I vaccini a RNA sono davvero più efficaci?

Pur con tutte le cautele del caso, legate ad una ancora rilevante quota di Europei che non vogliono vaccinarsi ed alla rapida evoluzione del virus Sars-Cov2 verso forme più infettive in Extra-Europei che non possono vaccinarsi,  non può non deludere la crescita di contagi che si osserva attualmente in buona parte del nostro continente, anche in Paesi come l’Italia, che hanno avuto una buona risposta vaccinale da parte della popolazione.

Sorge allora spontanea la domanda se questi vaccini ad acido nucleico (soprattutto RNA) di nuova generazione, oltre all’indubbia versatilità (possono essere riconvertiti contro nuove varianti virali in poche settimane) non inducano risposte immunitarie protettive meno efficaci rispetto a vaccini di tipo più “tradizionale”, p.es quelli che contengono particelle virali intere inattivate come l’antipolio messo a punto sessanta anni fa da Albert Sabin (grazie a questo vaccino nel 2012 si sono registrati solo 223 casi di poliomelite in tutto il mondo).

Anche la riduzione dal 74% al 39% di efficacia dopo soli cinque mesi dall’inoculo della seconda dose di vaccino anti-Sars Cov2 stimata dal Comitato Tecnico Scientifico dell’Istituto Superiore di Sanitàpotrebbe far pensare ad una risposta immunitaria indotta dagli attuali vaccini a RNA non particolarmente stabile. È un tema sul quale potrebbe essere utile interrogarsi. 

Invece sull’opportunità di proteggere sé stessi e gli altri dalle forme gravi di Covid19 con quanto di meglio si abbia a disposizione (cioè oggi proprio i vaccini a RNA) non è proprio più il caso di interrogarsi.