Il triage delle terapie non autorizzate

Una prognosi infausta può farti aggrappare a qualunque minima speranza, della quale può approfittarsi un ciarlatano che vuole farci quattrini. Questo è un problema che si ripete periodicamente e che è acuito dal fatto che su alcuni singoli pazienti, per una loro particolare ma quasi sempre ignota condizione fisio/patologica (o anche solo psicologica), una terapia che non è autorizzata perché non efficace oppure non ancora testata su numeri sufficienti di pazienti, ha qualche effetto positivo.

Il paziente con prognosi infausta sì trova così stretto nella tenaglia di provare in urgenza qualcosa di cui ha sentito parlare ma non è autorizzato dalla medicina ufficiale e di valutare se farlo sia ragionevole. A parte chi ci vuole lucrare (basta ricordare il caso “Stamina”), il medico onesto e coscienzioso è spesso sottoposto a forti pressioni (talvolta minacciato di denuncia) per autorizzare qualcosa di cui non è in grado di valutare appieno il beneficio a fronte di costi spesso elevati per il Servizio Sanitario Nazionale.

Un organismo indipendente composto da esperti potrebbe molto aiutare sia il paziente che chi lo ha in cura: per esempio, il Comitato Etico Regionale (CER), che sul territorio esprime un parere di eticità e scientificità prima dell’avvio di qualsiasi studio clinico, potrebbe effettuare un “triage” della ragionevolezza di provare: A) Esistono dati pubblicati? O anche solo sottomessi per la pubblicazione (cosiddetti “preprints”)? B) Esistono sperimentazioni cliniche in corso? O anche solo proposte a qualche altro Ente Regolatorio? C) La documentazione alla base di eventuali precedenti autorizzazioni da parte di altri organi del Servizio Sanitario Nazionale (p.es gli Spedali Civili di Brescia che autorizzarono “Stamina”) è interamente disponibile? D) E pare sufficiente per confermare l’autorizzazione?

E così via: quanto maggiore il numero di risposte negative a queste domande, tanto più vicino al bianco (parere negativo alla autorizzazione in urgenza) il colore del triage. Ovviamente fatto salvo, in assenza di rischi percepibili per il paziente, l’uso compassionevole che prevede la fornitura a titolo gratuito della terapia da parte della ditta produttrice.

E se il paziente vuole fare ricorso contro questa valutazione negativa del CER? A Roma, una sezione apposita della Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) esaminerà in tempi brevi il ricorso e si pronuncerà “in appello”.  Cosa manca a tutto questo?  I soldi per potenziare quei preziosi organi tecnici: i CER (e anche AIFA) già ora non ce la fanno a svolgere i loro compiti istituzionali e li si vuole caricare anche delle valutazioni in urgenza delle terapie non autorizzate?  Tra i 19 miliardi del Recovery Plan, destinati alla Sanità (Renzi permettendo), si potrebbero trovare.