma la cui morte non era prevedibile entro un anno.
C) Età
L’eutanasia rimane rara per i pazienti sotto i 40 anni di età. Sono soprattutto i pazienti tra i 70 e i 90 anni (67,1% – 3.959 casi) a richiedere l’eutanasia. Tuttavia, questi sono anche quei gruppi di età che hanno un alto tasso di mortalità in generale. Un ulteriore suddivisione per età è la seguente:
Classe di età | Numero casi | % |
---|---|---|
70-79 anni | 1.450 | 28,2% |
80-89 anni | 1.455 | 28,3% |
90-99 anni | 545 | 10,6% |
Succede che anche i centenari chiedano l’eutanasia (3 nel 2020 e 7 nel 2021). Nessun caso di eutanasia di minori è stato segnalato per gli anni in oggetto. Il 28 febbraio 2014 il legislatore ha esteso l’eutanasia ai minori e finora sono stati segnalati solo 4 casi.
D) Luogo dell’eutanasia
Per il periodo 2016/17, era stato notato che il 59% dell’eutanasia è stata effettuata presso il domicilio del paziente (45,1% dei casi) o in una casa di cura o riposo (13,9% dei casi), il 38,9% era avvenuto in ospedale e 2,1% in vari contesti.
Rispetto al 2014/ 2015, si è registrato un aumento dell’eutanasia effettuata a domicilio (44,6%) e nelle case di cura e riposo (12,1%). Questa tendenza è proseguita nel 2018/19: 45,3% a casa (2.569 casi), 15,2% nelle case di cura, il 37,3% negli ospedali e 2,2% in vari contesti (ad esempio la casa di un parente).
Nel 2020/21 va evidenziata una netta diminuzione dell’eutanasia eseguita negli ospedali: 30,4% (1.735 casi). Per i decessi negli ospedali nel 2021, 149 pazienti erano sottoposti a cure palliative. Per le case di cura e riposo si è registrata una diminuzione nel 2020 (301 casi, ossia il 12,3%), e una ripresa nel 2021 (388 casi, ossia il 14,4%), raggiungendo una media del 13,4%. L’aumento più significativo è stato dei decessi avvenuti casa: 54,3% (2.791 casi), con un incremento nel confronto del 2018/19 del 10,8% in valori assoluti.
E) Sofferenze
Nella maggior parte dei pazienti, diversi tipi di sofferenze, sia fisici che psichici, erano presenti contemporaneamente. La sofferenza è stata descritta come costante, insopportabile e non alleviabile. Tra le sofferenze fisiche più spesso menzionate, è necessario notare il soffocamento, l’ostruzione digestiva con vomito, il dolore costante. Per quanto riguarda la sofferenza psicologica, la dipendenza di altri, la perdita di dignità e la disperazione sono le più frequenti.
Si noti la confusione che persiste tra la causa, la malattia psichiatrica, e la conseguenza, la sofferenza psichica. Una malattia somatica può causare sofferenza psicologica, proprio come una malattia psichica può causare una sofferenza fisica.
F) Tecniche utilizzate
Vengono utilizzate principalmente due tecniche: endovenosa (99,6%) o orale (0,4%, ossia 22 casi). Detti 22 casi di eutanasia sono stati eseguiti con una auto somministrazione dal paziente di barbiturici. Tale procedura, non prevista dalla legge, può essere descritta come “suicidio assistito dal medico”. La CFCEE ha ritenuto, come nei suoi precedenti rapporti, che tale procedura sia consentita dalla legge solamente quando i requisiti giuridici per accogliere una richiesta di eutanasia siano stati rispettati e che l’applicazione sia avvenuta sotto la responsabilità del medico che deve essere presente e pronto ad intervenire. La legge non impone, infatti, questa tecnica da usare per praticare l’eutanasia. Anche l’Ordine dei Medici si è espresso in questa direzione. Si può quindi affermare con certezza che il suicidio medicalmente assistito esiste in Belgio. Alcuni vedono l’autosomministrazione come la più chiara espressione dell’autonomia e della volontà del paziente. Tuttavia, va notato che pochi pazienti e medici preferiscono la via orale. Questo metodo non appare tra le informazione che deve essere specificata dal medico come parte della segnalazione al CFCEE.
Per aiutare i medici nel difficile compito è stato pubblicato l’opuscolo “Eutanasia” che viene regolarmente aggiornato e contiene i protocolli raccomandati per applicare l’eutanasia, sia per via endovenosa che orale. Specifica, inoltre, la procedura da seguire per l’uso del Propofol. Potrebbero effettivamente esserci problemi della disponibilità del Thiobarbital.
G) Per quanto riguarda le Disposizioni anticipate di trattamento (DAT)?
