Greenpass: anche superare qualche rigidità burocratica potrebbe aiutare a convincere i contrari

Green pass

A marzo 2020, in pieno scoppio della pandemia, un giovane che lavora fuori sede si contagia col SARS-Cov2. Ha febbre alta e tutti i sintomi della malattia da Covid19. Viene visitato da un medico che però, per le difficoltà in cui si trova la diagnostica del Servizio Sanitario Nazionale in quel momento (venivano fatti pochissimi tamponi rispetto ad oggi e riservati ai casi più gravi), non gliene prescrive uno (di tampone). Quel giovane fortunatamente supera l’infezione senza danni. Dopo qualche mese, un esame sierologico mostra un alto livello anticorpale contro SARSCov2. Nonostante l’elevata protezione immunitaria, quel giovane per poter ottenere il greenpass, deve comunque sottoporsi ad ambedue le somministrazioni di vaccino, con rischio di maggiori reazioni avverse data la già forte memoria immunologica di cui è dotato.

Un noto scrittore si offre generosamente come volontario per testare l’efficacia del vaccino anti SARS-Cov2 in sperimentazione italiana ReiThera.  Ha un elevato livello anticorpale ma non può avere il greenpass come tutti i 900 volontari per il vaccino italiano. Afferma con una punta di amarezza: “Chi ha fatto il volontario si ritrova a essere vaccinato ma al contempo non vaccinato, perché non si tratta di un vaccino ufficiale. Non posso avere il greenpass, dovrò fare il tampone anche se sono stravaccinato e tecnicamente mi farò un vaccino ufficiale, immagino a settembre”.

Una signora che fa la badante in Italia torna in ferie nel suo paese natale, la Bielorussia. Lì viene vaccinata col vaccino Sputnik, che non viene riconosciuto dal Servizio Sanitario Nazionale Italiano per il rilascio del greenpass. Tuttavia, anche in questo caso, l’avvenuta immunizzazione è dimostrata dall’elevato livello di anticorpi anti SARS-Cov2. 

Al contrario, chi ha completato il ciclo vaccinale (due-somministrazioni-su-due) con i vaccini “ufficiali” non sempre viene testato con un sierologico per controllare l’avvenuta immunizzazione. Quel mRNA vaccinale che gli è stato iniettato potrebbe essersi deteriorato prima dell’inoculo o il soggetto stesso potrebbe non avere risposto adeguatamente dal punto di vista immunologico. Potrebbe quindi ancora essere suscettibile ad infettarsi ed infettare.

L’avvenuta immunizzazione anti SARS-Cov2 oltre un valore soglia (da stabilire da parte del Ministero della Salute), facilmente verificabile tramite test sierologico, dovrebbe essere condizione sufficiente per il rilascio del greenpass, superando quando necessario la rigidità burocratica del due-somministrazioni-su-due.