Eutanasia su un caso di demenza avanzata: ecco cosa ha detto la Corte suprema olandese

Scritto in collaborazione con l’avvocato Massimo Clara


La sentenza della Corte Suprema del 21 aprile 2020 pone i paletti per evitare il pendio scivoloso

Il caso riguardava una donna di 74 anni che è deceduta in seguito all’applicazione dell’eutanasia. Il medico era stato condannato dal Tribunale ordinario per omicidio, sentenza poi annullata dalla Corte di Cassazione. Mentre il Pubblico Ministero non ha appellato la decisione di detta Corte, il Procuratore Generale della Corte Suprema invece ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza stessa.

Riassumendo: il medico curante può accogliere la richiesta di eutanasia di un malato che soffre insopportabilmente di demenza avanzata, quando la richiesta scritta specificamente chiede l’interruzione della vita anche se la paziente non è più in grado di esprimere la propria volontà a causa della demenza avanzata.

Se il paziente mostra dei comportamenti che potrebbero indicare contrarietà all’eutanasia, il medico deve desistere. Significa che quando la richiesta di eutanasia non è “trasparente come il vetro” oppure ambigua il medico non può applicare l’eutanasia. Si aggiunge che non è possibile praticare l’eutanasia in assenza di una manifestazione di volontà scritta.

Per poter meglio comprendere il significato della sentenza segue il paragrafo 4.4.4. della sentenza della Corte:

La Corte di Cassazione ritiene che la richiesta di eutanasia e le clausole di demenza sono alla base dell’applicazione dell’eutanasia dal medico.

Inoltre, detta Corte è del parere, come il Pubblico Ministero e il Consulente Legale, che la paziente ha redatto e firmato personalmente la richiesta di eutanasia, la clausola di demenza del 2012 e la clausola modificata nel 2015 e che al momento delle stesure era capace di intendere e volere e che il desiderio era serio, ponderato e persistente.

Ciò deriva dalla dichiarazione del medico di famiglia, che ha discusso con la paziente la richiesta di eutanasia e la clausola di demenza in presenza del marito, riconfermando ripetutamente verbalmente il suo desiderio, e dalla lettera dello specialista geriatrico, che il 17 gennaio 2013 ha discusso con la paziente, sempre in presenza del marito, la richiesta di eutanasia e la clausola di demenza del 2012.

Il marito e la figlia, con i quali la paziente discuteva sovente il suo desiderio, confermavano altrettanto che le sue richieste esprimevano espressamente e persistentemente detto desiderio. La paziente sapeva meglio di chiunque cosa l’avrebbe aspettata, dato che non solo sua madre ma anche i suoi fratelli erano stati colpito da Alzheimer. I due medici consultati concludono, indipendentemente tra di loro, che sulla base del dossier della paziente, lei era capace di intendere e volere al momento della stesura delle richieste in oggetto.

Certo è che la paziente non ha mai revocato la richiesta di eutanasia e la clausola di demenza del 2012 e la richiesta modificata del 2015.

Altrettanto la Corte di Cassazione insieme con il Pubblico Ministero e il Consulente Legale sono del parere che la paziente nel corso del 2016 è diventata incapace di intendere e volere e al momento del fine-vita si trovava in uno stato di profonda demenza. Detta condizione è stata confermata dal medico di famiglia e il consulente del Centro Esperienza Eutanasia che il 29 marzo 2016 ha visitato la paziente e l’ha osservata.

La Corte di Cassazione, insieme al Pubblico Ministero e il Consulente Legale, ritengono che la richiesta di eutanasia e la clausola di demenza non erano ambigue per quanto riguarda il desiderio di eutanasia nel caso di un ricovero in una casa di cura a causa della demenza avanzata. A tal fine la Corte considera quanto segue.

Nel presente caso i testi delle clausole di demenza che indicano le modalità di decisione per quanto riguarda il momento di eutanasia (“quando sono ancora un po’ capace di intendere e volere”, “quando ritengo che sia il momento giusto” e “sulla mia richiesta”) non escludono, secondo la Corte di Cassazione, l’applicazione dell’eutanasia nel caso di un ricovero in una casa di cura per demenza avanzata.

Sia nella clausola di demenza del 2012 sia in quella modificata del 2015 la paziente ha indicato inequivocabilmente che non voleva essere ricoverata in una casa di cura a causa della demenza avanzata. In tal caso voleva ad ogni costo veder eseguita la sua richiesta. Questa situazione è stata indicata nella discussione della richiesta di eutanasia con il medico di famiglia e l’ha ripetuto durante le visite di controllo trimestrali. Anche il marito e la figlia, con i quali per anni ha parlato del suo desiderio di eutanasia nel caso di un ricovero in una casa di cura, confermano questa interpretazione della clausola di demenza.

In un comunicato stampa l’Associazione Olandese Fine Vita Volontario commenta la sentenza come segue: “La Corte Suprema ha confermato che l’eutanasia può essere concessa anche a pazienti con demenza avanzata. Il medico non deve chiedere al paziente, incapace di esprimersi, la conferma della sua richiesta scritta di eutanasia. Inoltre, detta Corte afferma che la richiesta di eutanasia non necessariamente dovrà essere “non inequivocabile”.

Il medico, interpretando la dichiarazione di volontà e valutando le circostanze, deve ottenere la certezza sufficiente che la paziente vorrebbe morire nella condizione in cui si trova ora. Questa è una notizia positiva per tutte le persone nei Paesi Bassi che redigono una richiesta scritta di eutanasia. In pratica, è raro che l’eutanasia venga somministrata a pazienti affetti da demenza avanzata (2 nel 2019).

