Ecco perché la raccolta firme sul referendum Cannabis ha avuto successo

Il referendum per la cannabis legale ha avuto una risposta massiccia da parte degli italiani, una reazione di cui eravamo sicuri e che ci ha convinto a depositare il quesito referendario a meno di un mese dalla scadenza per raccogliere le 500 mila firme. E le motivazioni sono due: il contenuto del referendum e la firma digitale.

Il referendum per la legalizzazione della cannabis è una questione sociale che incide su molteplici aspetti delle vite delle persone: la libertà individuale, la giustizia, le imprese, la salute ma soprattutto un’informazione corretta. Basti pensare che secondo l’Istat, in Italia 6 milioni di persone fanno uso di cannabis ogni anno. Inoltre, avrebbe un impatto significativo sull’amministrazione della giustizia e sul sovraffollamento delle carceri italiane: in Italia ci sono 235mila procedimenti penali in corso per violazione della legge sugli stupefacenti, di cui una buona metà si può ipotizzare siano legati alla cannabis, mentre circa un terzo della popolazione carceraria è costituita da persone detenute per reati correlati alle droghe. Questi sono dati reali che indicano come il penale incida sull’abitudine di consumare cannabis, riportati nel Libro Bianco alla cui pubblicazione partecipa da 5 anni l’associazione Luca Coscioni insieme a Forum Droghe e Antigone.

D’altro lato questa straordinaria partecipazione dal basso da parte di migliaia di cittadini è stata favorita dall’introduzione della firma digitale, un nuovissimo strumento democratico che permette di firmare online le richieste per indire i referendum. Quindi tutte queste firme rappresentano un segnale forte per l’Italia, e cioè che quando ai cittadini viene data la possibilità di esprimersi dimostrano di essere molto più avanti sulle battaglie per i diritti rispetto ai loro governanti. Non a caso nessuno dei grandi partiti ha appoggiato da subito il referendum sulla cannabis o sull’eutanasia.

Abbiamo creduto nel successo di questo referendum fin dall’inizio, soprattutto dopo aver visto come si sia attivata velocemente la sottoscrizione online quando è stata lanciata la firma digitale il 12 agosto per firmare il referendum sull’eutanasia legale. Nonostante ci fosse una campagna straordinaria già partita da tempo a Ferragosto abbiamo ricevuto 400mila richieste di firma. 

La firma digitale, è importante ricordarlo, è frutto di una lunga battaglia radicale di Mario Staderini avviata nel 2012 e che finalmente quest’anno è diventata una realtà concreta e che funziona.

La campagna è stata pensata e organizzata come una guerriglia nella giungla dei social dove un ruolo fondamentale è stato giocato dai tanti influencer e in generale personaggi pubblici, da scrittori a cantanti, che hanno supportato e fatta propria questa causa. Il primo ad esprimersi è stato Saviano, che già da tempo dà voce a questa battaglia. Grazie a loro abbiamo avuto moltissimi accessi al sito e si è tenuta alta l’attenzione, abbiamo ricevuto tra le 120 e le 180 firme al minuto raggiungendo picchi di oltre 10mila all’ora. 

Un altro aspetto vitale per sostenere il referendum sono le donazioni, soprattutto avendo raggiunto numeri così alti. Infatti, ogni firma ci costa poco più di 1,5 euro, IVA inclusa.  Circa uno su cinque dei firmatari dona. 

Noi ci siamo assunti anche questa responsabilità economica perché crediamo fortemente in questa battaglia ed è necessario organizzare una struttura capace di garantire ai cittadini di godere dei loro diritti civili e politici.

È ormai evidente quanto l’antiproibizionismo e in particolar modo la cannabis sono temi maturi, che necessitano di essere al centro del dibattito politico. Inoltre, per la prima volta nella storia si raccolgono le firme per un referendum esclusivamente online e l’Italia è stata la prima ad ottenere questo risultato. Gli italiani che hanno voglia di fare la differenza sono tanti e quando si rimuovono gli ostacoli la partecipazione politica aumenta e si fa sentire.