Il numero di casi di eutanasia effettuati sulla base di una DAT rimane marginale, con una tendenza a diminuire che si osserva di anno in anno: solo 0,6% (31 casi) contro 1% (49 casi) nel 2018/17. Formalità legata alla DAT e confusione riguardo il campo di applicazione? Ricordiamo le condizioni previste dalla legge per l’esame di una di una DAT da parte di un medico cioè il paziente deve essere affetto da una malattia da un incidente o da una patologia grave e incurabile, deve essere incosciente e questa situazione deve essere irreversibile secondo lo stato attuale della scienza.
L’interpretazione che ne è stata fatta ha portato i medici ad accettare di applicare l’eutanasia sulla base di una DAT solo nei casi di un coma vegetativo. Si nota un’esigenza della società: permettere a ciascuno di specificare il contesto, le condizioni del malato (ad esempio non riconoscere più i propri cari) in cui desidera che l’eutanasia sia applicata quando non sarebbe più in grado di confermare la sua richiesta come indicato nella DAT.
H) Malati residenti all’estero
La domanda spesso sollevata dai media riguardano l’applicazione dell’eutanasia per pazienti non provenienti dal Belgio. La legge non prevede un requisito di nazionalità o residenza, il paziente deve assolutamente soddisfare tutti i requisiti previsti dalla legge.
Da marzo 2021, ai medici è stato chiesto di specificare il luogo di residenza del paziente, Belgio o un altro paese, nella segnalazione inviata che alla CFCEE. Sono stati segnalati 79 casi, di cui 49 per il 2021. Di questi 49 pazienti non residenti nel 2021, 40 erano francesi.
Le associazioni belghe non sono a favore del turismo del fine-vita. Non è vietato l’assistenza di un interprete però indubbiamente sarà chiamato dalla CFCEE per informazioni, non conoscendo la lingua del malato, come è arrivato alla conclusione che i criteri di accuratezza siano rispettati. Di fatto non è possibile per pazienti esteri con malattie mentali.
I) Trapianti di organi dopo l’eutanasia
Il primo caso in Belgio risale al 2005. Sono stati i pazienti a prendere l’iniziativa di proporre la donazione di organi dopo l’eutanasia. I medici non sono obbligati a menzionarlo nella loro segnalazione. Per il 2018/19, 11 casi erano menzionati, mentre 18 casi sono stati segnalati alla Società belga dei trapianti. Nel 2020 ci sono stati solo 3 casi e nessuno nel 2021. Non si può escludere che la crisi sanitaria spieghi questa forte diminuzione rispetto ai due anni precedenti. Secondo un recente studio effettuato nei Paesi Bassi, teoricamente per il 10% dei decessi in seguito all’applicazione dell’eutanasia o l’assistenza al suicidio sarebbe possibile l’espletazione di organi.
J) Un punto da segnalare: la sospensione dell’anonimato
Nel 2020 e nel 2021 418 segnalazioni sono state oggetto della sospensione dell’anonimato. Alcuni membri della CFCEE mettono in dubbio la necessità di mantenere questa regola dell’anonimato, non perché non sia rispettata visibilmente e sistematicamente, ma in considerazione dei motivi che attualmente ne giustificano il mantenimento. Il legislatore ha previsto l’anonimato nella legge del 28 maggio 2002 per evitare che i medici siano considerati come “il medico che compie l’eutanasia” e quindi stigmatizzati.
Dopo 20 anni di applicazione della legge, sembra che questo pericolo non esista più. In ogni caso, anche quando si devi consultare la sezione I della segnalazione, il nome del medico non viene rivelato. È importante notare che nei Paesi Bassi questa regola dell’anonimato non esiste per le segnalazioni. I giudizi pubblicati in Olanda non indicano i nomi dei medici. Inoltre, si osserva che i membri delle Commissioni, siano essi nei Paesi Bassi o in Belgio, sono tenuti al segreto professionale. L’abolizione dell’anonimato porrebbe fine anche alle discussioni sulle segnalazioni dei medici che siedono nella CFCEE.
Questo era il testo in merito all’anonimato del rapporto per gli anni 2020/21. Si può sottolineare quanto questa osservazione sia stata preveggente alla lettura della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) del 4 ottobre 2022, causa Mortier vs. Belgio. La CEDU ha convalidato la legge belga del 28 maggio 2002 sull’eutanasia e il caso ad essa sottoposto. La CEDU ha inoltre accettato il principio del controllo a posteriori e la composizione della CFCEE. All’interno di questa CFCEE possono però sedersi medici che hanno applicato l’eutanasia con il rischio, visto l’anonimato che sia il medico è chiamato a giudicare la sua applicazione. La CEDU ha criticato questa apparenza di non indipendenza della CFCEE in quanto è a esclusiva discrezione del medico interessato di astenersi alla discussione della segnalazione che lo riguarda. Spetta al legislatore adottare una correzione della legge.
Il modulo di segnalazione è composto da due sezioni:
- Sezione I che contiene le informazioni personali. Il documento potrà essere consultato soltanto dopo il voto favorevole della CFCEE;
- Sezione II con informazione riguarda la condizione del paziente e la procedura.