Agnes Wolbert, direttrice della NVVE osserva: “Il nostro consiglio rimane che i pazienti, insieme al medico e ai loro cari, cerchino di evitare che le persone discutano di una richiesta di eutanasia solo quando sono incapaci di intendere e volere”.

La NVVE ha sempre promosso la tesi che quando un medico agisce in modo accurato e che ha nella mente gli interessi della paziente, non dovrebbe dover rispondere a un giudice penale. La Corte Suprema ora afferma che la risposta giudiziaria non è sempre la risposta più appropriata. La valutazione del fatto che l’eutanasia sia stata prestata con accuratezza, non dovrebbe quindi essere sottoposta a procedure di diritto penale.”

La sentenza è riassunta nel paragrafo 6 come segue:

A seguito del ricorso in Cassazione del Procuratore Generale nell’interesse del diritto, la Corte Suprema ha stabilito una serie di principi sulla possibilità per un medico di accogliere una richiesta scritta di eutanasia da parte di un paziente affetto da demenza avanzata. In breve, i requisiti principali sono i seguenti.

La Legge consente a una persona di presentare una richiesta di interruzione volontaria della vita in una dichiarazione scritta nel caso i cui venga a mancare la sua capacità di esprimere la sua volontà. Un medico può soddisfare tale richiesta se tutti i requisiti di accuratezza previsti della Legge sull’eutanasia siano soddisfatti. In tale caso il medico non è punibile.

Questa possibilità di ottemperare a una richiesta scritta di fine-vita esiste anche se l’incapacità di esprimere una volontà è causata dalla demenza avanzata. Anche in tal caso devono essere rispettati tutti i requisiti della Legge. Essi garantiscono che il medico agisca con accuratezza e quindi devono essere interpretati in modo da rendere giustizia alle particolarità dei casi in cui la demenza è avanzata.

Tali requisiti giuridici comprendono il fatto che, in tali casi, la richiesta scritta dovrebbe specificamente chiedere l’interruzione della vita nella situazione in cui la paziente non è più in grado di esprimere la propria volontà a causa della demenza avanzata. La richiesta dovrebbe essere interpretata non solo sulla base della formulazione, ma anche su altre circostanze dalle quali le intenzioni della paziente possono essere dedotte.

C’è quindi spazio per l’interpretazione della richiesta scritta. Anche se è chiaro che la richiesta riguarda la situazione di demenza avanzata e che tale situazione è stata raggiunta, in modo che la paziente non sia più in grado di formare ed esprimere la sua volontà, ci possono essere circostanze che non permetteranno di eseguire la richiesta. Ciò può includere, ad esempio, i comportamenti o le espressioni verbali della paziente che indichino che la condizione effettiva della paziente non corrisponde alla situazione prevista nella dichiarazione di volontà.

Inoltre, la Legge richiede che una richiesta scritta di interruzione della vita sia eseguita solo se la sofferenza è insopportabile e senza prospettive di miglioramento. Soprattutto il requisito che la sofferenza deve essere insopportabile, richiede particolare attenzione nei casi di demenza avanzata.

Dalla storia della Legge, è emersa che questo può avvenire principalmente in presenza della sofferenza fisica della paziente a causa di altre affezioni fisiche. Tuttavia, anche se manca un’altra affezione, ci possono essere segni che la paziente soffre della sua demenza avanzata in modo tale che la sua sofferenza possa essere considerata insopportabile.

Come è già comune nella pratica, vi è motivo di consultare non uno, ma due medici indipendenti nei casi in cui la richiesta può essere accolta. Durante l’applicazione dell’eutanasia, il medico dovrà prendere in considerazione eventuali comportamenti irrazionali o imprevedibili della paziente. Questo può essere il motivo per dare al paziente il farmaco per evitare detta situazione.

L’ordinamento giuridico prevede che il rispetto dei requisiti di accuratezza, quando un medico ha applicato l’eutanasia, è valutato dai comitati regionali di revisione dell’eutanasia.

Quando un caso è deferito al giudice penale, lui può interpretare la Legge, ma è necessaria la sua prudenza nel valutare la condotta professionale da parte di un medico. La Corte Suprema ha quindi valutato, sulla base dei criteri assunti dal giudice, la sentenza della Corte di Cassazione.

Il giudice ha ritenuto che il medico abbia agito con la dovuta accuratezza nella presente causa in modo che il medico non ha commesso un reato penale. Secondo la Corte Suprema, la Corte di Cassazione non ha commesso errori nella sua valutazione. Il ricorso in cassazione è rigettato.

In conclusione, la Corte Suprema osserva che, anche quando viene richiesta l’applicazione della legislazione sull’eutanasia, la domanda di accogliere una richiesta di eutanasia, indicata in una precedente dichiarazione scritta di volontà da parte di un paziente con demenza avanzata, porta sempre a considerazioni molto difficili, i cui esiti non sono mai dati per scontati. Tuttavia, la Legge ha creato tale possibilità e vi sono casi in cui la precedente richiesta scritta di eutanasia in caso di sofferenze insopportabili nella situazione di demenza avanzata, può essere rispettata, applicandola in conformità con l’elevato grado di accuratezza espresso nei requisiti stabiliti dalla legge.

QUI la sentenza originale