La scienza è un diritto di tutti

L’articolo di Filomena Gallo e Giulia Perrone, comparso su L’Espresso sull’importanza del diritto alla scienza.

Egregi signori cittadini, onorevoli parlamentari, egregi signori della Chiesa,

  cosa manca a voi tutti, di cosa avete bisogno per capire e accettare che la scienza è un diritto, un nostro diritto umano e inviolabile al pari di tutti gli altri diritti umani e inviolabili che con scrupolosa attenzione vi affannate a sgretolare e umiliare con parole, fatti, opere e omissioni.

Come possiamo ancora dirlo e scriverlo e supportarlo oltre che dimostrandovelo che la libertà di ricerca scientifica va sì regolata ma non ostacolata, limitata, proibita nel nome di cosa, nel nome di chi.

I libri sacri che pure io leggo e che ci proponete raccontano che l’uomo è un essere insicuro, incerto, sospettoso, timoroso di Dio e di ciò che non tocca, non vede, non conosce o riconosce e che si difende prima ancora di affrontare il nuovo, l’alieno, cedendo a emozioni primarie piuttosto che a un ragionamento perché quanto-costa, quanto-rischio, chi-la-strumentalizza-questa-stramba-novità.

L’apostolo Matteo, l’evangelista, l’esattore delle tasse che rinunciò al proprio lavoro per seguire il Nazareno ed essere voce, essere inchiostro delle sue gesta, scrive di un paralitico, miracolato tra i miracolati, che incontrò il figlio di Dio e si alzò in piedi per tornare a casa e usò le gambe, le sue gambe, perché era stato compiuto il miracolo e la paralisi non c’era più.

Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini”, racconta Matteo (9,8), e poi San Giustino, Arnobio, Lattanzio seppur con accuse di stregoneria, e il teologo Origene, per confutarle.

Cosa direste se vi rivelassi allora che l’uomo, il mortale, superficiale, peccaminoso uomo che pure ha un cervello e che pure lo usa a volte in modo egregio ha esercitato questo potere senza chiamare il miracolo perché non di miracoli si parla ma di un metodo rigido e preciso, del metodo scientifico.

Cosa direste se vi rivelassi che l’uomo in realtà è una donna, una ricercatrice con un nome e un cognome, Malin Parmar, e che ha una soluzione da proporre per curare l’incurabile, la malattia del movimento, il Parkinson.

Succede che c’è un ramo della medicina che gli scienziati chiamano rigenerativa [da regenerare, composto di re- e generare, generare di nuovo] che mira a riparare, riprodurre o sostituire quelle cellule, tessuti, organi dell’uomo che per malattie congenite, eredità, traumi o solo invecchiamento non funzionano più come dovrebbero. Succede anche che per arrivare a tale soluzione, a una terapia per l’incurabile, Malin Parmar abbia usato cellule staminali estratte da un embrione-blastocisti, non l’embrione persona, non l’embrione uno di noi, non quello destinato alla riproduzione ma l’embrione donato alla ricerca, la ricerca della terapia.

«Nella maggior parte dei casi, non conosciamo le cause del Parkinson. Ciò che sappiamo, tuttavia, è che la malattia comporta la degenerazione di una precisa categoria di neuroni nel cervello».

Lo spiega Malin Parmar durante il V Congresso Mondiale per la Libertà di Ricerca Scientifica organizzato dall’Associazione Luca Coscioni (ALC) al Parlamento Europeo, lo scorso aprile. I neuroni di cui parla Parmar sono i dopaminergici, responsabili appunto del movimento, del suo controllo.

«Al momento, la terapia più utilizzata è la somministrazione di medicinali a base di dopamina. Tuttavia, l’uso di questi farmaci comporta a lungo andare un rischio alto di effetti collaterali. Abbiamo quindi studiato la possibilità di effettuare un trapianto di nuovi neuroni derivati da cellule staminali».

Era il 2002 quando Luca Coscioni, malato di SLA e fondatore dell’Associazione che porta il suo nome, avvisò l’Italia, gli italiani, che in quella “selvaggia prateria” che era il nostro Paese – o che così era stata definita per via del vuoto normativo in tema di procreazione medicalmente assistita -, si era prossimi ad accogliere una legge “disumana”.

«Con quanta premura il legislatore ha ribadito nel disegno di legge 1514 il divieto degli studi sugli embrioni e sulla clonazione terapeutica. Con quanta distrazione ha omesso di specificare che le importazioni e gli studi sulle linee cellulari embrionali sono autorizzate» .

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