Le due sezioni sono inviate separatamente e la CFCEE e in principio esamina soltanto la sezione II. Le decisioni della CFCEE per 2020/21 sono divise come segue:
Decisione della CFCEE | Numero casi | % |
---|---|---|
Approvazione senza ulteriori esami | 600 | 70,0% |
Apertura della Sezione I per ragioni amministrative | 716 | 13,9% |
Aperture della Sezione I per precisazione della procedura | 439 | 8,3% |
Apertura della Sezione I per osservazioni | 400 | 7,8% |
Segnalazione alla Procura del Regno | – | 0,0% |
Il 30% di aperture della sezione trae in inganno, perché solo in apparenza i medici belgi sono poco seri nell’applicazione dell’eutanasia. Il dato, infatti, va interpretato come un chiaro segno della serietà della CFCEE nel giudicare le segnalazioni ricevute.
Il 7,8% delle segnalazioni, è giustificato unicamente dalla volontà della CFCEE di segnalare al medico, principalmente a fini informativi e educativi, imperfezioni nelle sue risposte o errori di interpretazione relativi alle procedure seguite. Tuttavia, quest’ultimo non ha messo in discussione il rispetto dei requisiti legali. In questi casi, quindi, non è stata richiesta alcuna risposta da parte del medico.
Per il 13,9% delle segnalazioni, l’apertura della parte I (per motivi amministrativi) era intesa a ottenere dal medico informazioni supplementari richieste dalla CFCEE in merito a uno o più punti del documento compilati in modo errato, non sufficientemente compilati o non compilati. La maggior parte di questi punti riguardava informazioni amministrative o dettagli procedurali mancanti. Le risposte fornite di volta in volta dal medico curante, hanno fornito le informazioni utili e le dichiarazioni sono state accettate. Ciò riguarda molto spesso la sub sezione 6 della parte II della segnalazione, relativa alla richiesta del paziente. Al medico viene chiesto di indicare sulla base di quali elementi si è assicurato che la richiesta è stata fatta, da un lato, in modo ponderato e ripetuto e, dall’altro, volontariamente e senza pressioni esterne. Non è sufficiente che il medico si limiti ad affermare che è stato effettivamente così; Egli deve indicare, anche brevemente, le circostanze concrete da cui ha potuto dedurlo (è sufficiente l’indicazione, ad esempio, che la richiesta sia stata fatta in numerose occasioni per diversi mesi, sia per quanto riguarda la natura riflessiva e ripetuta della natura volontaria e senza pressione da terzi).
In rari casi, le dichiarazioni sono state accettate dalla CFCEE anche se l’uno o l’altro punto procedurale non era stato seguito alla lettera, ma in ogni caso garantendo l’assoluto rispetto dei requisiti legali (richiesta volontaria, ponderata e ripetuta di un paziente cosciente e capace di decidere, sofferenza costante, insopportabile e invalidante, derivanti da una condizione grave e incurabile e la situazione medica è senza speranza).
K) Raccomandazioni
La CFCEE ha posto l’attenzione su tre raccomandazioni, già indicate nel rapporto 2018/19:
- Realizzazione di studi scientifici a livello nazionale su tutte le decisioni mediche alla fine della vita;
- Informazione ai cittadini;
- Per quanto riguarda il funzionamento della CFCEE:
- risolvere problema del bilancio, fondi in gran parte insufficienti per compiere adeguatamente il compito attribuito
- introduzione di un modulo elettronico per le segnalazioni.
Fonti
- Commission Fédérale de Contrôle et d’Evaluation de l’Euthanasie: Rapport Euthanasie 2022.
- Rivista del 3° e 4° trimestre 2022 dell’Association pour le Droit a mourir en Dignité (ADMD belga): 10° Rapport de la Commission fédérale de controle et d’evaluation de l’euthanasie (années 2020 et 2021):
- Document d’enregistrement d’une ethanasie
- Associazione Luca Coscioni – blog Johannes Agterberg: 21 aprile 2022 Ecco i dati dell’eutanasia in Belgio nel 2021;
- Sito finevitavolontario.it:
- 8 maggio 2002 – Belgio: Testo della legge sull’eutanasia;
- 23 luglio 2020 – Belgio: Eutanasia per non residenti.

Olandese di nascita e italiano di adozione. Attualmente è membro della Direzione dell’Associazione Luca Coscioni. Una carriera professionale come revisore contabile e successivamente come consulente aziendale. Dopo la sua decisione di terminare la carriere professionale, si è dedicato al volontariato. Da più di 40 anni è socio dell’Associazione Olandese di Fine-vita Volontario (NVVE). Circa 5 anni fa, dopo l’ennesima “fake-news” sull’eutanasia in Olanda, ha deciso di pubblicare un saggio, frutto di circa 3 anni di ricerca, sulla legislazione olandese e la sua applicazione. Nel 2017 pubblica “Libertà di decidere – fine-vita volontario in Olanda”. Attualmente è rappresentante dell’Associazione Luca Coscioni alla Word Federation of Right to Die Societies.